I Knew I Loved You

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... I knew I loved you, Before I found you
I knew I'd built my world around you
Now all my days and all my nights,
And my tomorrows
Will all begin and end with you ...

- Gael dov'è Nathan? - Chiesi appena entrata in casa mentre Tony chiudeva la porta.
- Nel suo letto. Sta dormendo
Buttai la giacca e la borsa sul divano e corsi in camera sua e lo presi in braccio: lui si svegliò lamentandosi. Gli sentivo la fronte era un po' calda ma nulla di preoccupante.
- Come sta? - Mi chiese Tony agitato
- Ha un po' di febbre, ma nulla di grave.
- Sei sicura? Non è meglio chiamare un medico per farlo visitare?
- No, stai tranquillo. Se non si alza di più, non c'è problema. Senti, respira bene, è solo un po' di alterazione
Lo cullai un po' per farlo addormentare di nuovo e lo fece in pochi minuti.
- Non volevo preoccuparti Ma Chére - mi disse Gael - Ma non sono molto esperto di bambini con la febbre, ho chiamato anche Ayman mi ha detto che non sembrava nulla di cui preoccuparsi
- Hai fatto benissimo a chiamare, anzi grazie per essere venuto con così poco preavviso e ringrazia Ayman per il consulto telefonico - Gael era sempre disponibile ed il fatto che avesse anche chiamato il suo compagno medico per avere rassicurazioni mi faceva capire che avevo lasciato mio figlio in ottime mani, perchè dove non arrivava con l'esperienza di occuparsi si un bambino sopperiva con la sua totale abnegazione.
- È sempre un piacere per me esserti d'aiuto, tesoro. Beh, ora che siete qui, vi lascio.
- Grazie - gli disse Tony salutandolo con una vigorosa stretta di mano.
- Salutaci Ayman - mi raccomandai
- Sarà fatto, date un bacio a Nathan da parte mia quando si sveglia.

Dopo aver accompagnato Gael alla porta, tornammo in camera di Nathan che dormiva tranquillo. Rimasi appoggiata alla porta con le braccia conserte a guardarlo per un po', per essere sicura che dormisse bene. Tony era vicino a me e istintivamente con un braccio mi cinse il fianco. Spostai il peso dalla porta a lui, appoggiandomi al suo corpo. Era tutto quello che volevo. Lui, nostro figlio. Perchè doveva essere così complicata una cosa così semplice? Rimasi così qualche istante, poi Tony ritrasse il braccio e io mi staccai dal suo corpo. Si spostò di qualche centimetro con il busto, quel tanto che bastava per mettere di nuovo distanza tra noi.

- Beh, vedo che sta bene - mi disse Tony mentre si stava rimettendo il cappotto. Gli misi una mano sul braccio per bloccarlo - Ziva, non rendere tutto più difficile.
- Lui sta bene, io no.
No, non stavo bene. Non stavo bene senza di lui, vederlo rivestirsi e andarsene come un ospite qualsiasi era devastante.
- Per favore Ziva. Te l'ho detto prima.
- Tony, non è solo per nostro figlio. È anche per me. Ti amo.
- Ti amo anche io. Ma evidentemente non basta adesso.
Sentivo le sue parole vuote. Mi aveva detto "Ti amo" ma erano solo due parole, non avevano quel significato o almeno io non lo sentivo. Era una risposta cortese al mio. Qualcosa di dovuto, forse, perchè si fa così. Come quando uno ti chiede "Come stai" e tu rispondi "Bene" anche se vorresti morire in quel momento. Lo guardavo impassibile, imponendomi di non crollare emotivamente. Si era rivestito e stava andando verso la porta. Gli presi la mano stringendola forte e lui si girò. Non potevo credere che pensasse veramente quello che stava dicendo. Se mi amava come poteva non bastare? Nei suoi occhi c'era la stessa tristezza che c'era nei miei.
- Perchè dobbiamo farci del male? Ti prego Tony, non andartene. - Lo stavo letteralmente supplicando - Non è questo il modo di prenderti cura della tua famiglia e lo sai anche tu.
- Vuoi giocare con i miei sensi di colpa David?
- Se serve per farti rimanere sì.
- Vorrei essere abbastanza forte da aprire quella porta ed andarmene, perché sarebbe la cosa migliore adesso.
- Allora adesso non voglio che tu sia forte.
Fece un passo avanti e approfittai di quella sua indecisione sul da farsi per avvicinarmi a lui e appoggiare la testa sul suo petto. Sentivo il battito del suo cuore accelerato. Lui non si mosse, ma non si allontanò. Mi lasciò fare, forse perchè preso alla sprovvista o, come speravo io, perchè, in fondo, lo voleva anche lui. Lo abbracciai titubante, speravo di sentire anche le sue braccia chiudersi intorno a me, ma non fu così. Non ero abituata a questo. Non era da Tony.
- Non farlo mai più, per favore - lo pregai e non sapevo a cosa mi riferivo: all'andarsene, al non abbracciarmi quando lo facevo io, a parlarmi con quel tono distaccato. A tutto quanto.
- Sei sicura che è questo che vuoi?
- E' quello che ho sempre voluto: te, nostro figlio... Ho chiamato Gibbs, torno a lavoro.
- Perché?
- E' la cosa giusta da fare. Per tutti.
- Spero che tu lo dica perché sei convinta e non per farmi contento. Non è questo che voglio.
Rimasi abbracciata a lui ancora qualche istante, sperando fino all'ultimo che ricambiasse quell'abbraccio. Avevo bisogno di sentirmi protetta dalle sue braccia, che mi dicesse che era tutto ok, che era passato tutto. Ma non lo fece e non disse niente. Mi staccai a malincuore da lui.

The Memory RemainsWhere stories live. Discover now