LENA & DeDe (TERZA PARTE)

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Erano passate quasi altre due settimane, ormai. Lorenza, invece di sentirsi sollevata perché Elena non stava più con quella truzza che non le piaceva per niente, si sentiva in realtà una grande stronza.
Elena era sempre, perennemente triste. I primi giorni non aveva smesso un secondo di piangere, poi aveva iniziato a leggere romanzi rosa con storie a finale tragico (lei! Che non aveva mai amato i romanzi d'amore!), e non aveva mai fame. Lorenza capì veramente quanto la situazione fosse delicata e quanto la sua migliore amica tenesse a quella truzza quando la vide intenta ad ascoltare le canzoni più lente e romantiche dei One Direction. Doveva essere proprio essere depressa per fare una cosa del genere.
Lorenza doveva intervenire assolutamente in qualche modo. Era in parte colpa sua, quindi si sentiva in dovere di mettere a posto le cose.
Un giovedì mattina, la bionda si trovava in classe, durante l'ora di spagnolo. La prof doveva interrogare, quindi lei stava chiacchierando del più e del meno con Gaia e Valeria.
Nel mentre qualcuno bussò alla porta ed entrò in classe la prof Berardi. <Qualcuno di voi vuole prendere parte alle simulazioni del triennale che si tengono al terzo piano?> chiese.
In fondo al corridoio del terzo piano era presente un'aula perfettamente allestita come un'agenzia di viaggi, e dove spesso gli alunni più bravi del liceo linguistico e quelli del professionale simulavano delle vere e proprie scene per il mondo del lavoro.
Tutti e ventitré gli alunni della 3D si nascosero, per modo di dire, sotto i banchi. Lorenza, invece, drizzò le orecchie e, senza nemmeno accorgersene, si ritrovò con una mano alzata a chiedere alla prof: <Con quale classe del professionale?>
<Con la 3E.>
La ragazza, allora, balzò prontamente in piedi. <Vengo io. Tanto non ho niente da fare.>
<Dovevo finire di raccontarti di ieri pomeriggio> osservò Gaia.
<Ah! Ehm... Viene anche la Danieli, prof> annunciò alla Berardi e, prima ancora che la ragazza potesse protestare, la trascinò fuori dall'aula.
<Lorenza, cosa ti é saltato in mente? Io non sono brava a parlare in inglese> protestò lei, mentre scendevano le scale.
<Cosa dici? Sì che lo sei> la rimproverò, invece, la bionda.
<Sì, ma non come te.>
Intanto arrivarono davanti all'aula per le simulazioni.
"Ti prego, fa ci sia Denise lì dentro..."
All'interno tutto dava l'idea di essere veramente in un'agenzia di viaggi: finti depliant che offrivano finti viaggi alle Maldive, finti poster che proponevano finte gite a Parigi o a Londra a prezzi imbattibili, finte scrivanie per finti impiegati dove accogliere finti clienti.
Ad una di queste scrivanie era seduto... Mauro.
"Lorenza, non guardarlo! Lorenza, non guardarlo!" si impose la ragazza.
All'altra scrivania, però, c'era niente meno che Denise Gaggero.
Evvai, una botta di culo, ogni tanto!
<Tu vai da lui, é simpatico> disse a Gaia, spingendola verso Mauro. Quindi, si accomodò di fronte a Denise. <Good morning!>
Denise alzò lo sguardo dal suo iPhone, e sgranò per bene gli occhi. <Questo sportello é chiuso> le annunciò poi scortese, tornando al suo cellulare.
<No, aspetta, ti prego. Non sono qui per fare questa messa in scena.>
<Allora, perché sei venuta?>
<Per parlare con te.>
<Io non voglio parlare con te.>
Lorenza contò fino a dieci per non dare una rispostaccia a quella truzza, ehm, cioè, la ragazza di cui era innamorata la sua migliore amica. <Si tratta di Elena.>
A quel punto Denise lasciò perdere il suo cellulare. <Le é successo qualcosa?>
<No, tranquilla. Fisicamente e di salute sta bene, ma interiormente no.> Fece una pausa e guardò bene la ragazza che aveva davanti. <Le manchi, terribilmente. Non ricordo di averla mai vista così giù di morale. Non si concentra più nello studio, non mangia, ascolta canzoni che la deprimono e che di solito non ascoltava... Potrei andare avanti all'infinito, e so che se si é ridotta così é solo per colpa mia.
<Appunto perché é colpa mia se vi siete allontanate, io volevo chiederti scusa. Insomma, prova a metterti nei miei panni per qualche minuto. Dopo dieci anni che penso di conoscere la mia migliore amica alla perfezione, scopro che si é innamorata di una ragazza e che me l'ha tenuto nascosto per ben quattro mesi. Tu non ti saresti sentita tradita e ferita?
<Però non mi andava nemmeno molto a genio che fossi tu la sua fidanzata, perché mi sembravi una ragazza troppo diversa da Elena, e poi quelle poche parole che mi erano giunte su di te non erano molto belle, ma dovevo ancora conoscerti. Io ti ho giudicato troppo in fretta, solo dall'apparenza e da quello che ho potuto sentire su di te, non pensando a quanto Elena si sentisse invece protetta ed innamorata con te.
<Ora ho capito che non mi importa se tu sei una ragazza, se fumi, se sei una truzza e via dicendo. Mi basta sapere che Elena sia felice, e allora lo sono anche io.>
Ci fu qualche minuto di silenzio.
<Le manco veramente?> chiese poi Denise.
Lorenza annuì. <La conosco così bene da sapere che pensa a te ogni secondo.>
La diciannovenne sorrise. <Anche lei mi manca un casino. É una ragazza così fantastica, lo penso sin dalla prima volta in cui le ho parlato. Non riesco a stare senza di lei. Io... Io la amo, Lorenza.>
<Allora non sono io quella a cui devi dirlo> le disse la bionda, prendendole una mano. <Facciamo così: oggi pomeriggio ti accompagno sotto a casa sua, e le fai una bellissima dichiarazione d'amore.>
Nel mentre arrivò la Berardi. <Come va?> chiese a Lorenza, poggiandole una mano sulla spalla.
<Oh, molto bene. Ho guadagnato un viaggio alle Hawaii praticamente regalato. Ma io la conosco già la DeDe.>
<Bene, allora potete ritornare in classe e dare il cambio a qualcun altro.>
Lorenza annuì, poi si rivolse di nuovo verso Denise. <Ti da fastidio se d'ora in poi ti chiamerò DeDe?>
La mora scosse la testa. <Nessuno mi aveva mai chiamato così, però é simpatico. Te lo concedo.>
<Ottimo! Allora ci vediamo oggi pomeriggio, per le tre davanti alla scuola, così ti porto in moto dalla principessa.> Si alzò dalla sedia e si avvicinò alla porta.
<Lorenza!> la richiamò un attimo Denise. <Grazie.>
Lorenza le sorrise amichevolmente. <Figurati.> Quindi uscì dall'aula, soddisfatta di aver compiuto un gesto giusto.

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