dieci

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sᴀᴍ's ᴘᴏɪɴᴛ ᴏғ ᴠɪᴇᴡ

le gambe bruciavano, così come i polmoni.

mi prudevano le mani, ma grattandole non passava, provai addirittura a piantare le unghie dritte nel palmo, con forza, ma non passò nemmeno così.
anzi, ottenni solo delle piccole scavature su di essi.

sfregai leggermente i miei arti inferiori tra loro, cercando di alleviare il dolore, ma ottenni solo il contrario. per poco non emisi un grido, ma lo soffocai nel cuscino accanto a me

avevo indosso solo una magliettina sgualcita e le mutandine, ero stesa sul letto in un bagno di sudore. mi sembrava di stare per morire. sentivo un peso oppressivo sul petto, che mi impediva di respirare normalmente.

allungai leggermente la mano afferrando i pantaloni della tuta poco distanti, sentendo improvvisamente freddo, infilandoli poi senza nemmeno alzarmi dal letto.

mi sembrava di avere un martello nella testa, che continuasse a sbattere insopportabilmente nella mia testa. non sapevo, o forse si, esattamente quello che mi stesse succedendo. ma non lo sopportavo più.

grattai con forza le mie braccia prima di posizionarmi sul letto in posizione fetale, abbracciando le mie stesse gambe.

volevo piangere, forse solo sfogarmi, ma non ci riuscivo, non usciva nemmeno una singola lacrima dai miei occhi.

guardai dritto verso la finestra notando fosse, di nuovo, notte. non avevo dormito, ero stata tutto il giorno a letto, ignorando qualsiasi persona tentasse di contattarmi spegnendo il cellulare.

"cazzo" urlai sbattendo entrambe le mani sul Materasso per poi lasciarmi andare ad un lento sospiro, quasi sconsolato.

passai le mani sulla faccia per poi trascinarle sui capelli, li afferrai tirandoli con entrambe le mani, se quel mal di testa, male ovunque in realtà, non si fosse placato probabilmente mi sarei buttata dalla finestra.

mi alzai, quasi di scatto, pentendomi immediatamente della mia scelta. la vista mi si scurì velocemente per poi tornare pian piano alla normalità, se non mi fossi appoggiata al muro accanto al letto probabilmente sarei cascata.

a tentoni arrivai al beauty del bagno, frugai appena trovando finalmente una Tachipirina. la ingoiai velocemente bevendo un lungo sorso d'acqua presa dal mini frigo lì vicino.

sperai solo che il sollievo arrivasse quanto prima.

mi stesi nuovamente nel letto, iniziando a contemplare il mio stesso riflesso nello specchio sopra di me. avevo le occhiaie evidenti, così come i graffi sulle braccia, i capelli erano tutti in disordine, quasi un groviglio.

sospirai di nuovo tirandomi ancora i capelli da sola. avevo iniziato a stare male dopo essere rientrata dalla doppia sigaretta della sera prima.

mi ero, volontariamente, bruciata con l'accendino, ora avevo un paio di scottature sulla coscia sinistra e una molto più lieve nell'altra. mi ero sentita quasi rilassata subito dopo, la mia mente era occupata solo a pensare al dolore, smettendo, per qualche istante, di ricordarmi la nullità che tutti mi ritengono.

l'effetto, pultroppo, era durato poco, il tempo di rientrare in stanza, cambiarmi e stendermi sul letto, che già ero tornata a pensare a troppe cose in una volta sola, avesse potuto, il mio cervello, sarebbe esploso.

mi ero sconsolata, mi era già capitato in passato di usare forme di autolesionismo, come una semplice, che semplice non è, lametta. il tutto sempre sulle coscie, così le mie braccia sarebbero state libere.

non ricordavo nemmeno quando fosse stata l'ultima volta che mi eri fatta del male da sola, ma in quel momento, era la notte prima.

un insistente bussare alla porta mi fece girare verso la porta, probabilmente lasciata senza nessun giro di chiave, fortuna che serviva la chiave magnetica e quindi non c'era nessuna maniglia che potesse aprirla.

