Capitolo 13

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La sera diedero una grande festa in suo onore con musica, danze, cibi, vino e molti, troppi uomini.

Quando Jean era tornato alla tenda io dormivo e quando mi ero svegliata si era sforzato di parlarmi e dopo un po' si era persino scusato per la sua ingiustificabile rabbia, non gli dissi dei lividi, ma la dura brandina me ne ricordava la presenza ogni momento. La sera mi teneva d'occhio da lontano mentre bevevo in compagnia di qualche suo compagno d'armi.

Quando mi feci riempire il secondo bicchiere lo vidi avvicinarsi con passo baldanzoso, il riso negli occhi e un'aria troppo sicura; gli voltai le spalle, non volevo parlargli, ero di nuovo la sua schiava, aveva vanificato il mio mese di libertà con tre parole, ma mi si pose davanti togliendomi il bicchiere di mano per invitarmi a ballare, lo seguii con un sospiro.

Era un ballerino provetto, dovevo concederglielo, mi faceva volteggiare vicino al falò e mi teneva vicina, di nuovo tra le sue braccia come quando eravamo prigionieri insieme, ma ben presto mi abbandonò per avvicinarsi ad una delle altre ragazze con cui si appartò in una delle tende. Trangugiai un altro bicchiere di vino e mi intrattenni con dei soldati che non facevano che ripetere battute sconce, io ridevo solo per fare dispetto a lui che era tornato.

Eravamo bambini dispettosi, ci facevamo del male a vicenda. Era così difficile parlare come adulti? Perché doveva tenermi il muso? Tutto quello che ci era successo a quanto pare valeva molto poco se poteva essere dimenticato grazie alle esperte attenzioni di una prostituta.

Stavo per bere il quarto o quinto bicchiere quando mi comparve di nuovo davanti quel mascalzone, mi tolse il bicchiere e lo bevve in un sorso. Io non riuscivo a stare in piedi e mi dovetti appoggiare al tavolo, il mio sguardo truce dovette sembrare ridicolo, sembrò ridicolo anche a me, la testa mi girava spaventosamente. Lui mi sorrise.

"Ne hai bevuto troppo. Avevi mai bevuto Niche?" si prendeva gioco di me. Mi canzonava con quel viso angelico in cui erano incastonati gli occhi di un demonio.

"Non... non avevo mai... bevuto così tanto. Mi sento la testa... non me la sento!" capitolai.

Rise e fece un passo verso di me mettendomi una mano sotto il gomito per sostenermi, qualcuno dei suoi compagni d'arme gli disse di smetterla, che si stavano divertendo, io provai a dire qualcosa, ma mi posò un dito sulle labbra. Io lo guardai negli occhi verdi che rilucevano alla luce delle fiaccole e che mi mostravano in modo evidente che era ancora ebbro.

"Shh, va bene così. Hai bevuto troppo. Ti accompagno alla tenda." parlava con toni concilianti.

"È presto, voglio divertirmi." protestai, mettendo il broncio.

Vidi accendersi nei suoi occhi il solito sguardo, quello del seduttore, ma non ci feci molto caso. Mi prese sottobraccio e ci allontanammo un poco.

Arrivati un angolo buio si fermò e si avvicinò a piccoli passi, posò le labbra sulle mie e mi lasciai andare alle sue braccia che mi accolsero con un mezzo sospiro che interpretai come:

"Finalmente."

Sentivo solo il suo corpo contro il mio mentre camminavamo alla cieca nel buio, mi baciava con foga, tenendomi ferma la testa con le mani tra i capelli quando la mia schiena si scontrò con il tronco di un albero. Le mie mani rimanevano fisse sulle sue spalle perché anche se molto ubriaca ero perfettamente consapevole di cosa avrei trovato se le avessi spostate più in basso.

Cominciò a tirare i lacci del mio corpetto, ma nella fretta la sue mani erano goffe e finimmo a terra quando i lacci erano solo un po' più lenti, gli stavo sopra, ma quando mi ebbe slacciato interamente il corpetto mi fece schiacciare l'erba umida di rugiada cominciando a forzarne il davanti che cedette senza un suono, frettoloso e bellissimo contro il cielo scuro.

Liberatosi di quell'impiccio si chinò in avanti occupando le sue labbra con il mio collo dove il cuore mi pulsava all'impazzata, le sue dita scendevano leggere come piume lungo il mio corpo, mi sfioravano là dove nessun altro si era mai spinto.

