Era lunedì e questo voleva dire che mia madre era andata a lavoro presto.

Cercai di liberarmi dalla sua stretta, dovevo andare in bagno ma non volevo svegliarlo.

In un modo o nell'altro riuscì a togliermelo di dosso e dopo aver preso una tuta pulita, corsi fuori.

Feci una doccia veloce e quando tornai in camera era sveglio.

"Buongiorno spettacolo." Mormorò facendo fare una capriola al mio cuore.

"Buongiorno." Esclamai un tantino in imbarazzo. "Vuoi mangiare qualcosa?"

Lui annuì, così mi diressi in cucina dopo avergli detto che se voleva farsi una doccia, il bagno era libero.

Non ero molto abile ai fornelli, ma avrei dovuto improvvisare qualcosa.

Di solito quando ero a casa da sola mi bastava scaldare un bicchiere di latte nel microonde e mangiare qualche biscotto.

Quando stavo cercando di rompere le uova, vidi Justin comparire dalla porta.

Si poggiò al bancone e iniziò a guardarmi con curiosità.

"Perchè cerchi di rompere le uova in quel modo?" domandò.

"Come dovrei romperle ?"

M tolse le uova di mano e mi mostrò come fare.

"Bene, prepara tu qualcosa." con un sorriso feci si che prendesse il mio posto, ma prima che mi allontanassi del tutto, mi diede una pacca sul sedere.

XXX

Dovevo ammettere che era molto abile ai fornelli, e promisi a me stessa che avrei imparato a cucinare qualcosa, prima o poi.

Justin se n'era andato da un po' dicendo che doveva fare delle cose misteriose, ma non gli avevo chiesto cosa.

Colsi l'occasione e decisi di prendere il computer e navigare un pochino.

Tra una ricerca e un'altra scrissi su un sito di pagine gialle "William Tanner."

Comparirono cinquecento William Tanner nella zona di Seattle e dintorni, un numero esorbitante, ma quello che ero riuscita a capire spiando mia madre al telefono quando ero più bambina, era che mio padre non abitava più a Seattle, ma a Miami in Florida.

Cercai velocemente lo stesso nome precisando la città, e con mia grande sorpresa non erano in molti, ma solo in centocinquata.

Quando mia madre varcò la soglia di casa qualche ora dopo le dissi "Parto per Miami, vado da papà."

-POV JUSTIN

Dovevo andare in banca a ritirare cinquemila dollari dal conto di mia madre e rimetterli prima che se ne accorgesse, avevo ancora un debito da saldare.

Mi diressi a casa di Brenton Foster, sapendo che non lasciava entrare quasi nessuno se non solo la sua ragazza.

Avevo con me una pistola nel caso che le mani non fossero bastate.

Parcheggiai distante, per evitare che sentisse il rumore della macchina e mi avviai sul retro.

La finestra della camera matrimoniale era aperta e mi fu facile entrare.

Distesa sul letto c'era Jessica che ancora dormiva.

Uscii in corridoio e mi ritrovai davanti un Brenton sorpreso di vedermi.

"Bieber, sei riuscito ad entrare in casa mia." disse con un sorriso.

Il suo sguardo superiore mi fece salire la rabbia alle stelle.

Gli tirai un pugno in piena faccia e lo bloccai contro il muro.

"Non devi mai più, e dico mai più, pronunciare il nome di Liv." dissi a denti stretti.

Brenton rise e gli sbattei violentemente la testa contro la parete e la sua risata si trasformò in un lamento.

"Hai capito?" urlai scuotendolo. "Sei sempre stato un perdente, non hai mai avuto il coraggio di affrontarmi da solo, e adesso so il perchè."

Ringhiò e mi tirò un pugno.

Gli lasciai il colletto e con fatica si rimise in piedi.

"Vediamo se hai ragione." Mi sfidò.

Cercò di tirarmi altri pugni, ma li schivai facilmente.

Una presenza alle mie spalle mi distrasse.

Mi voltai e Jessica ci guardava tremante e con gli occhi spalancati.

"Brenton." Urlò verso il suo ragazzo che adesso era in ginocchio.

"Foster tieni molto a Jessica, vero?" Domandai afferrandola per un braccio. "Ma che cosa faresti se ti dicessi che potrei sparargli una pallottola in testa, proprio qui."

"No." Tossì lui.

"Vedo che non ti piace che minaccino la tua fidanzata."

Fece di no con la testa, gli occhi erano rabbiosi.

"Bene, allora se non vuoi che succeda nulla alla tua ragazza, lascia in pace la mia."

"Enough For Me" #wattys2017Where stories live. Discover now