1||elise

11.8K 499 126
                                    

"Demons don't have wings"


Era lì.

Finalmente era lì.
Nessuno intorno a lei, solo il vuoto.
Una leggerissima brezza faceva ondeggiare i suoi lunghi e fluenti capelli castano corvino e le faceva seccare la bocca.
Fra i denti, una sigaretta.
La stringeva delicatamente, senza inspirare il fumo.

Il cielo era leggermente nuvoloso, era una fredda mattina di febbraio.
Di fronte a lei i grattacieli si stagliavano numerosi, con le loro punte protese verso l'alto.

"Forse tutto questo mi mancherà" questo pensiero spirò velocemente.
Certo che le sarebbe mancato, ma era giunta al limite.
A tutto c'è un limite, lei lo aveva superato.

Si sedette sul cornicione del palazzo, i suoi occhi verde smeraldo puntavano un aereo lontano, che appariva solo un puntino.

Una lacrima le tagliò lo zigomo alto.

Stava passeggiando con sua sorella, fianco a fianco, per i numerosi corridoi della scuola; per la biondina era il primo giorno al liceo, le stava facendo visitare la scuola.

Bassina, magra, dall'aria innocente, con due enormi occhi azzurri, capaci di addolcire chiunque. Queste erano le caratteristiche di Amber, la sorella minore.
Lei invece era alta, ben formata, aperta, lanciava parolacce ogni tre per due, rideva sguaiatamente; normalmente due sorelle le si confonde con facilità, ma non in questo caso.

Ma era proprio la loro diversità a renderle inseparabili.

Improvvisamente scorsero una scena che per la biondina sembrò un'oscenità, la mora ormai ci era abituata: due ragazzi stavano portando via una ragazza, nuova anche lei, dalla scuola.

La poveretta si dimenava, una grande mano era premuta sulla sua bocca, impedendo ai suoni di fuoriuscire.

Il tutto si svolgeva nell'ombra dei grandi armadietti posizionati ai lati del muro.

Le due li seguirono per volontà di Amber, si nascosero dietro ad un muretto basso.
I due ragazzi la stavano portando dentro alla vecchia palestra, un'area non più utilizzata della scuola. Era là che aspettavano altri tre ragazzi, sulle loro facce era presente un ghigno.
La spinsero al muro e le assestarono degli schiaffi associati a delle prese in giro e parole che non dovrebbero nemmeno esistere.
La mora non sapeva che fare: se se ne fossero andate avrebbe avuto un terribile rimorso nel non aver fatto nulla, dall'altro lato c'era anche la sua sorellina, che si stava trattenendo dallo scoppiare a piangere.

-Resta qui. Non ti muovere per nessun motivo. Non fiatare e non farti vedere qualunque cosa mi succeda. Se ti vedono, corri e non fermarti. Vai dal preside.-

Dopo averle dato queste direttive, la mora si alzò e si avviò verso di loro, di corsa, cogliendo di sorpresa un ragazzo assestandogli un calcio in mezzo alle gambe. Esso si piegò in due, gli altri, sbigottiti, si guardarono gli uni negli occhi degli altri.

-Cinque contro uno, scontro equo- esordì lei sarcasticamente.

Era passato tanto tempo, quasi due anni, non si ricordava i particolari, ma sorrise quando si ricordò di averla spuntata e di essere riuscita a proteggere quella ragazza.
Prese tante, tantissime botte, ma ci riuscì.
Da lì, appena vedeva scene come quella si metteva in mezzo, a volte riuscendo, altre no.
Quando non ci riusciva era terribile. I sensi di colpa le colpivano la pancia e non riusciva più a respirare, il groppo in gola era enorme.

Poi però, tutto questo le si rivolse contro.
I ragazzi la cercavano apposta per intimidirla, per spaventarla alle volte in maniere brusche.
Lei, dopo qualche mese, era distrutta.

Per salvare gli altri stava uccidendo se stessa.

Si stava trascurando, tornava a casa terribilmente stanca e dolorante, la felicità di aver salvato qualcuno le riempiva il cuore, ma non abbastanza da curarla del tutto.

Cominciò anche a trascurare sua sorella, che ogni dannato giorno, se lei non toccava cibo a pranzo, la biondina glielo portava un'oretta dopo.
Bussava dolcemente e chiedeva se potesse entrare.
La mora rifiutava, non voleva che la vedesse in quelle condizioni.

"Almeno, lascia che ti curi"
"Non voglio"

Erano queste le battute di ogni giorno.

Sorrise e dopo aver inspirato profondamente dalla sigaretta la buttò dal palazzo, osservando tutto il tragitto fatto da essa.

Volteggiava nell'aria resa viva dal vento, sembrava non avere peso.

Si sporse notevolmente, ed ebbe la sensazione di cadere.

"Perché no? A chi importerebbe?"

I suoi genitori avevano divorziato. Lei si dava le colpe.
Litigavano sempre. Ogni giorno. Lei credeva di esserne la causa.

In realtà, era così. Sua madre era giovane, lei era nata da uno sbaglio. Poi però la accolsero lo stesso e decisero di donarle una sorella, il regalo più bello che un essere umano avrebbe mai potuto ricevere.

Ormai le sue guance erano state tagliate da copiose lacrime.
Ma non singhiozzava, aveva imparato a non lasciar trasparire alcuna sua emozione.

All'improvviso si alzò, ammirando il bellissimo paesaggio che aveva di fronte.

Una fastidiosa sensazione al basso ventre la colpiva.
Forse era...eccitazione? La eccitava il fatto che potesse buttarsi.
Lo poteva fare. E perché no?

Lo scricchiolio di una porta la fece sobbalzare, immersa com'era nei suoi pensieri.

-Amber- pronunciò la mora.

Dalla porta fece capolino una testa bionda, un paio di occhi azzurri, una pelle candida.

-Elise, che ci fai qui? Si muore di freddo, entra!- esclamò lei.

Elise sorrise ampiamente, le labbra carnose creavano delle fossette.

-E...Elise? Che ci facevi qua sopra? Che vuoi fare?- Amber non voleva pensarci, ma ormai aveva capito tutto.

La sorella maggiore portò le mani dietro al collo, slacciando il ciondolo che da sempre aveva adornato il suo collo candido e sottile.

La strinse fra le sue mani e la lanciò ad Amber, la quale la afferrò prima che il vento la trascinasse con sé.

-Ricordati Amber- Elise la richiamò e la biondina inchiodò il suo sguardo preoccupato e ansioso su di lei.
Era da tanto tempo che non la vedeva sorridere così.
Le fossette creavano uno strano effetto sul suo viso, quasi come se si pentisse di quel gesto.

-I demoni non hanno le ali-

Dopo questa frase enigmatica, Amber aveva gli occhi velati e continuava a ripetersi di non capire, ma in cuor suo sapeva di avere la risposta incisa nel cuore, come varie crepe pronto a spezzare definitivamente l'organo.

Elise aprì le braccia ed allineò i piedi, prima di versare un'ultima lacrima e di versare il suo peso all'indietro, verso il vento.

Amber gridò il nome della sorella più volte, ma non ricevette risposta, in quanto, molti metri più giù poteva intravedere una figura distesa a terra con i capelli sparpagliati, le braccia ad angelo e i piedi allineati.

Demons  ||Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora