Alone

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Sono orami passati due giorni, dall'arrivo della giovane Lara ma le cose non sono cambiate.
Ogni notte, l'immagine dei suoi genitori, era fissa nella sua mente; non era ancora uscita di casa e di certo, le occhiatacce del ragazzo, non promettevano niente di buono.

In quel momento, in casa non c'era nessuno, nemmeno il ragazzo che la stava facendo impazzire.

La tv stava andando tranquillamente, ma lei aveva la testa da tutt'altra parte.

Ormai era da un po' che non era molto connessa, che non era più la stessa. Solitamente era allegra e vivace ma in questo momento era tutto il contrario.

Se ne stava con la testa all'indietro e le gambe molli. La sua testa era vuota, come se all'improvviso il cervello fosse uscito e se ne fosse andato.

All'improvviso però, il suono del campanello, rimbombò in tutto il salone.

La giovane si alzò di scatto e titubante si avvicinò alla porta. Cosa doveva fare? Aprire o far finta di nulla? Fregarsene totalmente era da maleducati, inoltre quella era anche casa sua.

Così si fece coraggio ed aprì la porta. Davanti a lei, si trovavano dei ragazzi: erano tre femmine e cinque maschi, e tutti, la stavano fissando in modo curioso. Dal loro abbigliamento, Lara dedusse fosse gente di un certo rango, probabilmente amici del suo rude fratellastro.

"Ma quanto è carina questa ragazza?!" esclamò una ragazza tra le tre. Era piuttosto alta e aveva dei lunghi capelli neri.

"Ehm...cercate qualcuno?" balbettò la ragazza, sentendosi stranamente in imbarazzo.

"No, in realtà vorremmo solo entrare. Possiamo?" ridacchiò un'altra delle ragazze. Quella invece, aveva dei capelli dello stesso colore del cioccolato fondente.

"Beh..." esitò un attimo la povera ragazza in difficoltà. Non poteva far entrare chiunque in quella casa.

"Siamo amici di Austin" precisò un ragazzo per rassicurarla.

Come aveva immaginato, quelli erano la compagnia di suo fratello. Ad occhio sembravano tutti più o meno gentili, non come il suo nuovo fratello.

Lara si fece velocemente da parte, dando spazio ai ragazzi che come se fossero a casa loro, si buttarono letteralmente sul divano.

"Ma dicci...tu chi sei?" chiese la terza ragazza bionda.

"Beh è complicato" sospirò la biondina sbuffando.
Tutti insieme le fecero segno di sedersi e lei obbedì. Però, prima di poter raggiungere il divano, la porta d'ingresso di riaprì per poi chiudersi di nuovo: Austin.

I loro occhi si incontrarono per un contatto fulmineo, dal quale la ragazza interroppe subito.

"Ah, siete già qua?" chiese il ragazzo rude.

"Ovvio amico! Ci ha fatto entrare questa bella ragazza" disse uno dei ragazzi, facendole l'occhiolino.

"Ah bene" disse Austin fulminando Lara con un'occhiataccia.

Se lo sentiva che non doveva far entrare nessuno, e aveva ragione, in questo modo non ha fatto altro che aumentare l'odio che il ragazzo provava nei suoi confronti.

"Ma dicci Austin, chi è questa bellissima bionda?" è uno dei ragazzi a parlare stavolta.
Lara stava per rispondere rivelando il suo nome; ma ovviamente Austin la battè in velocità.

"Lei non è nessuno e ora se ne andrà nella sua stanza, vero?" ora tutti gli occhi erano puntati su di lei; si sentiva oppressa ma anche schiacciata. Perché non poteva almeno mostrare un pizzico di gentilezza nei suoi confronti? A quel punto Lara voleva saperlo.

"Potresti almeno mostrare un pizzico di gentilezza nei miei confronti, no?" si azzardò a chiedere la bionda alzandosi dal suo posto. Stranamente il suo tono era sicuro, come se all'improvviso una scia di coraggio, le fosse entrata nel suo corpicino perfetto.

Vide gli occhi dei presti colmarsi di stupore e divertimento; mentre gli occhi di Austin non mostravano di certo divertimento, anzi. Sembravano piuttosto colmi di rabbia e odio con un pizzico di meraviglia: tutte queste emozioni mischiate insieme in due occhi dello stesso colore del ghiaccio.

