11.

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Marco aveva impiegato qualche secondo per richiudere la porta di casa. Non lo aveva guardato mentre compieva quel gesto, lo aveva soltanto sentito poiché i suoi occhi si erano fissati sul pavimento dopo le sue ultime parole e lì erano rimasti. Non si era voltata, aveva semplicemente continuato a camminare. Un passo, due, tre, il pianerottolo di quell'ultimo terzo piano non era particolarmente lungo, le scale erano già davanti a lei.

Che cosa stava facendo? Stava scappando da Marco per la seconda volta in poco più di una settimana? E, se stava scappando, ne era realmente convinta? Era una via di fuga? Una scorciatoia? O forse si trattava della volta buona, quindi avrebbe messo fine a quella storia e Marco sarebbe diventato un semplice ricordo?

Una cosa era certa: questa volta Marco non sarebbe tornato sui suoi passi. Era ciò che aveva letto negli occhi di quest'ultimo durante l'ultimo sguardo, ciò che, dopo tutto, si era meritata. Perché l'aveva trattato in quel modo? Perché, per l'ennesima volta, non riusciva a mettere ordine nella testa, capire ciò che stava accadendo e quindi agire di conseguenza? Cosa le avrebbe detto la mente se avesse avuto un po' di tempo per decidere, ragionare, pensare?

Un gradino, due gradini.

Eppure poche ore prima, quando la vista si era oscurata, quando tutto era diventato buio, quando quelle mani si erano posate sui suoi occhi, non aveva forse desiderato e sperato che dietro di lei ci fosse proprio Marco e nessun altro a parte lui? Perché?

Tre gradini.

Marco sapeva perfettamente che da Bologna lei era scappata per paura. Lui era conscio del fatto che lei avrebbe cambiato idea, col tempo, certo, ma l'avrebbe cambiata. Ecco perché Marco era a Parigi, ecco perché non aveva captato il messaggio che aveva voluto inviargli con quella partenza improvvisa.

Quattro gradini.

Marco credeva nell'amore e sapeva come comportarsi nei confronti di quest'ultimo. Lui conosceva ogni sua sfaccettatura, lui sapeva scrivere dell'amore, cantare l'amore. Che peccato che sul suo cammino avesse dovuto incontrare proprio lei. Doveva dimenticarla, doveva lasciarla andare o si sarebbe tutto tramutato in tanto, troppo dolore, per entrambi.

Cinque gradini.

E se invece si fosse tramutato tutto in felicità?

Sei gradini.

No, era una possibilità che non poteva prendere in considerazione. Basta tentennare, basta scendere quelle scale a rilento. Doveva correre, lasciarsi alle spalle quell'appartamento, quel palazzo, dimenticarsi di dove fosse e sperare che Marco facesse la valigia quella notte stessa per tornarsene in Italia.

Sette gradini, otto gradini.

Ma cosa avrebbe detto a Connor una volta tornata a casa? Sono scappata, di nuovo, ora per favore smettila di prendere accordi con Marco, vivi la tua vita che alla mia ci penso io! E a Laurel? Laurel sapeva? Era anche lei complice di Connor e di Marco? No, forse non voleva più tornare a casa quella sera. Aprire la porta della sua abitazione significava ammettere a se stessa e ai suoi due migliori amici che ancora una volta si era comportata da codarda. Avrebbe voluto dire subire sguardi intimidatori, bisbigli arrabbiati, silenzi rumorosi, eccessivamente rumorosi.

Nove gradini. Ne restava solamente uno per incontrare il pianerottolo successivo.

Le paure. Le solite paure. Paura di cosa, poi? Paura di cadere, cascare, ritrovarsi in un vortice, una burrasca, il peggior temporale della storia. Fulmini, saette, pioggia, vento. Cos'era l'amore? Forse, in realtà, non si era mai posta questa domanda. O almeno non l'aveva fatto da quando, una volta cresciuta, avrebbe potuto dare una risposta sensata, non ingenua e infantile.

Ricorderai l'amore (#2) - Marco Mengoni Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora