Capitolo due

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Casa mia dista solo pochi metri dalla scuola, perciò la mattina me la prendo comoda in modo da riuscire a fare tutto con calma e nel frattempo dormire mezz'ora in più.

Lo scorso anno chiedevo a Malody di accompagnarmi, ma non credo sia il caso.

Distanza.

L'unica cosa che deve esserci fra noi.

Come ho già detto fin troppe volte, non voglio che si avvicinino.

Che continuino tranquillamente a vivere nei loro sensi di colpa, nelle lore schifose bugie. E soprattutto, nella profonda consapevolezza di essere degli esseri schifosi.

Non ce n'è uno che si salva, in quella banda di cretini.

Mi chiudo la porta alle spalle, e percorrro il vialetto di casa mia che mi separa dal marciapiede.

Sbadiglio assonnata, e cerco di distrarmi durante il tragitto in modo da non pensare costantemente alla dura giornata che mi aspetta oggi.

Ho un'ora di storia, due di matematica e poi altre due di inglese, in cui molto probabilmente ci riporterà i famosi temi dell'inizio dell'anno, e infine alla sesta ora ho chimica.

E io ci capisco meno di zero, in materia.

La giornata si svolgerà nei peggiori dei modi, ne sono fermamente convinta, e la mia sonnolenza non fa altro che confermare il fatto che ho bisogno di riposo.

Dormire.
Dovrei fare solo questo.

Stanotte non ho dormito un granchè.
Quell'idiota del mio vicino di casa ha dato una festa e io naturalmente mi sono dovuta subire urla e schiamazzi.

"Audrey aspettami." Una voce affaticata risuona alle mie spalle.

Lo guardo stizzita, domandandomi per la prima vera volta se so senta bene.

Non ci siamo mai parlati, eppure siamo vicini di casa da quindici anni e mezzo."Cosa vuoi, Jase?" Scocciata mi fermo lungo il mio tragitto e gli rivolgo un'occhiata velenosa.

Questo tipo non mi rivolge parola da sedici anni che vivo qui, e proprio oggi, che ho una verifica di storia alla prima ora, decide di fare conversazione?

"Oh niente. Ti vedo un po' strana nell'ultimo periodo, va tutto bene?" In un paio di falcate mi affianca, e io sento il cuore salirmi in gola.

Tutta questa vicinanza non mi piace.

Deglutisco rumorosamente.
"Starei meglio se quell'idiota di Simon non facesse feste che durino tutta la notte. Ma come ben sai, i miei desideri non si realizzano." Alzo gli occhi al cielo.

Jase scoppia in una risata melodica, e io lascio che un sorriso prenda forma sulle mie labbra.

"Si ti capisco. I miei sono tornati ieri sera, e non hanno fatto che lamentarsi. Però Simon è un bravo ragazzo, dopotutto." Scrolla le spalle, mentre continuiamo a camminare uno vicino all'altra.

"Bravo o meno, un giorno o l'altro gliene dico quattro."

Io e Jase chiacchieriamo per i cinque minuti successivi, finchè non arriviamo davanti al cancello della scuola.

Alcune teste si voltano verso di noi.

Fra tutti, riesco chiaramente a notare i miei vecchi amici aggruppati, che mi fissano insistentemente.

Katleen sbuffa, annoiata, e io sento uno strano sentimento crescermi in mezzo al petto.

Ma non è tristezza, nè voglia di romperle qualcosa in testa.

Sono avvolta solo da uno strano senso di apatia.

"Non è un buon periodo, eh?" Punta i suoi occhi azzurri nei miei, e io mi limito ad annuire arricciando il naso.

Le lacrime sono lì, pronte ad uscire, e so perfettamente che se parlassi la mia voce si spezzerebbe.

"Sono degli stronzi." Annuncia.
Jase lo sa.
E scommetto che non è l'unico.

"A chi lo ha detto?" Sbuffo irritata, pensando ad un modo per fargliela pagare.

Dietro a tutta questa storia c'è Jenny, lo so.
Ci scommetto.

"Lo ha scritto ovunque. Sui social e persino nella bacheca della palestra. Mi dispiace per te, Audrey." Mi fa un piccolo sorriso, poi torna serio.

"E' per questo che mi hai parlato questa mattina? Perchè ti faccio pena?" Scatto, e mi sento stranamente delusa.

Pensavo che Jase, il mio vicino di casa, mi avesse rivolto parola per altri motivi.
La sua compassione è l'ultima cosa che voglio.

Jase affonda i suoi occhi nei miei, facendosi improvvisamente serio.
"L'ho fatto perchè mi andava. Non perchè mezza scuola parla di te."

Annuisco, e poi gli regalo un sorriso.
"Okay, Jase, ci si vede in giro. Grazie per la compagnia." Mi incammino verso l'entrata principale, notando da lontano Travor che mi guarda.

"Se vuoi ti riaccompagno, dopo." Alza la voce per farsi sentire, e mi sorride.

Scoppio a ridere, girandomi verso di lui.
"Ritieniti fortunato del fatto che non ti abbia steso con un calcio, Watson."

Lui ride, poi mi fa l'occhiolino.
"Correrò il rischio."

Mi volto, sempre con uno strano sorriso sulle labbra.

*
La giornata alla fine è trascorsa tranquillamente.

Come previsto, la professoressa di italiano ci ha riportato i temi, riguardanti la fine dell'anno.

"Audrey, vorrei leggerlo ad alta voce." Ha detto, e io ho alzato lo sguardo dal piccolo abbozzo di disegno in cui mi stavo anche impegnando.

Ho fatto scorrere velocemente lo sguardo davanti a me, poi ho incontrato gli occhi della mia insegnante.

Sentivo i suoi occhi puntanti su di me, e il bruciore del suo sguardo mi impediva di ragionare razionalmente.

La malinconia si è impossessata di me, e a quel punto dire di no è stato inevitabile.

Ho deluso la mia insegnante negandole di leggere il mio tema, ne sono perfettamente consapevole, ma non potevo lasciare che qualcun altro, oltre a me e alla Ridewood, scoprisse ciò che c'è scritto su quel foglio protocollo.

Anche l'ora di chimica è trascorsa velocemente, soprattutto grazie agli sguardi complici fra me e Jase.

Quel ragazzo è semplicemente bellissimo, e vorrei tanto che fra noi si instaurasse un vero rapporto.

"Pensavi a me?" Sento la sua presenza dietro di me, e mi lascio sfuggire un sorriso imbarazzato.

"Si, pensavo a quanto sei ridicolo con quei capelli." Lo derido, fingendo che non mi importi nulla di lui.

L'indifferenza.
O la usi, o la gente ti entra dentro e poi ti distrugge.

"Ammettilo che i miei capelli ti piacciono." Sorride, e io sento le guance bruciarmi.

Mi limito ad un 'sono carini', prima di varcare l'uscita della scuola.

Travor mi saluta da lontano, e io ricambio sorridendogli.

Oggi è stato molto impegnato.
Evidentemente quella biondina ha veramente fatto centro con lui.

"Vai a piedi?" Chiedo a Jase mentre cammino lentamente per arrivare al cancello.

Sono stanchissima, e ho una voglia matta di dormire.

Lui annuisce.
"Vengo con te. Sempre se non ti dispiace." Mi rivolge una piccola occhiata.

"Guarda che non scherzavo quando dicevo che potrei tirarti un calcio."

Jase scoppia a ridere, e io lo seguo.

"Te l'ho già detto" Mi cammina più vicino, e io sento il suo fiato caldo sul mio collo. "Ne vale la pena."

Will Be Forever||CameronDallasWhere stories live. Discover now