Lara si rese conto di ciò che fece, ma per qualche strano motivo non se ne pentì. Quella era la prima volta che riusciva a contestare ciò che dicevano gli altri.

Tutto d'un tratto però, la mano del ragazzo si piantò intorno al suo polso, trascinandola verso la cucina. L'ultima cosa che Lara vide prima della porta difronte a lei, furono i volti preoccupati dei ragazzi ancora seduti sui divani del salone.

"Ragazzina" ringhiò Austin davanti a sé, facendo voltare la ragazza "ti ho già avvertito la scorsa volta, non osare rivolgerti a me in quel modo!" sbottò facendole venire i brividi.

Ma la ragazza non voleva cedere lì, in quel momento. No, voleva tenere testa a quel ragazzo così scontroso, voleva dimostrare che anche lei sapeva farsi valere.

"Quale modo eh? Nel modo in cui ti chiedo solamente di portarmi un po' di rispetto? Tu non puoi capire ciò che sto passando" scatta la ragazza. Ma dalle labbra del ragazzo esce una risatina amara, quasi da farle paura.

"Pff. Cos'è? Tutto d'un tratto fai la coraggiosa? Ti consiglio di non alzare il tono di voce con me altrimenti..."

"Altrimenti cosa? Mi butti in un cassonetto della spazzatura? Mi uccidi durante la notte per poi far sparire il mio cadavere?" ribattè la bionda sentendosi orgogliosa per una volta in vita sua.

"Potrei anche farlo sai?" in quel momento la voce del ragazzo era bassa, ma incuteva un timore assurdo. Lara non rispose ma si limitò a guardarlo con disgusto.

"Cos'è quella faccina? La povera bimba si è arrabbiata?" la provoca il ragazzo. In quel momento, Lara si rese conto che l'odio era veramente reciproco. Il ragazzo le dava sui nervi, lo odiava, lo odiava come non aveva mai odiato nessuno.

"Maleducato" sussurrò ancora. Inutile dire che il giovane Austin strinse ancora di più la presa sul suo polso, cominciando addirittura a causarle un lieve dolore.

"Non mancarmi di rispetto, ragazzina" ringhiò il bruno. Lara cominciò ad avere paura. Era davvero una buona idea far incavolare il suo fratellastro? Era davvero necessario scatenare una litigata assurda con degli ospiti in casa? Decisamente no; così la bionda abbassò il capo non dicendo nulla.

Aveva perso ancora la voce. Quel ragazzo era veramente strano: nessuno la aveva mai fatta sentire così inutile.

Nessuno.

"Ah bene, ora non parli più?" la sua voce trasmetteva un misto di rabbia e odio ed era così roca, da farle andare la mente in tilt.

"Mi dispiace..." si arrese lei rialzando lo sguardo incrociando i suoi occhi, che fino a quel momento non erano affatto cambiati.

"Bene. Ora vedi di tornare nella tua fottuta camera e rimanici, se è possibile per sempre" quelle furono le sue ultime parole prima di mollare il suo umile polso e uscire dalla stanza sbattendo violentemente la porta.

La ragazza rimase immobile, senza né muoversi né dire qualcosa; era di nuovo avvolta dal più completo silenzio, quel silenzio che tanto la rassicura, che racchiude tutte le sue sofferenze.

I suoi genitori non c'erano più, i suoi amici erano lontani; e solo in quel momento si rese conto veramente che era completamente sola. Non avevo più nessuno.
Lentamente il suo sguardo cadde sul suo riflesso del forno: una lacrima le stava rigando il viso.

Stupendo addirittura sé stessa, non la asciugò, ma al contrario, scoppiò in un pianto disperato. Quelle erano lacrime piene di tristezza, di solitudine e soprattutto di pieno dolore.

Dentro di sè, la ragazza sperava in un risveglio improvviso, nella sua vecchia stanza con i suoi amati genitori al suo fianco; ci sperava e ci avrebbe sempre sperato. Sperava in qualcosa che non sarebbe mai arrivato.

#My space

Ciao bellissime!
Terzo capitolo. Spero vi piaccia e se vi va, lasciate una stellina o un commento.

Dagia;)

My Stephbrother [A.M.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora