7. [2/2] (Non editato)

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Adriano lo squadrò di sottecchi con gli occhi appena sgranati.

Quella stupida osservazione sembrò metterlo in seria difficoltà e Fabrizio non seppe spiegarsi il perché.

Adriano smise di guardarlo e prese a rigirarsi il coltello tra le mani, esaminandone la lama come se si trattasse di un manufatto alieno. Poi poggiò la punta sulla tovaglia e lo fece girare tenendolo dal manico.

«Non esiste cosa più seccante di andare in gita con la propria ragazza. Tu non vorresti darti alla pazza gioia senza averla tra i piedi?» fece retorico con un sorrisetto furbo dipinto sulle labbra.

Stava candidamente ammettendo che le avrebbe fatto le corna altrimenti?

Non nutriva alcuna simpatia per Caterina Farnesi, era una persona troppo spigolosa e saccente per i suoi gusti, ma non meritava un trattamento simile. Che motivo c'era di stare con una persona quando sapevi benissimo che non saresti riuscito a restarle fedele?

Adriano si alzò dal tavolo prima che potesse dargli una risposta e si diresse con passo spedito verso le scale. Prima di raggiungerle, però, si fermò al tavolo a cui era seduta Caterina per depositarle un bacio sulla guancia.

Quello che lo colpì fu la rigidità di lei, il modo in cui aveva socchiuso gli occhi nel momento in cui le labbra del biondo l'avevano sfiorata. Aveva contratto i lineamenti in un'espressione di sofferenza, come se non avesse tratto alcun piacere da quel gesto.

Ce credo che la tradisce, guarda te che ghiacciolo, commentò Fabrizio nella propria testa.

Forse erano più strafatti di lui quelli che dicevano di averla vista baciarlo appassionatamente in cortile. Quella ragazza aveva un palo infilato nel culo, non riusciva proprio a capire che diamine ci potesse trovare di sexy in lei un uomo.

Chissà, magari fuori le piaceva mostrarsi frigida per qualche loro strano giochetto erotico e poi sotto le lenzuola si trasformava in un'assatanata, non era da escludere.

Si sgranchì le braccia sopra la testa ed emise un rumoroso sbadiglio, fra non molto avrebbe seguito l'esempio di Greco. Nicola stava conversando con De Santis e non era il caso di disturbarlo, perciò ripiegò sul suo secondo compagno di stanza, il quale sembrava appena più rilassato da quando Adriano si era congedato.

«Di' un po', come mai hai così tanta paura di lui?» gli domandò a tradimento, facendolo sobbalzare di un paio di centimetri sulla sedia.

Le guance di Lorenzo si imporporarono all'istante, per l'ennesima volta gli parve sul punto di collassare per la fifa. Era talmente timido che non riusciva neanche a guardarlo negli occhi, teneva lo sguardo impalato sulla tovaglia.

«Co-cosa? Pa-paura di Adriano? No, ti... sbagli» andò in iperventilazione.


«Pensi che sia cieco? Te la fai sotto ogni volta che lo guardi» controbatté Fabrizio canzonatorio, poi ridusse gli occhi a due fessure e si sporse verso di lui con un'aria inquisitoria. «Ti ha fatto qualcosa? A me puoi dirlo, non preoccuparti.»
Si sentiva protettivo nei suoi confronti ed era assurdo, lo conosceva da un'ora a stento.

«No, Adriano no, mai!» negò categorico il ragazzo, scuotendo con vigore il capo.

«Ma gli altri sì, non è vero?» insistette il rockettaro, ormai era diventata una faccenda personale.

Se c'era qualcuno che sapeva cosa voleva dire non avere nessuna autostima di se stessi quello era lui. Lorenzo annuì a malincuore e cominciò a sputare il rospo.

Era il secondo più bravo della classe, dopo Adriano, e i suoi compagni si approfittavano di lui per i compiti. Lo minacciavano di dargliele di santa ragione, se non li svolgeva al loro posto o non li lasciava copiare; mentre alle ragazze bastava fargli due moine per convincerlo a fare qualunque cosa, dato che per un verginello senza speranza come lui era l'unica opportunità di avvicinarsi all'altro sesso.

Ira. La Sindrome di Didone (Vol.3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora