Cicatrice

Quel portone non lo avrebbe mai digerito. Giorgio avrebbe voluto essere da qualsiasi parte fuorché lì. Vedere quell'immenso stabile dove l’impresa Rainolds alloggiava indisturbata gli rivoltava lo stomaco impedendogli di digerire come si deve, impedendogli un respiro rilassato. Ma allo stesso tempo sapeva che era la cosa giusta da fare, se voleva uscire da quella brutta situazione doveva giocare le sue carte una dopo l'altra fino a che non ne avesse più avute. Ci avrebbe rimesso? Certo che sì. Viola lo avrebbe odiato? Molto probabilmente, ma quello era l'unica effettivo modo per rimediare al suo errore. Oltrepassò quelle porte, che per la prima volta fecero un rumore pungente, un cigolio che dava l'impressione di vecchio, si capiva che dopo le vacanze nessuno ci avesse messo mano.

L'ultima volta che aveva messo piede in quel posto era stato per ottenere l'ennesima schiaffo, per farsi bastonare come un cane anche davanti all'evidenza che fosse solo una vittima di tutto uel giro losco di illegalità, ma lo avevano tirato dentro talmente bene che di vittima nessuno ci avrebbe visto nulla. Ecco il perché della sua decisione: se dovevano finire al baratro, lo avrebbero fatto tutti e due senza distinzioni. In fondo il grande titolo di proprietaria di una delle aziende più famose di Londra non avrebbe di certo tenuto al sicuro Amanda, e Giorgio avrebbe pagato quello che meritava.

Passò una mano sul corrimano della scalinata, notando quanto gli addetti alle pulizie avessero eccesso con le ferie. Un alone grigio gli rimase sul palmo, e fu costretto a pulirlo sulla camicia da boscaiolo. L'ingresso dell'impresa non si presentò diverso dal solito: sempre pieno zeppo di forniture uniche e particolari, dal più piccolo ditale al più grande dei pendoli, con quelle forme esotiche, di animali ormai dimenticati e dai tessuti pregiati - chissà quanti bambini del terzo mondo aveva ingaggiato per fare sì che uscissero bene, quei pezzi rari. Era un pensiero orribile, ma conoscendo l'indole di quella donna, Giorgio lo credeva del tutto possibile e perfettamente nei suoi standard. Sfilò in mezzo a quei pezzi con aria di disprezzo, cercando di non incrociare lo sguardo vuoto di un panda minore che si arrampicava figuratamente su un ramo di plastica, del tutto simile ad uno vero in legno. Quasi inciampò su un tappeto arrotolato, doveva essere caduto dalla sua posizione iniziale, ma non ebbe voglia di rimetterlo a posto. Avrebbe tanto voluto calciarlo.

Entrò nello studio senza nemmeno bussare. Si annunciò con un colpo di tosse. Amanda alzò pigramente lo sguardo mezzo annoiato, e quando si vide davanti il cacciatore, le sfuggì uno sbuffo rassegnato: “Di nuovo tu…” disse posando la penna con la quale stava compilando delle ricevute, “Devo ammettere che non ti arrendi mai”.

“Se pensavi che potessi nascondermi per sempre, hai fatto male le tue previsioni” dichiarò Giorgio spostando una sedia e sedendosi a cavalcioni, tenendola al contrario, “Io e te abbiamo una questione molto importante di cui parlare”.

“Lo sai benissimo che non abbiamo più nulla da dirci” Amanda esce un gesto brusco con la mano, quasi per intendere che non lo volesse intorno, “Quello che dovevamo chiarire ormai è accantonato da settimane. Mesi anzi”.

“No invece” Giorgio si sporse sulla scrivania, la sedia emise un lieve scricchiolio, “Non abbiamo affatto finito”. Era la prima volta che sentiva tanta sicurezza davanti ad una donna del suo rango. Nei casi precedenti, parlare con Amanda Rainolds lo aveva sempre fatto sentire a disagio o sbagliato, differentemente da quel momento in cui sapeva benissimo dove mirare, senza bisogno della luce laser o del mirino a fargli da supporto: “Penso che tu debba iniziare a guardarti bene, Amanda. Perché quello che sto per dirti non ti piacerà”.

Wolf's EyesWhere stories live. Discover now