Capitolo 3: Reagire!

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1 settimana dopo
Savannah mi ha ormai abbandonato da una settimana e io non riesco ancora a crederci. Sono ridotto uno straccio. Non mangio più, puzzo incredibilmente di alcool e la notte la passo continuamente a sognare Savannah che mi dice che non tornerà più. Non faccio altro che piangere dalla mattina alla sera. Per quanto riguarda Sophia, be sene stanno occupando mia madre e la signora Gilbert, la mamma di Savannah. Da quando è nata non l'ho ancora vista.. Non riesco ad avvicinarmi a lei, ho paura che somigli troppo a Savannah, ma la paura più grande è che possa fargli del male perché in un certo senso la ritengo colpevole della morte di mia moglie.
Sono solo in casa, in quella casa dove io e Savannah siamo andati a vivere dopo il matrimonio. In ogni stanza in cui entro riaffiorano ricordi prepotenti. In questo momento sono seduto sul divano di pelle nera, nel posto dove si sedeva lei, ad osservare il vuoto. Indosso un paio di pantaloni della tuta neri e una t-shirt bianca che oramai di bianco non ha più nulla. È tutta a macchie di alcool. Nella mano destra tengo la bottiglia di birra ormai vuota e intorno al divano cene saranno almeno 10 o 15. Mi faccio schifo da solo. Il campanello suona e io barcollando vado ad aprire ignaro di chi possa essere.
"Erik, ciao!"
È la signora Gilbert. Nel braccio sinistro tiene Sophia che è coperta fino alla testolina e in quello destro una borsa da dove fuoriescono pannolini e biberon.
"Oh salve signora G." sono talmente ubriaco che credo di non capire neanche quello che dico. La signora Gilbert sembra accorgersi di questo e senza aspettare che la faccia entrare si catapulta dentro casa chiudendo la porta in modo esageratamente forte. Si avvia con ancora la bambina in braccio e la borsa al piano di sopra. Io intanto mi avvio in cucina alla ricerca di un altra birra. Devo dimenticare, ne ho bisogno. Il volto di Savannah mi appare dovunque.
Mentre apro il frigo mi accorgo di una presenza alle mie spalle, mi volto e vedo la signora G. Con le braccia conserte e un espressione in volto che non amette alcun tipo di replica. Anche lei soffre molto per la perdita di sua figlia però allora perché sembra che a nessuno gliene importi che Savannah è andata via?? Tutti sembrano essere tornati alla loro vita mentre io sono l'unico che sembra soffrire veramente.
"Erik, adesso mi sono veramente stancata del tuo comportamento da immaturo! Io capisco che tu stia soffrendo perché so che mia figlia per te era tutto ma è il momento di reagire!! Ti ricordo che hai una figlia a cui badare e un lavoro da portare avanti! Savannah non tornerà indietro anche se tu ti comporti così e se solo potesse vederti cinque minuti sono sicura che tene direbbe veramente di tutti i colori e soprattutto sarebbe delusa da te! Ma ti rendi conto che è una settimana che è nata tua figlia e non l'hai vista una volta?! Non fai altro che ubriacarti e pensare a te stesso!!!" la signora G. Mi urla contro come se fosse un indemoniata. Sembra veramente arrabbiata e le sue parole sembrano toccarmi dentro. Nel giro di un minuto sono tornato sobrio e le urla incessanti di mia suocera fanno si che aumenti il mio mal di testa. Accidenti!
"Io e tua madre caro Erik abbiamo deciso che è arrivato il momento che tu ti prenda cura di tua figlia e che riprenda il tuo lavoro. Devi imparare a conviverci con la sofferenza. D'ora in poi devi cavartela da solo con Sophia." detto questo raccoglie le sue cose e si avvia alla porta. Io la inseguo e la supplico di non lasciarmi la bambina. Io non so come si faccia ad accudire un bambino non so niente di niente. Non possono abbandonarmi tutti dannazione!!
Afferro il cordless che è appoggiato sul tavolo e compongo velocemente il numero di mia madre. Al terzo squillo mi risponde "Erik figliolo come stai??"
"Mamma non è una domanda da fare. Perché accidenti avete deciso di lasciare Sophia a casa? Lo sai che non sono in grado di avvicinarmi a lei ne di prendermene cura"
"Erik è giusto così. Sei tu suo padre ha bisogno di te e su questo non si discute! È arrivato il momento di reagire e di assumersi le proprie responsabilità. Devi andare avanti con la tua vita. Se dovessi avere bisogno di noi sai dove trovarci. Ti voglio bene figliolo"
"Ma.." ha attaccato! Non ci posso credere pensò che mi stia per venire una crisi isterica. Preso dal panico e dalla disperazione scaravento a terra tutto ciò che trovò sopra il tavolo del salotto e il vaso che tanto piaceva a Savannah si frantuma in terra in mille pezzi. Urlo a più non posso parole insensate fino ad accasciarmi a terra in lacrime. Insieme al vaso è caduto anche un porta ritratti che conteneva la foto di Savannah. Inizio ad accarezzarla Quella foto gliel'avevo scattata io quando eravamo andati a fare una gita al lago. È così bella. Sorride, ha quegli occhi di un celeste più limpido del cielo e i capelli biondi che le incorniciano il viso. "Amore mio quanto mi manchi, torna da me!"
Un pianto straziante mi distoglie dai miei pensieri. È Sophia che piange. È adesso che faccio?? Ti prego ti prego smetti di piangere. Con una lentezza snervante iniziò a salire le scale del piano superiore e mi avvio verso la sua cameretta. Cerco di entrare ma non ci riesco sembra che i miei piedi siano incollati al pavimento. Provò a chiamarla ma anche la voce sembra non voler uscire. Ci riprovo. "Soph" niente esce solo un piccolo sussurro. Ci riprovo nuovamente. "Sophia" smette immediatamente di piangere. Cel'ho fatta. Non la vedo è avvolta nella sua copertina dentro la culla. Le tende lilla sono tirate in modo da non far entrare troppa luce e anche il sole ormai sta tramontando. In questo momento mi sento felice come non lo ero da quando mi ha lasciato per sempre mia moglie. Sophia mi ha dato l'impulso per non arrendermi del tutto. Avevo promesso a Savannah che l'avrei amata e lo avrei fatto. Ormai la decisione è presa e non si torna indietro!

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