"Samantha, so che sei sveglia, vieni ad aprire" la voce di mia madre, autoritaria come sempre, mi fece alzare dal letto, dopo qualche secondo a contemplare di fingere di non esistere. probabilmente sarebbe andata a chiamare un qualche manager o portinaio, o magari un pompiere, per far aprire la mia porta.

arrivai alla porta, probabilmente barcollando, dopo che un capogiro mi aveva fatto quasi cadere.

"ma come sei conciata" quasi strillò la donna, entrando della mia stanza, e scrutandomi.

"stavo solo dormendo" borbottai chiudendo la porta alle mie spalle e appoggiandomi. "alle cinque del pomeriggio?" chiese lei incrociando le braccia la petto per poi guardarmi male.

guardai di nuovo fuori, si era notte, ma avevo anche dimenticato che il sole tramontasse così presto. "certo, o magari ti stai solo drogando di nuovo" quasi urlò, senza un preciso motivo.

"ma che stai dicendo? non ho assunto niente" chiesi confusa, certo non avevo effettivamente mai smesso di drogarmi, ma in quell'esatto momento eri tutto fuorché sotto effetto di stupefacenti.

"assolutamente no, ma ti sei vista? sembri un morto vivente. dove hai quella robaccia?" il suo tono era arrabbiato, si girò di scatto iniziando a rovistare tra le mie cose sparse sulla scrivania. "mamma smettila" le dissi quando la vidi iniziare a svuotare anche la mia borsa.

"no, non la smetto! tu la dovresti smettere Samantha." disse acida per poi lanciare metà della mia roba sul pavimento.

"ti stai rovinando, sei solo una drogata! pensaci, so benissimo che non hai mai smesso! pensavo che portandoti qua saresti migliorata."

"siamo qua da due giorni, nemmeno" dissi semplicemente guardandola male. come poteva immaginare, anche se non pensavo lo sapesse, che avrei smesso di usare sostanze dopo poco più di
36 ore.

"non mi interessa! sei una delusione Samantha, perché non sei come tua sorella! guardala, Angelina è perfetta, tuo padre sarebbe fiero di lei. ma di te..."

lasciò la frase in sospeso, la guardai spenta, sentendo il peso al petto appesantirsi di colpo.

"siete tutti degli stronzi!" urlai, quasi dimenticandomi di star parlando con mia madre. "voi e Angelina! pensate solo a paragonarci"

"Samantha modera i termini" mi rispose severa continuando guardandomi male. "certo! ah sai che ti dico? me ne torno a casa."

"brava scappa sempre!"

ero uscita dalla stanza, lasciando anche la porta aperta. non avevo preso né chiavi né una semplice felpa. mia madre mi aveva urlato dietro qualcosa, che non avevo nemmeno capito.

scesi le scale di corsa ritrovandomi con il fiatone, arrivata nella hall uscii velocemente iniziando a camminare senza una meta precisa.

ovviamente non avevo intenzione di tornare a Milano in quel momento senza nemmeno il telefono o il portafoglio. però sicuramente non volevo stare un minuto di più nella stessa stanza con lei.

doveva sempre paragonarmi ad Angelina, ricordarmi che sono una delusione per lei e per il mio defunto padre. forse lei e Matteo si erano messi d'accordo ricordandomi che Angelina è la migliore.

di solito in una famiglia, normale, la pecora nera è il figlio di mezzo, ma a quanto pare dio avevo piani diversi per la mia vita.

sbuffai maledicendomi di non aver preso né una felpa né il telefono. il clima della sera di febbraio non è il più noto per essere caldo. quindi stavo letteralmente gelando.

camminando ero arrivata in un parchetto, non ero molto lontana dall'hotel, ma mi rifiutavo di tornare indietro in quel momento.

mi sedetti su una scalinata, continuando a maledirmi per essermi fatta convincere che venire qui, nella città dei fiori, sarebeb stata una bella idea.

𝗣𝗮𝗿𝗮𝗻𝗼𝗶𝗲  ▸ 𝑙𝑎 𝑆𝑎𝑑Where stories live. Discover now