29||farewell

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"Demons can't always handle the pain"

Il mio cuore batteva troppo forte. Tutti i rumori, i passi, le voci, tutto cancellato dal martellare del mio petto che si propagava in tutto il corpo. Petto, testa, mani, gambe. Tutto era un unico battito. Tremavo. Non riuscivo a fare nulla se non prendermi ancora di più contro il muro, nella speranza si spezzasse in due per permettermi di scappare da quell'inferno.

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Nella sala operativa si era scatenato il putiferio. Alle parole del generale Gabriele si lanció contro di lui, lanciando un urlo paragonabile ad un verso di negazione. Tentó di colpire il mostro in divisa, ma Patterson fu più veloce di lui a colpirlo con il retro della pistola sulla nuca.

Il ragazzo cadde a terra, e Ginette si inginocchió accanto a lui, circondandogli il busto con le braccia.

-Bha- il generale emise uno sbuffo, dirigendosi contro gli schermi che proiettavano le immagini del laboratorio. A vedere il moro che inseguiva la bionda sul suo viso segnato dall'età e dal fumo si dipinse un lungo ghigno.

Nella stanza l'aria era pesante, e il silenzio era interrotto dagli ingranaggi dei computer, dai singhiozzi di Ginette e dai sensi di colpa di Patterson.

Lui si ricordava perfettamente di Amber, era stato lui infatti a scortarla la prima volta al riformatorio.
Si ricordava ancora meglio dello sguardo ferito e spaesato della ragazza e di come abbia tentato di consolarlo tendendole un fazzoletto.

Sulla strada per tornare dal riformatorio ricevette una chiamata di un suo superiore, che gli diceva che se avesse accettato di essere al fianco del generale avrebbe subito un enorme aumento di stipendio. Inutile dire che fece retromarcia alla prigione, che incontró l'uomo è che divenne il suo cagnolino da passeggio (assistente).

Ginette guarda Patterson con aria persa, mentre stringeva il corpo a terra di Gabriele, che respirava con dei gemiti di dolore per la botta del calcio della pistola.

Il giovane degli occhi verde prato si asciugò la fronte perlata di sudore con la manica della giacca. Era colpa sua. Se non avesse fatto qualcosa sarebbe andato tutto dannatamente in fumo per quel pazzo. E tutti gli insegnamenti alla scuola militare?

"Proteggi i deboli"

Era il suo motto, e si ricordava perfettamente di tutte le volte che aveva bisogno d'aiuto, a scuola con i bulletti che lo perseguitavano. Ora quel ragazzo era a terra e Amber stava per morire, per colpa sua.

-Patterson! Stai dormendo in piedi, per caso?- il generale lo riscosse dai suoi pensieri e lo prese a fissare.

I suoi capelli ricci gli cadevano da sotto il berretto e andavano a incorniciare le iridi verdi, ora in dubbio: dare ascolto al generale o ai ragazzi?

-Patterson!-

La voce del generale era ormai un eco lontano.

-Patterson! Che diavolo fai con quella pistola?!-

Le iridi erano ora incastrate nella postola che stava puntando contro l'uomo in divisa.

-Stia fermo- fece il riccio, nascondendo il tremolio delle mani.

Il generale alzó lentamente le mani e lo guardó con uno sguardo sprezzante di odio. -Bastardo- sibiló.

-Ragazzi- inizió Patterson, non distogliendo lo sguardo dall'uomo sotto tiro -Ostuni è collegato ad un collare che trasmette impulsi elettro-neurali al suo cervello. Per disattivare il collare va mandata in corto circuito la caspsula vicino al professor Robotnik, l'uomo accanto ad essa.- parló lui, scandendo ogni parola.

Demons  ||Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora