"Fai come se fossi a casa tua"

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Salimmo nella sua auto.
Era una vecchia macchina mezza rotta che per miracolo ancora funzionava.
Dentro c' era odore di marijuana e alcool, ma cercai non fare una faccia schifata che chiedeva pietà per aprire i finestrini. Non sapevo neanche se poteva effettivamente guidare. Non sapevo neanche se aveva l' età per guidare. Si vedeva che era più grande di me ma con quel corpo pieno di lividi e ferite, che lo irrigidivano per ogni sforzo che faceva, era difficile a dirsi quale fosse esattamente la sua età.
Chiuse il suo sportello e accese la macchina.
"Dove stiamo andando?"
Gli chiesi.
"Vedrai."
Restammo in silenzio per tutto il resto del tempo.
Dopo poco parcheggiò e spense la macchina. Io lo inseguii per tutto il tempo.
Entrammo in un palazzo.
Dentro, il soffitto era pieno di muffa e le pareti erano verniciate di un giallo, ormai scolorito. Salimmo le scale e al terzo piano si fermò davanti una porta con il numero "13" attaccato. Entrammo e fece come se io non esistessi. Aprì il frigorifero per prendere una birra, posò le chiavi sul tavolo e annunció:
"Benvenuta nella mia umile dimora."
Rise. Sorrisi un po' anche io, ma di un sorriso quasi impercettibbile.
Pensai qualcosa da dire ma non mi veniva in mente niente.
"Fa come se fossi a casa tua."
Io ero ancora accanto alla porta, non mi ero mossa molto e continuavo a fissarlo incapace sul da farsi.
Forse avevo sbagliato. Forse non è come me lo aspettavo. Forse era meglio se non gli dicevo che volevo conoscerlo.
Ma poi ripensai a quando mi aveva salvata. E a quando mi aveva risalvata. E quando mi aveva detto che mi stava seguendo perché mi aveva vista in difficoltà. Stava facendo l' arrogante di proposito. E non avevo intenzione si dargliela vinta.
Lui si levò la giacca con il cappuccio e la buttò sul divano, e così fece anche con la maglietta, restando a petto nudo.
Ora si che ero immobbile. Se l' era tolta così, come se niente fosse, in effetti faceva caldo lì dentro, e ora che si era tolto la maglietta anche di più.
Lo stavo fissando.
Helin, ora dovrai avere tutto il tuo autocontrollo per non fare la strana. Concentrati, ce la puoi fare.
Andai verso il divano, vicino a lui e mi levai anche io la ghiacca, lasciandomi con una maglietta a maniche corte che finiva sopra l' ombellico.
Per stare al suo gioco dissi menefreghista "Che fanno ora in tv?"
"Tieni." Mi diede il telecomando e si sbracò sul divano "Cerca."
Mi buttai sul divano e cercai qualcosa.
"Allora... Da quant' è che mi stavi seguendo?"
"Bhe, diciamo da una diecina di minuti prima che quei due arrivassero.
E tu perché eri ubriaca fradicia alle 2:00 di pommeriggio?"
"... Così..."
"Ah... Così eh?
Sai ragazzina? Non ci si ubriaca in quel modo, da sola, senza motivo."
"Fatti miei."
"Ah. Quindi stanno così le cose eh? Tu mi vuoi conoscere ma non hai intenzione di dirmi qualcosa di te?"
"Mm... Okay. Per ora accontentati peró che dovevo trovare un modo per non pensare."
"Giá.Infatti non hai pensato neanche a quei due tizi quand..."
"Okay senti." Non gli lasciai neanche finire la frase. "Perché ti irrita così tanto se sono venuti quei due tipi? A te non te ne frega niente di me giusto? E poi non è colpa mia se sono venuti. Non avevo di certo un cartello in fronte con su scritto ~violentatemi~"
"COSA! Ragazzina ti facevo più sveglia."
"Helin! Mi chiamo Heli.."
"Si ok. Ma se pensi che rincorro tutta la gente ubriaca solo perché mi va e la
porto a casa mia perché non ho niente da fare ti sbagli di grosso. Quindi non puoi dire che di te non mi importa."
"Se ti importa di me allora perché se non ti avessi detto che ti volevo conoscere te ne saresti andato via e tanti saluti e grazie?"
" Già vederti due volte massacrata di botte mi basta, non voglio assistere ad altri spettacoli come quelli di oggi."
"Quindi preferisci che la prossima volta mi uccideranno perché tu non vuoi "assistere" ?!"
" Credo che più stai lontana da me più non rischi che ti riaccada."
"Oggi tu non centravi niente con questa storia, quindi perché ti dovrei stare lontana, tu oggi mi hai salvata, senza di te non ce l' avrei fatta!"
Restò in silenzio per un po', e serrò la mascella.
I lineamenti della sua faccia così erano ancora più evidenti.
"Tu non sai... Quanto..."
Era arrabbiato. Ma non con me. Era arrabbiato con se stesso.
Che cosa avrà mai fatto per odiarsi a tal punto?
"Io sono un mostro." Incatenò le mani e se le appoggiò sul mento mentre guardava il vuoto.
"Ed è meglio che le ragazzine non passano il proprio tempo con dei mostri." Appena disse quella frase si liberó le mani e si alzò per andare verso la porta. La aprii per invitarmi ad uscire o meglio "per buttarmi fuori".
Mi misi di fronte a lui e gli dissi guardandolo negli occhi.
"Qualunque cosa tu abbia fatto...
Non sei un mostro."
Mi staccai dal suo sguardo e me ne andai senza guardarmi indietro, sperando, che un giorno lo avrebbe capito anche lui.

Tu non sei un mostroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora