Capitolo XLV (The end)

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Il mio corpo si irrigidisce e, mentre indietreggio involontariamente, porto le mani sulle guance per tastare che tutto quello che i miei occhi stanno vedendo sia effettivamente vero.

"No..." sussurro, con la voce strozzata. "T-tu n-non puoi... Non puoi esistere davvero." Quegli occhi, quei maledetti occhi sono così reali, così vicini. "Questo è un incubo..."

"Incubo? Oh sì, io sono il tuo incubo." risponde prontamente, allargando le braccia, come ad abbracciare la notte. "Il buio è arrivato ovunque, persino dentro alla tua preziosissima testa."

Ho freddo, ma mi sembra di star bruciando viva. Vorrei crollare a terra e sprofondare nel sonno, anche se dubito che le mie gambe si piegherebbero, talmente sono rigide. Tremo d'ansia e respiro la mia stessa paura; il mio corpo urla di essere sorretto, ma so che si distruggerebbe ad ogni tocco, perché sono troppo traumatizzata per capire chi mi voglia aiutare e chi no. Dalla sofferenza e dalla turbolenta confusione della mia mente sbuca fuori una domanda. La domanda.

"Chi sei?" mormoro flebilmente, senza smettere di soffrire per il dolore alla fronte. Non so se voglio saperlo, non so se posso sopportare oltre.

"Chi sono." sibila il ragazzo, sfoggiando un ghigno obliquo. "Chi sono. Chi sono? Vuoi il mio nome? Il mio cognome?" Sorride malignamente ed abbassa il capo. "Sarai accontentata."

Attorno a lui, l'aria sembra addensarsi e scurirsi. I miei occhi non dovrebbero registrare i suoi movimenti repentini, però lo fanno. Sussulto ad ogni suo passo verso di me, ad ogni centimetro guadagnato, ad ogni battito perso. Sono troppo impietrita per reagire e decisamente malridotta mentalmente per dare l'imput alle mie mani di proteggermi.

"Mi chiamo Xavier Xanders; ti ricorda qualcosa?" Sento sussurrare poco distante da me.

Mi accascio per terra ed appoggio la fronte sull'erba fresca. Non ti avvicinare, ti prego non farlo. Non so cosa mi stia succedendo, ma sono davvero allo strenuo delle mie forze. Avverto un urlo nella mia testa ed una risata rumorosa.

Basta. Basta, basta, basta.

"Non provare ad avvicinarti oltre. Che cosa le stai facendo?" tuona Sean. Riapro gli occhi e tento di mettere a fuoco la sua immagine, ma mi risulta difficile. Ormai non riesco neanche a captare tutte le parole che stanno scambiando. Posso solo continuare a pensare al cognome: Xanders, come il ragazzo della tomba.

"Quello che le sta succedendo non ha che fare con me, o almeno non del tutto. Giusto, preside Collins? La sua mente è davvero molto incasinata al momento e credo proprio che stia cercando di espellere ogni prodotto estraneo e di ricordare." Il mio peggior incubo lancia un'occhiata a Zoar, che, annuendo in modo soddisfatto, trascina il corpo quasi inerte del preside davanti al mio cospetto. Nel momento in cui tento di rimettermi in piedi per non apparire debole come sono, mi rendo conto della presenza di Sean al mio fianco. È talmente freddo che avverto il gelo emanarsi dalla sua pelle. I capelli scuri gli incorniciano il viso pallido, illuminato dagli accesi occhi azzurri.

"Avanti Barbarossa, racconta alla tua cara alunna quello che hai fatto." sibila Xavier, volgendo lo sguardo sulla sua barba ormai tinta di un rosso scarlatto.

Gli studenti cominciano a bisbigliare, mentre il vento continua a picchiare su di noi. La mia treccia viene sballottata da una parte all'altra, così come il mio dolore si estende fino al cuore.

"Non voglio morire..." afferma il preside, sputacchiando dei grumoli di sangue rappreso. Socchiude gli occhi iniettati di rosso e si inumidisce le labbra spaccate e ridotte ad un'informe cumulo di tessuto umano. "Se racconterò tutto per filo e per segno, giuri di non uccidermi?"

"Lo giuro. È disgustoso come lei sia tanto attaccato alla sua misera vita, ma lo prometto. Lo giuro sul mio onore." asserisce Ecs, sogghignando. Jessica abbassa il capo e scuote la testa con rassegnazione, per poi venir spintonata in avanti da un ragazzo massiccio.

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