capitolo 34

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CELINE

Kevin. Kevin era tutto ciò che mi aveva permesso di non impazzire durante quella terribile settimana. Anche se lontano rimaneva l'unico appiglio che mi era rimasto ed io non potevo fare altro che aspettare trepidante il suo arrivo. Percorsi l'enorme sala d'attesa con gli occhi, moltissime famiglie si riunivano proprio lì. Bambine che abbracciavano il proprio padre appena tornato da un viaggio, vedevo i loro visi felici aprirsi in enormi sorrisi. Anch'io ero stata una bambina felice, ma adesso stentavo a ricordare cosa significasse la serenità di una famiglia. Avevo vissuto dei giorni da incubo, chiusa in stanza per lo più, mi ero isolata del tutto da ciò che mi stava intorno. Ero sconvolta e disgustata dalla mia cecità, dalla mia assurda convinzione di far parte di un nucleo famigliare perfetto, non era così ... adesso me ne rendevo conto. La mia intera vita era una menzogna e non importava quello che i miei genitori provavano ancora a farmi credere, non c'era amore nella mia famiglia, soltanto bugie e spaventosi retroscena che Wes aveva tirato fuori, come scheletri sepolti in un armadio che crollava. Mi sentivo uno straccio, soltanto il pensiero di Kevin riusciva a farmi andare avanti.

E poi lo vidi, corsi verso di lui trepidante, gettandomi tra le sue braccia calde e confortevoli.

- Tesoro ... non vedevo l'ora di vederti ... - sussurrai, trattenendo le lacrime.

Lui sorrise e mi strinse con forza – va tutto bene, Celine ... sono qui adesso. Va tutto bene. - mi rassicurò ed io sprofondai un po' di più contro il suo golfino che sapeva di lui.

- Non è vero ... è tutto uno schifo. Cosa penserai adesso di me? Di noi? - era quello il problema in fondo, l'idea che Kevin si era fatto della mia famiglia. Me ne vergognavo, avrei voluto che lui non fosse stato presente quella terribile sera in cui Markus Reed si era fatto vivo.

- Smettila, Celine ... non esistono famiglie perfette e a me non importa. Dico sul serio. - lo guardai negli occhi, mi persi nella profondità di quell'azzurro limpido.

- Forse hai ragione, ma la mia ... la mia va in frantumi ... -

- Non è colpa tua, la gente sbaglia di continuo, l'importante è che tu stia più serena adesso. Possiamo andare? -

Lo baciai una seconda volta, godendomi la freschezza delle sue labbra terribilmente morbide. Stavo meglio adesso, i problemi non sarebbero svaniti via di certo, ma Kevin era con me, con lui accanto non avevo nulla da temere. Ci dirigemmo in auto, tenendoci per mano senza aggiungere altro. Il suo silenzio la diceva lunga, anche lui doveva essere pensieroso, nonostante avesse provato a rassicurarmi.

- Senti, tutto ok? Wes ti ha tormentata? - mi chiese un attimo dopo quando si sedette al posto del guidatore.

- No, non sono uscita molto dalla mia stanza ... - in parte era vero, tuttavia quelle poche volte che ero venuta fuori avevo notato quel suo sorriso soddisfatto e gongolante che mi aveva spinto a rinchiudermi ancora di più nella mia solitudine, ma questo preferii tacerglielo, in fin dei conti Kevin aveva abbastanza a cui pensare e sapevo bene quanto detestasse Wes.

- Bene ... non hai più parlato con i tuoi? -

Mi morsi le labbra, non volevo davvero parlarne, non volevo neanche pensarci – no ... non ho voluto. - dissi soltanto e Kevin dovette capire perché lasciò morire lì il discorso.

Il silenzio tornò padrone incontrastato, avevo rimuginato così tanto durante quella settimana, non solo sull'enorme casino che era la mia famiglia, anche sulla relazione tra me e Kev. Era diverso dal solito, forse un po' più distante, ma la sua presenza lì parlava chiaro. Non dovevo dubitare di lui, non dopo che aveva rinunciato alle sue vacanze per starmi accanto. Cercai la sua mano nell'oscurità dell'auto e la strinsi a me.

The WayrightWhere stories live. Discover now