Pur baciandomi cercò di sollevarmi la gonna, quando trovò l'orlo salì con le mani calde fino alle mie cosce che allargò un po', perché potesse avvicinarsi. Slacciò la gonna che si aprì a ventaglio sotto di me, ma mi accorsi solo della frescura che mi sfiorò, mi sentivo accaldata a causa del vino e quando le sue mani arrivarono al mio centro del piacere inspirai aspramente, ma mi mise a tacere a modo suo, baciandomi con fame. Si sistemò tra le mie gambe e solo allora mi accorsi di cosa stessi combinando.

Mi fermai un momento e dopo lo spinsi via tenendomi il tessuto del vestito che riuscivo a trovare sull'erba vicino a me stretto al petto. Lo vidi mettersi a sedere sui talloni per attimo confuso, ma vedendo la mia espressione anche la sua si fece stoica per un secondo.

"Niche..."

Si alzò e fece per avvicinarsi di nuovo, ma io feci due passi indietro cercando di alzarmi senza lasciare cadere la stoffa che mi copriva. Estrassi goffamente il pugnale che tenevo di nuovo assicurato alla coscia, che stranamente lui non aveva sentito; lui si fermò, ma stavamo giocando al gatto e al topo e prima o poi mi avrebbe presa.

"Io... io sono ubriaca, Jean. E tu stavi per approfittare di me!" il tremore della mia voce tradiva quanto fossi stata effettivamente coinvolta nelle nostre attività, ubriacatura o meno.

Lui sorrise sornione e si avvicinò lasciando troppo poco spazio tra noi, gli puntai la lama al petto, ma mi tremava la mano.

"Per i miei gusti sei ancora fin troppo sobria."

"Smettila. Non ho intenzione di dormire con te." gridavo, probabilmente qualcuna delle altre coppiette si stava chiedendo cosa stesse succedendo. Mi chiesi se qualcuno sarebbe venuto o avrebbero lasciato che, presumibilmente, secondo i costumi del tempo, lui mi stuprasse.

Mi tolse la lama di mano e la incastrò nella sua cintura mentre io lo guardavo ancora ansimante, volevo ancora essere tra le sue braccia, ma se questo implicava perdere la mia rispettabilità, ne avrei fatto a meno.

"Dai, cosa ti ho fatto? Alla tua età dovresti essere sposata."

"Ma non lo sono. Riallacciami il corpetto, per favore."

Mi guardò negli occhi alcuni momenti, poi annuì e io mi misi alla ricerca dei miei vestiti. Quando li ebbi infilati tornai davanti e lui che mi fece girare, mi tenne una mano sulla spalla con una presa di ferro mentre con l'altra afferrava i fili che aveva slacciato lui stesso pochi momenti prima; tirò i lacci con la stessa forza che aveva usato l'altra volta, cercai di allontanarmi, ma non ci riuscii a causa della mano che teneva fissa sulla mia spalla, tirò nuovamente e sbottai:

"Piantala! Lasciami andare! Ho ancora i segni dell'ultima volta e non hai il diritto di arrabbiarti e di sfogarti su di me, perché non ti appartengo."

Allentò la presa, ma non mi lasciò andare, non doveva dirmi che a dire il vero gli appartenevo per legge, lo sapevamo entrambi, e che avesse il potere di tenermi lì lo confermava. Finì di allacciarmi il corpetto delicatamente, ma mi tenne sul posto quando cercai di allontanarmi.

"Hai ragione Niche, mi dispiace."

Mi voltai e lo guardai negli occhi, non ci volle molto per capire che era sincero, e gli sorrisi. Mi prese la mano e ci incamminammo verso le tende.

Mi aveva restituito la lama strada facendo e quando mi si sedette affianco gliela puntai alla gola, lui rise.

"Non ti toccherò con un dito, lo giuro. Puoi dormire in pace." mi rassicurò.

"Dobbiamo proprio dormire nella stessa tenda?" domandai, non ero sicura che sarei riuscita a resistergli se mi avesse baciata di nuovo.

"Nella tradizione dell'esercito la serva è anche la donna di chi la possiede. Per tutti gli altri tu sei mia proprietà e a meno che io non ti conceda, sei mia e ti posso far uccidere se vai con altri senza che io te lo permetta."

Suppongo che la mia espressione fosse attonita perché mi passò le nocche sullo zigomo sorridendo dolcemente. Ero davvero sua allora, in tutti i sensi.

"Non ne avevo idea." mormorai.

"Tranquilla, tu non ne corri certamente il rischio." scherzò.

Lo colpii giocosamente allo stomaco, ma lui non fece una piega. Ci sdraiammo e io sprofondai in un sonno profondo principalmente dovuto al troppo vino che avevo bevuto.

Rintocchi d'eternitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora