17. Un disastro imminente

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Lucas
Sfessai un'altro pugno al sacco da boxe, che in tutta risposta si sganciò dalle catene attaccate al soffitto volando contro il pavimento e scivolando a terra. Mi passai una mano sul viso dalla frustrazione. Io non perdevo il controllo. Non lo perdevo mai e non permettevo a nessuno di farlo. Non donavo a nessuno quel potere. Eppure lei se l'era preso con la forza.
La porta di ferro della palestra si aprì richiudendosi con il suo solito tonfo. Sospirai esasperato.
Sapevo già chi era e cosa volesse da me. Mio fratello.
Mi girai per mandarlo via ma davanti mi trovai la mora.
«Alyssa» aggrottai la fronte.
«siediti» mi ordinò indicando la panca.
Fu lei la prima a sedercisi a cavalcioni, poi io la seguii.
Iniziai a slacciare le fasce aspettando che parlasse.
Ancora non aveva proferito parola quindi la guardai incitandola silenziosamente.
«devi parlare con Juliette» finalmente parlò.
Roteai gli occhi annoiato. Come se non lo sapessi già.
«non... di quello» specificò rendendomi di nuovo confuso.
Sembrava non riuscisse a pronunciare ciò che pensava.
«vuoi dirmi a cosa diavolo ti riferisci?» mi irritai. Non avevo tempo da perdere e lo sapeva bene.
«tu, lei, Leo ma soprattutto tu e lei, voi» si protese verso di me. Feci un passo indietro.
«non esiste nessun voi o noi» asserii provando a troncare il discorso sul nascere.
Mi rise in faccia prendendomi in giro.
«sappiamo tutti e due che non è così» si fece seria.
«sappiamo tutti e due che l'unica ad essere così cieca è Juliette, tutti gli altri si sono accorti come la guardi, come reagisci» e sapevo perfettamente a cosa si stesse riferendo.
«sai che c'è? Non sono qui per questo» si allontanò ritrovando la sua compostezza.
«devi parlare con Juliette di Elaine»

Pazienza, tranquillità, gentilezza. Ecco cosa ci voleva con Juliette, cosa mi aveva consigliato Alyssa.
E le avrei trovate per lei. Ma di che diavolo stai blaterando?
Presi un respiro profondo prima di bussare.
Aspettai di udire 'avanti' prima di entrare.
Notai il mutamento del suo volto nel momento in cui si accorse, che non ero chi si aspettasse.
Erano giorni che non si muoveva da quel letto e giorni che non parlavamo. Non si muova se non per andare in bagno. Vederla stare male in quel modo era straziante. C'erano giorni un cui non riusciva neanche a muoversi dal letto tale era la pressione che avvertiva. La descriveva coma un'enorme peso che la attraeva verso il centro della terra. Certi giorni sentiva un male alle ossa tale da farla urlare, come se sfregassero tra loro e potesse sentirlo. Ora capivo il significato di impotenza.
Non mi avvicinai. Richiusi la porta dietro di me e sostai al centro della stanza. Non so cosa aspettassi. Sapevo soltanto che avevo paura della reazione che avrebbe avuto se mi fossi avvicinato.
Non aveva ancora uscito il viso da sotto le coperte ma la sentii singhiozzare e librarsi nell'aria un lamento sommesso. Non esitai, non ebbi neanche il minimo dubbio. Mi precipitai da lei e le levai la coperta. Scoprendo il suo volto bianco come mai prima d'ora. Il suo pallore riusciva quasi a nascondere del tutto le sue piccole lentiggini.
Respirava affannosamente. Vedevo che provava a trovare una posizione più comoda ma ogni movimento era fonte di dolore.
«aspetta» la bloccai protendendomi verso di lei.
La presi delicatamente per le spalle facendola sollevare a mezzo busto. Delle lacrime continuavano a caderle sulle guance. Segno che la dura spalliera del letto non le donava sollievo. Non c'era altra risposta, non c'era altro gesto. Mi levai le scarpe stando attento a non lasciare che la sua schiena aderisse con la spalliera, poi feci scivolare una gamba nel letto sedendomi dietro di lei. Quando la schiena di Juliette venne a contatto con il mio petto un sospirò di sollievo lasciò le sue labbra. Il suo respirò tornò regolare e anche io trovai un po' di pace.
«Lucas» pronunciò il mio nome quasi sul punto di scoppiare a piangere di nuovo.
«shh» provai a tranquillizzarla accarezzandole la fronte madida di sudore. Con l'altra mano presi la coperta per poterla coprire di nuovo.
«sto per morire? Sto troppo male per una semplice febbre» un altro lamentò uscì dalla sua bocca quando mosse la testa per trovare una posizione più comoda sulla mia spalla.
«ma no, certo che no piccola banphrionsa» la tranquillizzai provando a stringerla a me senza farle del male.
«allora perché sto così male? Io mi sento morire» le accarezzai di nuovo la fronte.
«è solo una febbre, amplificata, non so perché, dal cip, starai bene piccola» la aiutai a girasi su un fianco.
Pochi secondi dopo crollò in un sonno compatto. Aveva poggiato l'orecchio sul mio petto. Proprio sopra il cuore. Avevo imparato che quel suono riusciva a cullarla in un sonno privo di incubi. Ero un bravo osservatore. La febbre e i dolori l'avevano portata allo stremo delle forze, ne fui grato che potesse dormire e tornare a stare meglio. E anche io crollai dopo di lei. Aspettai che si fosse addormentata.
La regina era disperata. Non l'avevo mai vista così. Ma Juliette era una delle cose a cui teneva di più al mondo. E come tutti noi avrebbe dato qualsiasi cosa per prendere un po' del suo dolore e renderlo proprio. Quella mattina, ormai senza più speranze, chiamò lo scienziato ideatore del cip. Lo avrei ucciso quel farabutto. Chi poteva creare una cosa del genere e iniettarla in una bambina? Era solo una bambina.

