-Cronache del Campo Mezzosangue- LE DUE FACCE... DI UN'ALTRA MEDAGLIA

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   "Correte!" urlò, col fiatone, Marcus alle due gemelle.

  "IO corro! E' quella secchiona di Sharon la lumaca!" disse la prima.

  "Smettila di offendermi sempre, Helena!" rispose sua sorella. Helena sbuffò.

  Le due gemelle avevano circa dodici anni ed erano fisicamente uguali: avevano i capelli biondi delle stessa lunghezza e l'unica differenza era che Sharon li portava sciolti in un caschetto fino alle spalle, mentre Helena li teneva legati in due piccole code ai lati della testa, col ciuffo sollevato da una bandana da motociclista.

Sharon portava gli occhiali e, in quel momento, aveva con sé una borsa piena di libri mentre Helena, tutta vestita di nero, aveva, legata alla cintura, una mazza da baseball di legno scuro e lucido.

  "Ancora non ci credo!" protestò appunto Helena. "Stiamo correndo, anzi... io sto correndo, verso un posto sconosciuto, inseguiti da una specie di gallina in compagnia di una capra!"

  "Bee-bee. Sono un Satiro, capito? S-A-T-I-R-O!" scandì Marcus, "E poi quella non è una gallina! Ti ho già detto che è un'arpia!"

  "Si... le arpie sono spiriti del vento... creano brutte tempeste e... "

  "Smettila Sharon!! Non siamo a scuola!" la interruppe la sorella, urlando nel vendo che si faceva più forte.

  "Ecco i confini del Campo Mezzosangue!" strillò Marcus, indicando un grosso pino.

  "Il che?" urlarono Sharon e Helena, all'unisono.

  "Il Camp- SALTATE!"

  I tre si gettarono in avanti e iniziarono a rotolare.

  Rotolarono giù per la Collina Mezzosangue e si fermarono storditi alla fine della pendenza.

  "Ehm... salve!" disse una voce.

  I tre guardarono verso la direzione da dove proveniva: a circa 20 metri di distanza, un ragazzo alto salutava agitando la mano destra, mentre nella sinistra teneva una lunga spada di colore verde brillante, per poi tornare al suo duello con le lame.

  Le due sorelle, ancora a terra, sorrisero di risposta e si guardarono intorno: c'erano dei ragazzi dall'aria piuttosto arrabbiata che sventravano dei manichini con delle grosse spade affilate, alcuni ragazzi robusti che costruivano un enorme specchio attrezzato per delle ragazze bellissime che si spazzolavano i capelli e, in un campetto al cento di uno spiazzo in mezzo a una ventina di casette, alcuni ragazzi biondi e abbronzati giocavano a basket con una palla arancione.

  "Casa dolce casa!" esclamò il Satiro Marcus, che intanto si era già alzato in piedi e ora si stava togliendo un berretto rivelando, tra i capelli folti, delle piccole corna da capra.

  "Benvenute al Campo Mezzosangue!" disse avvicinandosi un essere per metà uomo di mezz'età e per metà stallone bianco. Indossava una maglietta scolorita con su scritto 'Raduno dei Party Pony 2013 -Madrid'.

  "Un centauro..." disse Sharon incantata.

  "Esatto, ragazza!" rispose sorridendo il centauro. Helena sbuffò.

  "Il mio nome è Chirone e il mio compito qui è di addestrare ragazzi come voi!" aggiunse l'uomo.

  "Ragazzi... come noi?" chiese acida Helena.

  "Sì, come voi... Come tutti quelli presenti qui, voi siete dei mezzosangue." rispose cauto Chirone.

  "Cos... Come osa?" protestò Helena, sempre più arrabbiata.

  "Mezzosangue sta per metà mortali e metà dei." si affrettò a dire Marcus, che guardava con un certo nervosismo il centauro.

  "Come è possibile?" intervenne Sharon. "Noi siamo delle normalissime ragazze... viviamo con nostro padre... è sempre stato così, da quando mamma è morta... e..." la ragazza non finì la frase e sgranò gli occhi.

  "Io scommetto che a casa non ci sono foto di vostra madre, che siete entrambe dislessiche e iperattive e che inoltre cambiate continuamente scuola!" disse loro il centauro.

  Le due gemelle si guardarono, con un'evidente traccia di assenso nei loro visi.

  "E allora... di chi siamo figlie?" chiese boccheggiando Helena.

  "Sarebbe bello essere figlie di Atena..." disse sognante sua sorella.

  "Ma chi, quella specie di dea secchiona?" le chiese contrariata la sua gemella.

  Un tuono riecheggiò per la Valle.

  "Ehi, tu... modera i termini!" le fece un ragazzo alto e biondo, con una strana macchia nel collo, che si era avvicinato insieme ad un numeroso gruppo di semidei.

  "Tranquillo, Malcolm, calmati..." le fece una ragazza dall'aria tozza a braccetto a fianco a lui, con una zazzera di capelli castani raccolti in una fascia. Il ragazzo le diede un bacio in fronte e le mise il braccio intorno alle spalle, senza perdere di vista la ragazzina bionda.

  "Mi piace la tua bandana!" esclamò Helena, rivolta alla ragazza.

  Quest'ultima sorrise di circostanza e tornò a guardare Chirone.

  "Potreste essere anche nostre sorelle!" disse avvicinandosi una ragazza sui diciannove anni, coi capelli intrecciati di foglie secche e vari vasetti di fiori stretti tra le mani.

  "Ti piacerebbe, Miranda..." le dissero due ragazzini dai tratti elfici.

  "Stoll, il vostro genitore è MASCHIO! Loro sono figlie di una Dea, come noi..." disse un ragazzo con un'alta cresta verde, accompagnato da altri due ragazzini dai vestiti scuri ed i capelli improbabili.

  "Voi chi siete?" chiese Helena.

  "Noi siamo figli di Nemesi, Dea della vendetta!" rispose fiero il ragazzo.

  "Non siete male..." disse loro Helena, e i tre ragazzi e la ragazza stessa si sorrisero a vicenda con cattiveria.

  "E' impossibile che IO sia figlia sua... quindi non lo sei nemmeno tu, mia cara Helena!" disse furiosa Sharon.

  "Ed è inconcepibile che io sia figlia di quella sottospecie di maestrina di Atena!"

  Un altro tuono, questa volta più forte del precedente, riecheggiò e lo strano ragazzo con la macchia nel collo fece un passo avanti minaccioso, prima che la ragazza, che un ragazzo col viso bruciacchiato chiamò 'Nyssa', lo bloccasse.

  Tutti si fecero zitti, ragionando su una possibile affinità delle due ragazze con una delle dee.

  "Forse Nike..." mormorò una voce flebile, ma fiera, nel silenzio.

  Nessuno, in quel momento, si sarebbe aspettato ciò che da lì a pochi secondi sarebbe successo.

  Quando le due gemelle si ritrovarono in mezzo ad un mini vortice di cuori rossi, con una trousse volante che sputava pennellini da trucco che le inondavano, le uniche loro parole, oltre che quelle dei loro fratellastri, furono semplicemente: "OH NO!".





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