56⭐ - @CarloMusacchio

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Lista 56

IL SOGNO DI ILARIA di CarloMusacchio

Quando chiuse la porta aveva i brividi

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Quando chiuse la porta aveva i brividi.

Appoggiò le spalle al muro cercando di respirare a fondo, per recuperare il controllo. Con le mani strette sulle tempie sentiva il suo cuore battere forte di un ritmo incerto, come quello impresso da un batterista alle prime armi. Solo dopo diversi minuti riuscì a mettersi seduta alla scrivania.

L'incontro appena terminato l'aveva riportata indietro di quindici anni, al periodo che aveva cambiato per sempre i suoi progetti, le sue amicizie, addirittura il suo matrimonio. Un uragano improvviso che aveva spazzato via la sua vita, lasciando devastazione come Katrina a New Orleans.

Oggi, in realtà, non avrebbe saputo dire se il cambiamento fosse poi stato del tutto negativo. Ma di certo, all'epoca, non era stato volontario.

La donna che era uscita dal suo studio, con l'accordo di rivedersi dopo sette giorni per una seconda seduta, le aveva raccontato il sogno che non la faceva dormire. Un sogno. Quel sogno.

Ilaria trasse un bicchiere di carta dal primo cassetto della scrivania e una bottiglia di Ki No Tea, un gin giapponese dolce ed elegante, dal secondo. L'aroma dello yuzu e la ricca dolcezza del matcha la aiutarono a calmarsi. Doveva ragionare, capire cosa fare. Annullò immediatamente i pochi appuntamenti che aveva nel resto della giornata. Non aveva la necessaria concentrazione per pensare ad altro, ed il suo mestiere di psicologa chiedeva di svuotare la propria testa per poter entrare in quella degli altri.

Si versò un altro goccio di liquore. Avrebbe preferito il contatto con un buon cristallo, ma il senso di precarietà dato dal bicchiere di carta era essenziale per evitare che la bottiglia si svuotasse troppo velocemente.

Consultò velocemente il file nel quale archiviava nome e posizione dei documenti relativi ai pazienti che aveva avuto in venti anni di professione. Tutti censiti per anno, insieme alle loro anagrafiche, alle fatture e ad un riassunto del loro caso. Di ciò che cercava, in realtà, ricordava tutto perfettamente, ma preferì non cambiare le proprie abitudini. Sempre una visione di insieme, prima di scendere nei dettagli.

Nel file c'erano principalmente dati amministrativi, mentre i suoi appunti, quelli presi nelle sedute durante le terapie, erano tutti cartacei. Pur essendo un'abile utilizzatrice delle tecnologie digitali, preferiva carta e matita per tutto ciò che succedeva quando era con un paziente. Sempre la stessa carta, a quadretti azzurrini, sempre la stessa matita. Nel rileggere gli appunti a distanza di anni si ricreava così lo stesso momento, come in un flashback cinematografico. E, come se ne avessero parlato solo pochi minuti prima, le tornava in mente ogni parola, ogni espressione, tutto il linguaggio non verbale usato per capire a fondo cosa avrebbe poi consigliato al paziente.

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