Capitolo 10

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«Jemiel» esclamai sorpresa

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«Jemiel» esclamai sorpresa.

Non mi sarei mai aspettata che Michele chiedesse aiuto proprio a lui.

Il vento gli scompigliava i capelli color miele e gli faceva accostare la mezzamanica grigia al busto, facendo scorgere, di conseguenza, i suoi pettorali marmorei. Non potei fare a meno di pensare a quanto potesse essere buffo il fatto che avesse 2010 anni, quando dall'esterno sembrava un giovane ventenne.

«Clehael, a voi i miei servigi» disse chinando la testa in segno di rispetto.

«Come mai mio padre ha deciso di far scomodare uno del tuo lignaggio?» Lui era un Serafino, la gerarchia angelica più vicina a Dio. Subito dopo aggiunsi: «e per favore dammi del tu.»

Mi annuì e iniziò a parlare. «Ho sentito la causa è mi sono offerto di mia spontanea volontà, non tutti in paradiso conoscono le tue origini, per loro sei un semplice angelo, non sanno che sei la figlia del custode dei cieli, la tua incolumità è fondamentale e chi meglio di me potrebbe proteggerti?» chiese sorridendomi, un sorriso spontaneo, ingenuo, da molto tempo non ne vedevo uno. Di risposta mi limitai a ricambiare il sorriso.

Anche lui prese posto accanto a me sulla spiaggia, indirizzando il suo sguardo all'orizzonte.

«Sicuramente ti avranno anche informato dell'accaduto svoltosi al collegio che frequentava il mio fratellastro» dissi.

Questa volta i suoi occhi, quasi trasparenti, si piantarono nei miei, riuscendo ad intimidirmi.

«Si, anche se in ritardo le informazioni arrivano comunque, gli angeli custodi sono tenuti a riferire tutti gli accaduti dei propri protetti ai piani alti.»

«Quando è morto esattamente Antonio?» chiesi, distogliendo lo sguardo dal suo.

«Durante la notte, di due giorni fa»

«Cosa? e per quale motivo Tobias non ce l'ha comunicato subito?» chiesi sconvolta.

«Mi dispiace, ma non mi è possibile comunicare tutto, potrei sconvolgere il futuro.»

«Ma anche io sono un angelo, ho diritto di saperlo!» risposi indignata.

«Il problema è che ne sei coinvolta emotivamente, prova a capire, non ragioneresti lucidamente, ma istintivamente...»

Non feci altre domande, sapevo che aveva ragione.

In silenzio mi alzai, scrollandomi di dosso la sabbia e mi inoltrai verso la strada.

«Ed ora dove vai?» chiese confuso l'angelo.

«A casa, sono stufa di stare qui seduta e sinceramente vestita in questo modo sto iniziando ad avere freddo.»

Il mio corpo, prima surriscaldato a causa della corsa, ora stava iniziando a reclamare e ne erano una prova i brividi che mi percorrevano le gambe, mi ero fermata per troppo tempo.

«Se solo ti vestissi in modo consono per un angelo...» sussurrò Jemiel alzandosi.

«Sono pur sempre mezza umana, ricordatelo» gli urlai, data la distanza fra noi.

«Come hai fatto a sentirmi?» chiese sbalordito avvicinandosi.

Gli feci una linguaccia ed iniziai a correre. Subito mi sentii tirare da dietro ed andai a sbattere contro il suo petto, poi senza il minimo sforzo mi sollevò. Un fruscio, a me ormai familiare, provenne dalle sue spalle e con un balzo ci sollevammo in aria.

Iniziai a ridere come una bambina e poco dopo anche Jemiel si unì a me.

«Tutta la formalità che avevi all'inizio del nostro incontro dove è finita?» chiesi ridendo.

Abbassando lo sguardo potei notare il favoloso panorama della mia città, da quassù riuscivo a scorgere perfettamente la casa di Sabrina, con mia sorpresa scovai anche la signora Gianna intenta ad annaffiare le piante in giardino.

«È scomparsa nel momento in cui mi hai detto di darti del tu e poi suvvia principessa, anche se non ci siamo mai parlati così apertamente in paradiso, non sono uno sconosciuto per te» esclamò ancora con il sorriso.

I ricordi di Jemiel di quando ero bambina riaffioravano, mi ha sempre intimorito il suo sguardo, mi piaceva osservarlo di nascosto, soprattutto quando si allenava con la spada, i suoi movimenti mi affascinavano, finché un giorno non si accorse della mia presenza e si offrì di insegnarmi.

«Non credi che qualcuno possa insospettirsi se vedesse due persone volare?» chiesi.

«Sono pur sempre un serafino, non sottovalutarmi» rispose fingendosi offeso.

«Mi ricordi qualcuno...» dissi ripensando a mio padre.

«Sono in grado di generare l'offuscamento» continuò, dandomi una risposta.

«Ma non era un dono riservato solo agli angeli custodi?» chiesi, incuriosendomi all'argomento.

«In realtà, il creatore, ha scelto di renderlo sviluppabile facilmente a quella gerarchia di angeli per motivi ovvi, ma non lo ha privato agli altri, io, come molti angeli, con il tempo e l'allenamento necessario siamo riusciti a svilupparlo.»

«Mi piacerebbe impararlo...» iniziai a fantasticare.

«Un giorno forse potrei insegnarti» mi propose.

«Ne sarei entusiasta» risposi, sinceramente contenta.

Il tempo era scorso in un batter d'occhio, le ali di Jemiel erano molto potenti e ciò ci permise di arrivare prima.

L'atterraggio fu lento e dolce, l'angelo ritornò subito alla sua forma normale. Ero ancora fra le sue braccia, mi osservava, il suo volto era a dieci centimetri dal mio, sembrava non avesse intenzione di lasciarmi andare, ma alla fine ne fu costretto, un clacson lo riportò alla realtà e con delicatezza mi fece toccare il suolo.

La macchina che ci aveva suonato era quella dei miei genitori. Un rossore, sperai non molto evidente, invase le mie gote, cosa era successo?

Ci raggiunse per prima mia madre, che esclamò, «almeno una buona notizia in questa giornata ci voleva, tu dovresti essere» abbasso notevolmente la sua voce prima di sussurrare «l'angelo, mandato da Michele, giusto?»

«Sì vostra altezza» rispose lui educatamente.

«Suvvia con queste formalità caro, non dovrei essere chiamata "altezza".»

«Joceline» disse mio padre accostandosi a quest'ultima.

«Chi è questo ragazzo?» chiese infine.

Mia madre in evidente difficoltà iniziò a balbettare un emh, ma poi trovò una scusa, dato che in modo deciso esclamò «è il figlio di un mio cugino proveniente dalla Germania, ha deciso di farmi una sorpresa, mettendosi d'accordo con Clehael!»

«Piacere signore, mi chiamo Jemiel» disse il ragazzo, porgendo la mano destra a mio padre che la strinse subito, presentandosi a sua volta.

Entrammo in casa e mia madre disse all'angelo di potersi benissimo sistemare nella mia cameretta, dato che avevo due letti, solitamente l'altro lo usavano le mie amiche quando venivano a dormire da me.
La proposta di mia madre però mi lasciò in allibita, si fidava così tanto di lui?
Tony ebbe la mia stessa reazione.
«Cara ma sei sicura di voler lasciar dormire un maschio nella stessa camera di nostra figlia?»

«Sì, possiamo stare tranquilli è letteralmente un angelo!» disse facendo l'occhiolino a quest'ultimo.

Sfida EternaWhere stories live. Discover now