2. Sono una principessa

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"No non ho capito" risposi con la bocca piena di torta. Eravamo nelle cucine, odiavo mangiare nella sontuosa sala da pranzo quindi avevo chiesto a Joe se potessi mangiare con la servitù. Logicamente mi rispose che io potevo fare tutto quello che volevo.
"Che novità" disse Marco.
"Allora, tu sei la principessa d'Inghilterra, io dell'Alaska e Marco della Spagna. Anche noi abbiamo i superpoteri, come dice lui, - pronunciò con disappunto guardandolo- e i nostri genitori sono amici quindi hanno deciso insieme di crescerci in Italia. Non pensavo fosse difficile" sbuffò esasperata.
"È tutto..." non esistevano parole per descrivere quella situazione.
"assurdo" concluse Marco al posto mio. La cucina era bianca e moderna. Aveva un'intera parete formata da credenze e una penisola al centro. Marco fece il giro e mi venne ad abbracciare da dietro. Non era stata male come prima notte. Avevo loro.
"Banphrionsa può venire un attimo" mi chiese Lucas facendo il suo ingresso nelle cucine.
"Ok" risposi mentre mi faceva strada.
In lontananza sentii chiedere:"Ma come l'ha chiamata?".
"Dammi del tu mi fai sentire vecchia e di certo non lo sono"
«tua nonna vuole vederti» non mi rispose ma almeno mi diede del tu.
E poi non disse altro per i tre immensi corridoi che attraversammo fino allo studio di mio nonno.
Mi sentivo anche un poco a disagio per via del mio pigiama formato da una canottiera bianca, una felpa con la zip nera e dei pantaloncini grigi, con le nuvolette stilizzate e i lacci rosa, non ho nemmeno le ciabatte ma i calzini, odio i piedi caldi.
Entrai nello studio di mio nonno e trovai la solita Loretta, mia nonna, e fortunatamente non la regina, era quello che mi creava più ansia trovarmi una donna diversa da quella che mi aveva cresciuta con mia madre, scomparendo di tanto in tanto.
«piccolina mia» disse vedendomi e abbracciandomi.
«ho una cosa per te» annunciò avvicinandosi a uno dei cassetti della scrivania. Mi passò una lettera.
La aprii fremendo dall'eccitazione. Era...vuota. Ma che senso ha.
"Non chiedere perché non saprei che risponderti. Tuo padre Adriano me l'ha data così e fino a due secondi fa non avevo idea di che cosa contenesse".
"Ora ti devo lasciare ho da fare, e anche tu"
Era sul ciglio della porta quando si ricordò qualcos'altro "domani ti inizi le lezioni e puoi usare i passaggi segreti" speravo fosse qualcosa sulla lettera.

"Non capisco che senso ha" dissi a Leo.
Stavamo passeggiando per i giardini della tenuta. Avevo avuto bisogno di aria.
"Non so che dirti Juju, magari il senso è non avere un senso" mi guardo negli occhi e non riuscii, scoppiai a ridere.
"Ma non ha senso" riuscii a pronunciare tra una risata e l'altra "appunto".
Qualcuno mi prese con forza per il braccio e istintivamente gli presi il polso girandoglielo e buttandolo a terra, salendo a cavalcioni su di lui. Era Lucas e gli tenevo i polsi fermi ai lati della testa. Non avevo mai provato prima d'ora i miei poteri.
"Come hai fatto?" Disse scioccato guardando prima me e poi il fratello che continuava a ridere.
"Io- non lo so, non ne avevo idea"
Iniziai a rallentare la presa e a vedere tutto bianco e nero.
Sentivo urlare il mio nome. Poi il vuoto.

Juliette
Mi sentivo indolenzita e come se qualcosa mi schiacciasse il lato destro del corpo. Aprii gli occhi per capire. Era notte. L'unica fonte di luce era la lampada a forma di luna sul mio comodino. Il peso era Alyssa che si era addormentata su di me. Marco dormiva su una poltrona. Anche Leo era crollato. L'unico sveglio era...«Lucas».
«buongiorno principessa, o meglio buonanotte» era appoggiato alla mia libreria e la luce della lampada lo illuminava a malapena.
Sgusciai via da sotto Alyssa sedendomi sul bordo del letto.
Lui si avvicinò ma non troppo logicamente, distanza di sicurezza.
«hai fame?» in tutta risposa il mio stomacò brontolò.
Sorrise «lo prendo come un si».
Mi fece strada per i lunghi corridoi, camminava a 2 metri di distanza da me. Era notte fonda, l'unica fonte di luce era la Luna. Ci vollero 10 minuti per arrivare nelle cucine. Essendo notte fonda era deserta. Non entrò. Si bloccò sulla soglia della porta dandomi le spalle. Aprii il figo e mi preparai un sandwich al prosciutto. Lo tagliai in due triangoli.
Protesi la mano con l'altra metà verso di lui:«vuoi?» gli chiesi gentilmente.
«no» rispose in modo secco freddamente, «grazie» aggiunse, con un tono più dolce.
«non c'è bisogno che stai sulla difensiva, siamo al sicuro» lo rassicurai tra un boccone e l'altro.
«certo» alzò gli occhi al celo e si girò di nuovo dandomi le spalle.
Finii il mio sandwich in silenzio intrattenendomi con i miei pensieri.
Mi riaccompagnò in camera mia ma nel tragitto osservando la Luna volli uscire fuori.
«ho bisogno d'aria» di una vacanza, una canna e del whisky.
«certo» ma sai dire qualcos'altro che non sia CERTO? Muto, un mimo.
«sai dire qualcos'altro che non sia certo?»
«certo» si mise a ridere ma io non riuscivo più a sopportarlo.
Lo presi dal braccio buttandolo a terra e salendo a cavalcioni su di lui.
La seconda volta in un giorno che uso il cip, wow. Anche meno.
«tutto bene?» mi chiese allarmato.
«certo» gli feci l'occhiolino e mi rialzai. Gli sentii sfuggire una risata.

Princess Treatment Where stories live. Discover now