12. Camilla

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Ho paura di dire a Paolo che la mia matrigna mi voleva uccidere.

Ho tanta paura.

È successo quando ancora non stavamo insieme, ma se lo sapesse mi farebbe fuori.

"Allora?! Mi vuoi dire quello che mi hai nascosto?" Domandò.

Non risposi. Abbassai lo sguardo.

Silenzio.

Sospirai e poi parlai.

"È successa una cosa prima che ci mettessimo insieme che non ti ho detto... L'ho fatto solo perché avevo paura..." Dissi.

"Paura di cosa?! Di me?!" Domandò lui guardandomi negli occhi.

"No... Paura che succedesse qualcosa a loro..." Risposi.

"Loro chi? La tua matrigna e le sue due figlie?" Domandò lui, annuii. Sospirò e dopo disse più calmo "cosa hanno fatto di così terribile che mi hai tenuto nascosto?!"

"Prometti che non farai nulla di... Pericoloso?" Domandai.

"Te lo prometto" rispose dopo aver sospirato per la milionesima volta.

"Siediti" dissi.

"È così terribile?" Domandò sedendosi.

"Allora..." Iniziai "era il sabato sera di un inverno... Lavoravo ad un locale che teneva aperto fino alle due di notte, ma io lavoravo fino alle 23:30. Solo che quella sera non sono uscita alle 23:30, ma a mezzanotte. Dato che il mio capo mi voleva parlare di una specie di aumento se non ricordo male, quindi ero uscita mezz'ora dopo. Per arrivare a casa ci misi mezz'ora, come al solito. Quando entrai, mi ritrovai a terra. La mia matrigna mi stava aspettando con una mazza da baseball, ancora non so da dove l'abbia presa. Mi ha iniziato a picchiare e ad urlare. Dicendo che sono una troia, che appena avevo finito di fare il lavoretto tornavo a casa come mi pareva" sospirai e mi sedetti anch'io, sentivo il suo sguardo su di me , mentre io guardavo nel vuoto ricordando ancora ogni particolare "mi continuò a picchiare con quella mazza, su tutto il corpo, sopratutto sulla testa. Poi ho perso conoscenza e non so se continuava... Dopo un paio d'ore mi sono ripresa... Ero ancora stesa sul freddo pavimento davanti alla porta principale... Ero piena di lividi tu tutto il corpo, due o tre ne avevo anche in faccia... All'inizio non mi ricordavo cosa fosse successo... Poi lentamente ricordai tutto... Tutto quanto... Quanto dolore avevo sofferto mentre venivo presa a mazzate dalla mia matrigna..." Due braccia mi fecero alzare dalla sedia e mi avvolsero la vita.

Nemmeno mi accorsi di star piangendo al ricordo. Ricambiai l'abbraccio, stringendolo forte.

"Shh..." Sussurrò accarezzandomi la schiena cercando di tranquillizzarmi.

Lentamente mi tranquillizzai, tornando a respirare normalmente.

Continuammo a stare stretti uno nelle braccia dell'altro.

Si spostò di poco lasciandomi un lungo bacio sulla testa, dato che era leggermente più alto di me.

Mi faceva stare bene.

"Mi dispiace per quello che ti ha fatto passare..." Sussurrò.

"Non importa, ora è cambiata. Sono cambiate..." Risposi.

"Si, lo so... Lo spero... Ma, comunque, mi dispiace per quello che ti hanno fatto" continuò.

"Grazie" dissi.

"Per cosa?" Domandò.

"Per esserci. Per far parte della mia vita. Per fare tutto quello che fai. Per farmi stare bene" dissi.

Mi staccò leggermente da lui e disse guardandomi negli occhi "Ti amo. Per me renderti felice è un piacere. Quando tu sei felice mi fai toccare il cielo con un dito. È quando sei triste che mi fai sentire una merda. Penso sempre a come farti tornare il sorriso, all'inizio è difficile, faccio del mio meglio per farti tornare il sorriso, è quando lo fai capisco di aver fatto o detto le cose giuste. Sono io quello che deve ringraziare te.  Sono diventato il più felice del mondo da quando fai parte della mia vita. Ti amo da morire" disse, mi aveva letteralmente piazzata.

Lentamente si avvicinò e mi baciò.

Un bacio lento, pieno di emozioni.

Sentivo ancora mille farfalle svolazzare nel mio stomaco. Mille brividi percorrermi tutta la schiena. Proprio come la prima volta che ci siamo baciati.

Lo amo.

Lo amo da morire.

Ti amerò per sempreWhere stories live. Discover now