Decisi di evitare il discorso Elaine. Non era in se e continuava a blaterare su cose senza senso, talvolta senza un nesso logico. E io ridevo. Non sapevo cos'altro fare, era involontario. E lei si arrabbiava, mi metteva il broncio e incrociava le braccia come fanno i bambini. E io ridevo, ancora di più. Allora anche lei iniziava a ridere. E mi rivolgeva un sorriso vero. Poi mi ricordai che, una volta tornata in se, non me ne avrebbe più rivolti. Non dopo ciò che avevo in mente di fare.
Quindi decisi di approfittarne. Di approfittare di quegli ultimi raggi di luce, di assorbire per un'ultima volta la mia piccola luce nell'oscurità. Decisi di godermi quegli ultimi momenti come se fossero gli ultimi perché molto probabilmente lo sarebbero stati. La abbracciai come se da quel momento in poi non avessi più potuto farlo. La strinsi a me con impeto tenendo sempre ben a mente il dolore che in quel momento si era impadronito del suo corpo. E poi feci di tutto per renderla felice. Guardai il suo cartone animato preferito, Rapunzel. E mi chiesi perché non potesse essere sempre così. Iniziai a pensare di essere ubo stolto che tutte le forze che usavo per allontanarla potevo canalizzarle per tenerla con me ed essere la versione migliore di me solo per lei. Poi rinsavii e ricordai perché non tutto ciò non fosse un'opzione.

Si era addormentata nel momento in cui Rapunzel stava avendo il suo flusso di coscienza su quanto le sue scelte fossero sconsiderate. E approfittai anche di quell'occasione. Ne approfittai per poter fissare nella mia la sua immagine beata sul mio petto. I lunghi capelli rossi le cadevano di lato mentre il suo viso girato era appoggiato sul mio petto. Le scostai una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso. Durante quel gesto sostai qualche secondo nella cavità tra il viso e il collo accarezzandogliela. E un piccolo sorriso si fece largo tra le sue labbra.
La sua presa sul mio bracciò si intensificò.
«non lasciarmi Lucas» sussurrò come un gemito a fior di labbra.
Non rendere le cose più difficili. Pensai.
E la accarezzai un'ultima volta.

Avevo bisogno di fare alcune cose prima di lasciarla andare del tutto. Finalmente avrei adempito ai miei doveri. Sarei stato solo e soltanto il suo bodyguard. Niente di più, niente di meno.
Quando qualche ora dopo si svegliò riscaldata dai dolci raggi del tramonto ebbi il coraggio di farle una domanda che mi straziava il cuore. Forse ero meschino a porgliela mentre era sotto di effetti deliranti della febbre. Ma in realtà ero un codardo perché non avevo il coraggio di fargliela quando era cosciente e nel pieno controllo delle sue facoltà cognitive. Avevo paura di come con i suoi grandi e abissali occhi azzurri, accompagnati da dolci parole sarebbe riuscita a convincermi di non agire in quel modo. Per lei esisteva un'altra soluzione a tutto, ma il mondo non era tutto pace, amore e unicorni vomita arcobaleni.
«Juliette» richiamai la sua attenzione accarezzandole la guancia.
Non mi ero mai spinto così oltre. Non avevo mai ceduto così tanto al desiderio impellente di toccarla.
«Si Lucas?» Lucas, il mio nome sembrava così diverso sulle sue labbra.
«promettimi che un giorno mi perdonerai» proruppi con il fiatone, come se avessi appena corso una maratona.
«beh in realtà io ti ho già perdonato» mi stupì. E inevitabilmente sgranai gli occhi. Ma lei questo non poteva vederlo.
«ma se non sai neanche di cosa parlo» dissi accompagnando quelle parole con una piccola risata isterica.
«Lucas io ti perdono tutti i tuoi sbalzi d'umori, ho capito perché mi tratti così» si sbattè un palmo sulla fronte «come ho fatto ad essere così stupida» si girò su se stessa per potermi guardare negli occhi.
Il mio battito cardiaco iniziò ad accelerare. E una sensazione destabilizzante mi percorse tutto il corpo. Iniziava a mancarmi l'aria. Paura, terrore che fosse riuscita realmente a leggere tra le righe dei miei comportamenti.
Le portai una ciocca, che si era ribellata durante la sua giravolta, dietro l'orecchio per poterla ammirare meglio.
Da fuori nessuno avrebbe mai potuto capire la lotta e il caos che mi portavo dentro ma d'altronde ero una statua di ghiaccio.
«ma tanto io ti perdonerò sempre tutto Lucas»
Cazzo.

Nota dell'autrice
Scusate se non ho pubblicato ma ero entrata nel blocco dello scrittore.
Ah e comunque mi sono resa conto che le note che metto non mi rispecchiano mai, cosa sbagliatissima perché non abbiamo altro modo di comunicare, anche perché su tiktok non è proprio facile.
Inoltre il capitolo molto probabilmente non avrà un titolo per un po'. Non per chissà quale plot twist in arriva ma perché non so che mettere.
Per farmi perdonare questa settimana DOVREBBE uscire un secondo capitolo. Ma spero ormai mi conosciate e sappiate come io provi a essere il più costante possibile seppur peccando certe volte.
So che leggere questo capitolo sarà 'difficile' perché comunque preannuncia un disastro imminente ma anche per me è stato difficile, soprattutto sapendo la prossima cazzata (scusate) di Lucas.
E spoiler: non sarà l'ultima

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