FOOLS.

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Aveva iniziato a fumare nell'estate fra il terzo ed il penultimo anno delle superiori. Io con lui, imitavo qualsiasi cosa facesse, sebbene quello non me lo avesse mai proposto. Jeongguk teneva alla mia salute non tanto quanto me, e già era venuto a conoscenza del mio vizio del bere. Una cosa c'è di buono in questa mia depressione cronica: la voglia di tutto che svanisce, persino quella dell'alcool e di talune dipendenze sopracitate.

Lo vidi un pomeriggio frugarsi nei pantaloni sulla spiaggia, proprio al confine con la pineta, là dove gli aghi degli alberi si confondono con la sabbia. "Accidenti." Diceva. Era in procinto di strappare quel che teneva in mano. Lo chiamai: "Aii!" l'espressione giapponese era diventata il nostro segno distintivo; un richiamo per lucci, un ululato di lupi in calore: se non fosse ciò che davvero eravamo, per lo meno rimaneva riconoscibile a miglia.

"Taehyung!" diversamente, Jeongguk era sorpreso. Nascose ciò di cui frucchiava fra le gambe, come se fosse qualcosa che io proprio non dossi vedere. "Hyung, che ci fai qui? Sono le quattro di pomeriggio. Non sei a studiare matematica?"

"No." Scosse la testa, e, con la confidenza di due amanti, frucchiai anche io di ciò che avesse fra le cosce. "Hey!" mi gridò sulla faccia. La nostra vicinanza mi faceva emozionare, e rimpiango quanto potessi essere patetico a quell'età. Se solo mi rimanesse ancora un po' di quello zucchero; la mia malattia perenne del razionalizzare morirebbe un poco e si acquieterebbe per lasciare respiro ad un animo stanco. Ci si ammala per molto di più; mi basta l'assidua cogitazione per sprigionare ancora sostanze tossiche che minano la mia immunità alla salute. È cinico da parte mia, ma il corso delle cose ha per forza voluto che fossi così e che reagissi così alla vita. Jeongguk non mi ha mai offerto una sigaretta; fui io il coglione che insistentemente gliene chiedeva (e rubava) sempre una; fui io il coglione che comprava assiduamente i pacchetti di Lucky Strike a stecche, che nascondevo nella ghiacciaia della sua catapecchia.

Non fu affatto contento della mia decisione. "Dammi qua!" gliela strappai di mano con rabbia, perché se aveva deciso di morire, allora anche io avrei voluto morire con lui. Bravo ragazzo all'apparenza, ma teppista delinquente qualora si parlasse di sigarette. "Cos'è?" gli chiesi.

"Non lo vedi? È una sigaretta, Taehyung." Talvolta i nostri litigi cominciavano da lì. A me non andava bene qualcosa che Jeongguk non faceva, a Jeongguk non andava bene qualcosa che io facevo. Uno dei pregi, e non un difetto: Jeongguk è sempre stato sincero con me, anche quando la diversità d'opinione venne a marcare oltre la necessità. Storceva le labbra solo quando accennavo ai miei sogni, che indubbiamente sarebbero stati anche i suoi: lui un ingegnere, io con probabilità certa un disoccupato.

"Dammela, voglio provare anche io!"

"No, Taehyung. Ti fa male!"

"E allora perché lo stavi per fare anche tu?"

Jeongguk sospirava spesso. In poche parole, me le dava tutte vinte. Sarebbe stato equo solo se in quella relazione fossi stato da solo: mi biasimavo più che lo capivo, ma non mi sono mai rimproverato tanto così come sto facendo adesso. Lasciava intravedere che forse avrebbe voluto; il suo essere realista glielo impediva, come se stesse cercando di spiccare il volo dalla scogliera e qualcosa lo trattenesse giù. Mi diceva spesso che, prima di arrivare a scuola, passava un po' di tempo lì davanti al faro; si sedeva proprio a picco, respirava l'aria salmastra (motivo per cui entrava in classe sporco di salsedine) e allargava le braccia per gridare, aspirare a pieni polmoni e far finta di gettarsi giù, accolto dalle onde dell'oceano che bagna Busan.

Non mi rispose, lo lasciai di stucco non appena: "Ecco, si vede che sei inesperto. C'è troppo vento non puoi, non puoi accendere nemmeno un fiammifero."

"E allora cosa facciamo?"

Jeongguk era ancora più maldestro di me. "Andiamo in pineta." Gli dissi. Mia madre non fuma, mio padre solo qualche volta. È il suo circolo d'affaristi a Perth che gli mette in bocca dei sigari cubani per realizzare una postura da business-man. Che fosse per imitazione di mio padre o di Jeongguk, mi misi a fumare con lui quelle due o tre Lucky Strike nella pineta.

the Blue Neighborhood | VKWhere stories live. Discover now