15. Nell'immensità delle tue braccia

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E chi si ostina a non ammettere la forza di un abbraccio
è un pazzo, e un cieco.
-Ivory Anderson

Qualche ora prima
«forse ti illudi da sola ragazzina» eppure quelle parole stonavano con il suo atteggiamento.
La sua bocca si muoveva e diceva una cosa ma il suo corpo ne diceva un'altra.
Questa volta fui io a mandarlo via. Mi stringeva ancora a se nonostante le cattiverie che mi aveva appena rifilato. Forse la pugnalata peggiore era stato il suo tono di voce. Disprezzo. Ecco cosa gli leggevo. E dopo aveva avuto il coraggio di stringermi a se e tornare come nulla fosse.
Mi dilegua saltando fuori dal letto. Come se mi fossi appena scottata. Perché effettivamente era così.
«vattene via» sputai acida. Non lasciai trasparire nessuna emozione. La rabbia, lo sgomento, la delusione, e l'inaspettatezza di quella reazione. Ma ormai da lui dovevo aspettarmi di tutto.
Prese le sue cose e scappò via. E io ne fui grata. Aspettai di non udire più i suoi passi. Segno che ormai doveva essere arrivato dall'altra parte del castello. Presi il mio elastico sul comodino facendomi una treccia sbarazzina. Poi corsi in palestra.
Avevo bisogno di sfogarmi. Sentivo la necessità di prendere a pugni qualcosa. E se non fossi andata lì sarebbe stato un qualcuno.
Non mi interessava se non avevo i guanti. Non mi interessava se non indossavo neanche le fasce o la tuta. Non mi interessava del dolore che si propagava ad ogni colpo. Perché avevo bisogno di sentirlo. Il sangue che gocciolava. Le gocce che zampillavano e si andavano ad adagiare al suolo. E la sensazione di piacere che aumentava con il dolore. E il mio sorriso che svaniva. E le lacrime che minacciavano di uscire. E avrei voluto colpire anche loro. Volevo anche urlare. Ma se l'avessi fatto l'avrebbe sentito. Forse sentiva addirittura i miei singhiozzi. Ma per me poteva farsi fottere.
Bum. La porta massiccia che sbatteva. Dei passi. Uno...due...tre...quattro. Ma si fermarono a debita distanza. Sentivo il suo respiro. L'aria che riempiva i suoi polmoni e poi quest'ultimi che si svuotavano.
«Leo» lo chiamai. La mia voce uscì tremolante.
«July» mi chiamò. Era preoccupato.
Lo sentii esitare. Non si avvicinò subito. Poi le sue mani sulle mie spalle. Il suo respiro caldo sul mio collo. E la tranquillità che si impadroniva lentamente di me. Tornai a respirare. Adesso anche i miei polmoni si riempivano di aria.
Raddrizzai la schiena. Poi mi girai verso di lui. I miei occhi si incatenarono ai suoi. Due azzurri, così simili e allo stesso tempo così diversi.
Prese dolcemente le mie mani. E le osservava adagiate nelle sue. Le mie erano indecenti per una principessa. Screpolate, piccole e con le nocche rotte che si erano riaperte troppe volte. Le sue perfette, morbide, grandi. Eppure riuscivano ad essere più delicate delle mie.
Le avvicinò al suo volto. A un soffio dalle sue labbra. E poi quel contatto avvenne. Le sue labbra si poggiarono sulle mie nocche. Erano morbide, carnose. Non riuscii a fare a meno di fissarle. In realtà fissai tutta la scena come ammaliata dal potere che riusciva ad esercitare.

Adesso eravamo nel bagno della palestra. E mi stava medicando. Non so come riuscissimo a finire tutti quanti sempre in quella situazione. Sorrisi pensando.
«chissà come mai finiamo sempre così» diede vita ai miei pensieri.
Sorrisi sgranando gli occhi. Era riuscito a leggermi nella mente.
«non penso troveremo mai una risposta» e gli sorrisi. I miei occhi si incatenarono di nuovo ai suoi. Un azzurro ghiaccio ammaliante. Erano resi tale dalla fusione di varie tonalità di blu e azzurro. Non era una mutazione graduale, dalle colorazioni più chiare a quelle più scure. Ma era l'accostamento delle varie tonalità che creavano un movimento simile a quello del mare.
«che succede piccola
Gli rivolsi uno sguardo di spiego, per fargli capire che era ovvio.
«ha solo un nome quello sguardo: Lucas, sa essere davvero stronzo» ammise.
Poi però continuò:«ma vuole solo proteggerti» nel frattempo era riuscito a finire la prima mano.
«si certo, il classico protagonista dei miei libri che vuole proteggerla allontanandola, ma per favore» alzai gli occhi al cielo.
«se solo sapessi» ma non capii a cosa si stesse riferendo.

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