Capitolo 15.

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LSD

Lanciarazzi Su Dominique

Dicono che al giorno d'oggi i divorzi sono nell'aria, che li respirano i bambini nei loro passeggini come le vecchiette ingobbite dagli anni e dai chili di cibo per gatti che trascinano ogni giorno fino al parco. Un po' come lo smog delle automobili babbane, insomma. Solo che lo smog non induce gli adolescenti a buttarsi giù da una finestra, o a diventare dei bulletti di periferia, mentre i divorzi – a sentire gli esperti – sono la causa di questi ed altri catastrofici mali del mondo. Forse anche del buco nell'ozono, perché si sa che due genitori divorziati sono costretti ad avere automobili separate, e a percorrere un sacco di strada per scaricare i figli al consorte quando il loro turno di baby parking è finito.
Ma lo sapete cosa dico io? Il problema non è che la gente si separa: il problema è che la gente si mette insieme. Insomma, guardiamo le cose come stanno: se mamma e papà non si fossero messi insieme io non sarei mai nata, e di conseguenza non avrei avuto nessuno dei miei problemi. Se mamma e Draco non si fossero messi insieme, io ed i miei cugini non saremmo stati costretti a dannarci l'anima per farli separare. E se Scorpius e Domi si metteranno insieme dovrò spendere un sacco di soldi da uno psicologo per convincermi che io non voglio uccidere mia cugina.
E poi dicono che il problema sono le separazioni... ma magari qualcuno si separasse!

***

Era passata una settimana, un'esaltante settimana di mutismo ed occhiate di sottecchi, da quando avevo interrotto gli studi di anatomia di Scorpius e mia cugina. E in una settimana avevo avuto modo di riflettere, e di esaminare la situazione da una prospettiva diversa: perché – potevo anche essere idiota, e il modello nella mia testa poteva anche essere la personificazione del sex appeal – ma non aveva alcun senso buttare alle ortiche sedici anni di amicizia per un biondino del cavolo. Ergo, non era Dominique quella che dovevo odiare. E a pensarci bene nemmeno Scorpius: il confine tra odio e amore era troppo sottile, e non potevo permettermi rischiare. Così ero giunta ad una semplice e naturale conclusione: dovevo ignorarlo. E questo non voleva dire che lo avrei ucciso con lo sguardo ogni volta che fosse entrato nel mio campo visivo, o che sarei uscita da una stanza sbuffando ogni volta che ci fosse entrato lui. Al contrario: lo avrei salutato civilmente ogni mattina, gli avrei passato la caraffa del succo d'arancia e lo zucchero con un sorriso cortese, gli avrei lasciato la precedenza per andare in bagno senza arrabbiarmi, avrei lavato anche il suo piatto dopo cena, e la sera, prima di andare a chiudermi in camera mia, gli avrei augurato la buona notte. Sarebbe tutto finito là. E, prima che me ne accorgessi, sarebbe ricominciata la scuola, e mi sarei presa una cotta astronomica per il primo Caposcuola dal sorriso intrigante contro cui sarei andata a sbattere nel corridoio dell'Espresso per Hogwarts. Semplice, no?
Semplice questo cavolo. Ogni volta che lui cercava di rivolgermi la parola ed io, come da copione, trovavo una scusa per svignarmela, non potevo impedirmi di sbirciarlo con la coda dell'occhio, sperando di vedere un'espressione delusa turbare i suoi lineamenti delicati. E, ogni volta che Scorpius si adeguava al mio silenzio senza farsi grandi problemi, sentivo lo stomaco precipitare nel vuoto, e la romantica scenetta che mi si era dipinta nella mente, in cui Scorpius mi si gettava ai piedi dichiarandomi amore eterno ed implorando il mio perdono, si scioglieva come un quadro lasciato sotto la pioggia. Ma il peggio era che nella mia testa, oltre alle solite sconcerie del redivivo modello, aveva preso l'abitudine di comparire anche un patetico filmetto romantico di serie Z, che terminava con un bacio sotto la pioggia, con tanto di Torre Eiffel sullo sfondo, talmente sdolcinato da far venire il diabete a qualsiasi persona sana di mente (categoria dalla quale io ero ovviamente esclusa). E, ciliegina sulla torta, il protagonista maschile del filmetto non aveva nessuna tartaruga e portava sul naso un paio di occhiali da vista esattamente uguali a quelli che Domi aveva buttato nel cassonetto dell'immondizia il venerdì precedente. A questo punto il prossimo gradino verso il fondo dell'abisso della follia sarebbe stato nascondere una foto di Scorpius sotto il cuscino e passare la notte a sbaciucchiarla. Cosa che rischiavo di fare molto presto, se Draco non avesse smesso di appendere foto di suo figlio in giro per la casa. In particolare, detestavo una foto del sopraccitato biondino a cinque anni, strategicamente appesa accanto alle scale: da piccolo aveva i capelli completamente albini, anche più chiari di quelli del padre, che gli scendevano in morbidi boccoli fino quasi alle spalle, e le sue guance erano adorabilmente paffute, con due pomelli rossi in stile Heidi a peggiorare ulteriormente le cose. Per non parlare degli occhioni verde chiaro, sgranati e ingenui come solo gli occhi di un bambino possono essere. Ogni volta che vedevo quella foto mi veniva una stramaledetta voglia di entrare nella cornice e stringerlo forte tra le braccia, immergendo il volto nei suoi capelli soffici per sentirne il profumo.
Sabato 31 luglio, giusto perché piove sempre sul bagnato, quando fui costretta a passare davanti alla foto per andare in bagno, mi ritrovai a pensare che, se mai avessi avuto un figlio, avrei voluto che fosse così. Ovviamente a quel punto il modello non poté fare a meno di venirsene fuori con un'inquietante osservazione: vuoi un figlio così ergo vuoi così anche il padre. Ed io non potei fare a meno di bestemmiarmi dietro in tutte le lingue a me note e ignote. Entrai in bagno sbattendo la porta, e non mi stupii di trovarci Scorpius, intento a studiarsi la rada peluria del mento davanti allo specchio: ormai sembrava che quel bagno fosse diventato il nostro principale luogo di rendez-vous. Al contrario fui parecchio stupita dal suo abbigliamento: indossava una semplice camicia bianca, con le maniche arrotolate sopra i gomiti ed i primi bottoni aperti, infilata dentro a uno dei jeans aderenti che avevamo comprato con Dominique. Incredibile quanto più figo sembrasse con un semplice paio di jeans a vita bassa. E, soprattutto, incredibile quale effetto deleterio avesse sui miei neuroni il sopraccitato paio di jeans un po' calato sul sedere.
Per un attimo fui tentata di fare dietrofront e andare a invadere il bagno di mamma e Draco, ma poi mi dissi che dovevo imparare a respirare la sua stessa aria senza che il modello nella mia testa desse in escandescenze (cosa che al momento, naturalmente, stava facendo) e andai a piazzarmi accanto a lui, davanti allo specchio.
« Ciao. » dissi, con fredda cortesia.
« Ciao. » rispose Scorpius, rivolto ai peli delle sue guance.
Raccattai una matita per occhi e un paio di ombretti dal piano del lavandino, e cominciai a truccarmi con estrema indifferenza, complimentandomi con me stessa per il mio insospettato talento nella recitazione. Il modello, da bravo egocentrico, mi lanciò un'occhiata profondamente offesa, ma in qualche modo riuscii ad ignorare anche lui.
"Bhe, sto migliorando..."
Scorpius si grattò la gola e mi lanciò un'occhiata veloce, come se non volesse farsi scoprire a guardarmi. E probabilmente non lo avrei scoperto, se non avessi passato tutto il tempo ad incrociare gli occhi nel tentativo di vedere il suo riflesso nello specchio senza girare il viso. Feci finta di niente e cominciai a passarmi la matita sotto il secondo occhio, meticolosamente. Alla quindicesima occhiata, però, mi sentii in dovere di voltarmi verso di lui. Scorpius questa volta non tentò di nascondere il fatto di avermi guardata, e mantenne gli occhi saldamente piantati nei miei.
Sentii un brivido percorrermi la spina dorsale per tutta la sua lunghezza, ma ancora una volta sfoderai il mio talento da Oscar, e riuscii a parlare con voce impeccabilmente annoiata. « Sì, dovresti farti la barba. » osservai.
Poi tornai a rivolgere la mia attenzione allo specchio, e mi dedicai all'ombretto. Forse avrei dovuto fare il contrario, e mettere prima l'ombretto e poi la matita, ma...
« Rose? » la voce di Scorpius mi fece sobbalzare, e rischiai seriamente di cavarmi un occhio con l'applicatore dell'ombretto. Feci finta di non averlo sentito – nonostante la mia credibilità, in quel frangente, fosse più bassa della temperatura del Polo Sud – e continuai ad imbrattarmi le palpebre di viola. « Rose » ripeté Scorpius, vagamente esasperato « potemmo, per favore, parlarne da persone civili? »
« Parlare di cosa? » chiesi, senza staccare gli occhi dallo specchio: meno lo guardavo, più possibilità avevo di mantenere le mie facoltà mentali inalterate fino alla fine della conversazione.
Anche senza vederlo, tuttavia, percepii il suo sguardo bruciarmi sulla pelle. « Di quello che è successo venerdì scorso. »
Scoppiai in una risata talmente da oca che mi feci schifo da sola. « Non è successo niente, per quanto mi riguarda. »
« E allora perché non mi parli? » insistette Scorpius.
A questo punto fui costretta ad abbandonare i miei infruttuosi tentativi di truccarmi, e mi voltai verso di lui. Vederlo, come al solito, scatenò ormoni, modello e brividi lungo la schiena. Dei brividi strani, insoddisfatti, brividi di attesa, che si sarebbero placati solo quando avrei potuto far scorrere le mie dita tra i suoi capelli, ed avrei sentito il sapore delle sue labbra sulle mie. Ovvero mai.
Mi costrinsi a richiamare i miei neuroni all'ordine, ed in qualche modo riuscii a mettere assieme una frase di senso compiuto. « Ti sto parlando. » osservai, inarcando un sopracciglio.
Scorpius sbuffò. « Sai cosa intendo. »
« No, non lo so. » mentii.
"Vai così, Rose: negare sempre, anche davanti all'evidenza."
Avrei voluto restare a guardarlo, immersa nel verde delicato dei suoi occhi, in attesa di una risposta, ma mi costrinsi a voltarmi nuovamente verso lo specchio, e a riprendere le mie maldestre attività di maquillage. Cercai di convincermi che ignorarlo, in fondo, mi veniva quasi spontaneo, ma fui miseramente smascherata dall'inquietante presenza che, in un angolino del mio cervello, stava progettando di togliergli il saluto per fargli capire quanto in realtà fosse innamorato della sottoscritta.
"Negare, Rose, negare fino alla morte..."
Perché infondo a me Scorpius non piaceva davvero: quello che provavo per lui era solo una strana forma di attrazione fisica nata dal fatto che ci eravamo ritrovati a vivere nella stessa casa. Perché naturalmente a me non piaceva quando trovavo i suoi occhi fissi nei miei, quando le sue guance si tingevano di un leggero rosa dopo una mia frecciatina particolarmente subdola, quando scendevo in soggiorno con una scusa idiota per sentirlo suonare, e lui si voltava verso di me e mi guardava, senza smettere di carezzare i tasti del pianoforte con le sue dita affusolate. E ogni volta che lo sentivo suonare "Per Elisa" non desideravo di chiamarmi Elisa... Perché sicuramente quando la sua voce un po' troppo profonda per i suoi lineamenti dolci, ancora da ragazzino, pronunciava delle parole rivolte solo a me, e quando le sue iridi chiare scivolavano sul mio viso, concedendomi la sua totale attenzione, non sentivo le farfalle nello stomaco. E non mi sentivo importante, per qualcuno, e per una volta tanto nella mia vita...
« Rose... » Perché a me non piaceva il modo in cui pronunciava il mio nome, scivolando sulla erre con quell'accento vagamente aristocratico, ma senza ammosciarla... « Cazzo, sembra uno di quei film babbani completamente assurdi... » Perché a me non piaceva sentirlo mormorare le parolacce a mezza voce, quasi sperasse che nessuno lo sentisse, quando era esasperato... « Senti, io... accidenti, se la smettessi di fare quella faccia e mi lasciassi parlare, magari, non sarebbe così complicato! »
Inarcai un sopracciglio in direzione della mia immagine riflessa dallo specchio. « E chi non ti lascia parlare? Sono muta. »
« Sì, certo... vuoi che ti faccia la traduzione di quello che sta dicendo la tua faccia in questo momento? » sbuffò.
Lo ignorai e continuai a passarmi l'ombretto sulla palpebra dell'occhio destro, che ormai era così viola che sembrava che qualcuno mi avesse appena presa a pugni. Con la coda dell'occhio vidi Scorpius alzare le braccia e portarsi entrambe le mani sulla nuca, tra i capelli color miele, in un gesto di esasperazione estrema.
« Merlino, Rose, sto solo cercando di dirti che... Dio, che tu... » Perché a me non piaceva quando cercava di spiegare concetti troppo complicati, e si bloccava a metà di una frase, mordendosi il labbro inferiore... E perché in quel momento, naturalmente, la mia mente bacata non aveva proposto una decina di conclusioni alternative per la frase "Dio, che tu...", tutte varianti più o meno sdolcinate di "mi piaci da impazzire"...« Che... » "Che...?" « Che tu... » "Che io...?" « Cavolo, lo sai com'è fatta tua cugina! » sbottò Scorpius, alla fine « Voleva che mi mettessi addosso i vestiti nuovi, e quando le ho detto di no mi ha letteralmente strappato la maglia di dosso! »
"Non mi sembrava che ti dispiacesse così tanto, però..." A me invece dispiaceva infinitamente che il suo discorso, così promettete all'inizio, si fosse concluso con una banale lista di scuse senza capo né coda.
