5. (Non editato)

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Adriano si scostò dal muro su cui erano attaccate le fotografie e, dopo averle fatto fare un piccolo salto per evitare che gli scivolasse via dalle braccia, la riportò sopra il letto.

Avevano il fiatone e non riuscivano a smettere di accarezzarsi, come se le mani si fossero incollate alla pelle dell'altro e non volessero saperne di separarsene.

Si appagarono di nuovo con più calma, godendosi ogni attimo con un piacere quasi masochistico, e poi stettero a fissarsi negli occhi senza dire niente, incorniciati da un'aura di pace.

Adriano le stava sdraiato accanto a pancia ingiù con le braccia incrociate sotto la testa e il viso ruotato verso di lei, mentre lei lo guardava girata di fianco con il mento sostenuto dal palmo.

Cat da alcuni minuti faceva scorrere placidamente l'indice sulla sua schiena muscolosa, saliva sulla nuca e poi scendeva sul fondoschiena coperto in parte dal lenzuolo. L'unica fonte di luce proveniva dalle porte del balcone, le quali filtravano dei debolissimi raggi lunari che disegnavano figure tremolanti sul profilo statuario del ragazzo.

Dovevano essere le due e mezza circa, non ne era tanto sicura, aveva perso completamente la cognizione del tempo.

«Grazie per essere venuto» Cat spezzò quel silenzio con una voce rauca e assonnata, aggiungendo all'indice tutte le altre dita. Se Adriano le avesse dato retta all'inizio e se ne fosse andato avrebbe trascorso l'intera serata ad ascoltare gli aneddoti di gioventù di sua nonna anziché a letto con lui. Il biondo sospirò d'apprezzamento per i grattini languidi e allungò il braccio per giocherellare con un ciuffo dei suoi capelli. Oramai erano liberi dall'elastico, finito chissà dove in quel trambusto di corpi, lenzuola e vestiti.

«Non dovrei essere io a ringraziare te di questo?» la pungolò con quel sorriso insolente e sensuale che faceva mordendosi il labbro inferiore. Il suo viso era quasi totalmente inghiottito dall'oscurità, le uniche parti distinguibili erano gli occhi di ghiaccio, con quelle pupille così poco dilatate da dare l'impressione che la notte non potesse mai calare su di loro, e i denti bianchi.

«Sei un coglione!» sbottò Cat con un sorriso incredulo a incresparle le labbra, per poi sferrargli uno schiaffo sulla spalla. Adriano scoppiò a ridere con un'espressione trionfante e la afferrò a tradimento per farla rotolare sopra di sé.

Neanche Cat riuscì a trattenere una risata, sebbene ci avesse messo tutto l'impegno possibile. Restava incantata quando lui rideva in quel modo, le fossette facevano capolino sulle sue guance e si ritrovava a pensare che al mondo non esistesse niente di più bello. Portò le braccia dietro la sua schiena per stringerlo ancora di più a sé.

Amava la sensazione che le scatenava il corpo di lui quando aderiva al proprio; era meraviglioso sentirselo premuto addosso, avrebbe voluto restare appiccicata alla sua epidermide fino a perdersi dentro. Ciascuna parte di se stessa combaciava con quelle di Adriano come se fossero dei pezzi di un modellino a incastro. Il seno che si modellava al suo petto, i capezzoli di entrambi che si accarezzavano, il naso di Cat che sembrava essere stato plasmato apposta per infilarsi dentro la cavità della sua clavicola; le fessure create dai muscoli in contrazione delle sue spalle che corrispondevano alla perfezione alla forma delle falangi di lei.

Il sorriso spensierato si affievolì sulle labbra del biondo per lasciare spazio a un ghigno malizioso.

«Però ti piace questo coglione...» soffiò con gli occhi inchiodati alle sue labbra, di cui prese a tracciare il contorno col pollice. Aveva usato una cadenza ambigua, la sua non era né una domanda aperta né un'affermazione, quasi fosse alla ricerca di una conferma ufficiale.

Ira. La Sindrome di Didone (Vol.3)Where stories live. Discover now