59 - @lucrash_87

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Lista 59

REAL ESTATE di lucrash_87

Mannie si svegliò di soprassalto

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Mannie si svegliò di soprassalto.

Si era appisolato sulla panchina vecchia e logora di un anonimo parco. Il cinguettio degli uccelli e lo stormire delle frasche riuscivano solitamente a calmarlo e, in quei momenti più che mai, aveva sentito la necessità di rallentare la frenesia dei pensieri.

Si guardò attorno, ancora stordito dall'incubo che, da qualche tempo, gli impediva di riposare: era solo. Il sole era tramontato da un pezzo, portandosi dietro ogni briciola di speranza, e il viola nel cielo si era già addensato nel blu scuro della notte. Un refolo di vento freddo gli scompigliò i capelli e lo costrinse a stringersi in un abbraccio scoraggiato, un'inutile trincea dietro la quale sperava ancora di trovare un po' di calore e conforto.

Si incamminò senza meta per le strade deserte del paese, sforzandosi di afferrare i particolari del sogno prima che questi potessero disciogliersi come nebbia al sole: un bagno, il rubinetto aperto, il grande specchio; poi accadeva qualcosa di strano ma... non riusciva a rammentare altro, se non un ghigno appena accennato e uno sguardo ostile trasmesso da occhi gelidi.

Tremò al ricordo di quella silenziosa minaccia, e il suo cuore non poté fare altro che abbracciare la paura e accoglierla in sé, con un sospiro profondo. Percorse poche centinaia di metri, domandandosi come mai non avesse ancora incontrato nessuno come lui, poi all'improvviso si fermò: per poco i sensi non gli scivolarono via quando lo vide riflesso nello specchietto retrovisore di un'auto. Lo stava seguendo, pazientemente, e aveva l'indice alle labbra a intimargli il silenzio.

Non serve urlare, nessuno mi potrà salvare.

Mannie si voltò di scatto e non vide nessuno. Tornò a guardare lo specchietto, ed eccolo nuovamente lì. Riconobbe lo sguardo gelido, era lo stesso dell'incubo, ma gli altri particolari lo lasciarono inebetito e pietrificato. Non aveva senso; non poteva essere lui stesso l'artefice di quella minaccia. Eppure, sebbene facesse fatica ad accettarlo come proprio, il viso di quel ragazzo era identico al suo.

Una scarica di adrenalina lo risvegliò dal torpore e fuggì via. Corse a perdifiato, più veloce del vento, ignorando le fitte di dolore che gli si conficcavano violentemente nei muscoli come spine martellate a forza nella carne.

Si fermò solo quando si sentì finalmente al sicuro, abbastanza lontano da se stesso. Rifiatò, concedendo una tregua ai polmoni affaticati e prendendosi il tempo necessario a capire dove si trovasse.

La folle corsa l'aveva condotto in un quartiere dall'aspetto malfamato. Alcune abitazioni sembravano vecchie e malridotte; l'asfalto stesso era spaccato in più punti e lo costringeva a procedere con prudenza, per non incespicare sui suoi passi. I pochi alberi che fiancheggiavano il vialetto erano spogli; innalzavano le loro lunghe e rachitiche braccia verso il cielo, implorando pietà. Il vento, che sempre più ferocemente li percuoteva, facendoli ondeggiare nella notte, divenne un angoscioso lamento.

Sfida di Scrittura Creativa 2.0 (APERTA)Where stories live. Discover now