"Miseriaccia, Rose! E per fortuna che dovevi fartelo passare dalla testa!" Ma c'era ben poco da fare: la mia coerenza aveva raggiunto da tempo i miei neuroni, seppelliti da qualche parte sotto un monumento ai caduti, e più mi imponevo di allontanarmi da Scorpius, più mi ritrovavo a sperare che lui mi impedisse di farlo. Era come la famosa storia del "me ne vado... ma guarda che me ne vado sul serio... sto andando, eh!": me ne stavo là, sulla porta, con la valigia in mano, e dichiaravo di non volerlo vedere mai più, ma aspettavo solo una parola, un gesto, un guizzo di sentimento nei suoi occhi per gettarmi tra le sue braccia giurando che non lo avrei mai lasciato.
« Allora? » la voce di Scorpius mi riscosse bruscamente dai miei pensieri « Non dici niente? »
Serrai la mascella, ignorando il modello che si stava ancora guardando attorno, stralunato, in attesa della tanto agognata dichiarazione. « Mi fa piacere sapere che tu pensi che mia cugina sia una ninfomane » replicai, con gelido sarcasmo « Ma non vedo perché la cosa dovrebbe interessarmi. »
"E con questo l'Oscar non me lo soffia più nessuno."
Scorpius aprì e richiuse la bocca un paio di volte, con l'aria di chi si è preparato un fantastico discorsetto, che l'interlocutore ha appena fatto saltare ponendogli una domanda che non si sarebbe mai aspettato. « Io... bhe, ecco... » balbettò, imbarazzato « È solo che... » "Che mi ami alla follia e mi vuoi sposare? Per la luna di miele propongo l'Egitto..." « Insomma, ci tenevo a chiarire questo malinteso, ecco. »
"Insomma, ma vaffanculo! O ti dichiari o puoi anche portare quelle tue chiappe (dannatamente attizzanti) fuori da questo bagno!"
Inarcai entrambe le sopracciglia, reprimendo a fatica l'istinto di picchiarlo. « Tutto qui? »
"Niente dichiarazione? Niente bacio? Niente anello di fidanzamento? Niente? Ma proprio niente di niente...?"
Ero così delusa che non riuscii nemmeno a sentirmi sollevata perché lui e Domi non avevano fatto niente.
Scorpius prese a torturarsi le mani, nervosamente. « Bhe, sì... insomma, mi sembrava giusto che sapessi che tra me e tua cugina non c'è niente. » "Sembra giusto anche a me: mi sarebbe proprio dispiaciuto spaccarti quel bel faccino ..." « E poi, bhe... pensavo che ti desse fastidio, a dire il vero... »
« Fastidio? » replicai, con un'espressione di stupore in stile "Weasley davanti all'ennesimo maglione di nonna Molly per Natale". « Chi, a me? » scoppiai a ridere « Ma quale fastidio? »
Fastidio era riduttivo. Rabbia, furore, ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, odio profondo, istinti omicidi, voglia di prendere quella sua testolina bionda e incastrarla nella tazza del cesso, incontenibile tentazione di sperimentare un paio di leve articolari su qualcuno... altro che fastidio!
« Oh... ah... » borbottò Scorpius. Sembrava alquanto perplesso, e mi parve anche di leggere un pizzico di delusione ben nascosta infondo ai suoi occhi. Ma forse stavo solo vedendo quello che volevo vedere. « Quindi per te è tutto a posto? »
Mi strinsi nelle spalle. « Si, certo, nessun problema. » "A parte tutto." « Cosa vuoi che me ne freghi? » "Di nuovo, a parte tutto."
Scorpius inclinò il capo e, dopo avermi lanciato un'ultima occhiata indecifrabile, mi voltò le spalle e posò la mano sulla maniglia della porta. « D'accordo... allora io vado: tua madre dice che siamo in ritardo... »
E scivolò in corridoio, richiudendosi velocemente la porta alle spalle.
"Si, ecco, vattene, bravo..."
Lanciai l'applicatore dell'ombretto nel lavandino, sibilando un commento non troppo lusinghiero sulla virilità di Merlino. Ero ufficialmente un'idiota. Un'idiota illusa, se proprio volevamo rigirare il coltello nella piaga.
"A Scorpius non piaci. Quale parte di questa frase non ti è chiara, Rose? Forse la parte in cui tu dovresti girargli alla larga e smettere di vedere rose e cuoricini ogni volta che ti rivolge la parola?"Appoggiai la fronte alla superficie fredda dello specchio, maledicendo il giorno in cui qualche idiota aveva avuto la brillante idea di regalare un arco a Cupido.
Non era normale che andassi così fuori di testa per un secchione che, tra le altre cose, mi stava anche terribilmente sulle scatole. Certo che nemmeno Scorpius era normale, però: tutte quelle scene per dirmi due cazzate? Non aveva il minimo senso.
A meno che...
"..."
Solo allora realizzai che potevo avergli appena dato il nulla osta per una sua eventuale relazione con Dominique...

Perchè sul campanello di casa mia c'è scritto Weasley-Malfoy?!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora