3. (Non editato)

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Leo si addossò al lavandino e incrociò le braccia al petto con fare sostenuto. Lo spazio in cui potevano muoversi era esiguo e sicuramente voleva mettere un minimo di distanza tra loro.

«Di cosa? Del fatto che ti ho baciata, che ignori i miei messaggi o che mi hai mentito?»

Aveva ragione da vendere e non sapeva neppure da dove iniziare per chiedergli scusa.

«Lascia che ti spieghi» sospirò Cat, protendendosi verso di lui.

L'altro sollevò una mano per intimarle di restare dov'era.

«No, sai una cosa? Non mi interessa. Sono venuto qui per pisciare e vorrei un po' di privacy, se permetti» la freddò lapidario indicandole la porta. Poi si slacciò la cintura e iniziò a sbottonarsi i jeans con noncuranza. «O vuoi restare a guardare?» aggiunse provocatorio, sicuro che almeno così se ne sarebbe andata.

Non aveva voglia di parlarle, era troppo amareggiato per concederle quell'udienza, Cat lo aveva capito.

«Non mi scandalizzo mica» lei piantò fermamente i piedi per terra e incrociò le braccia al petto con aria superba, a fare intendere che non si sarebbe mossa.

Leo ruotò lentamente il corpo verso di lei, turbato: non si aspettava una risposta di quel tipo.

«Va bene, contenta tu» elargì aspro, massaggiandosi la tempia con un verso di esasperazione.

Cat gli fece la cortesia di dargli le spalle.

«Siamo andati a letto a Capodanno, è vero. Non te l'ho detto solo perché me ne vergognavo. Avevo paura di quello che avresti potuto pensare di me, mi dispiace» iniziò cauta, consapevole che l'avrebbe presa per una codarda.

Era la verità, se glielo avesse detto avrebbe fatto la figura di quella che predicava bene e razzolava male. Lei giudicava tutti dall'alto in basso, si erigeva a paladina della razionalità e a detrattrice delle passioni: quell'immagine avrebbe fatto a cazzotti con l'attrazione fulminante provata per Adriano.

Lei, allergica a qualsiasi forma di relazione amorosa e restia all'idea di concedersi a uno qualunque, era andata a letto con l'Imperatore degli stronzi. Si sarebbe mostrata diversa dall'idea che gli aveva sempre dato di sé.

«Cioè che fossi un'ipocrita? Sai, nemmeno me la sarei presa, se non mi avessi ammorbato i coglioni per due anni con la storia che non avevi bisogno di un ragazzo e che eri troppo superiore per finire a letto con uno stronzo come tutte le tue coetanee. E invece t'è bastata una notte con lui per cambiare idea» la sfotté lui con astio.

«Non ho cambiato idea, Leo. Non è come pensi, io non provavo niente per Adriano all'epoca, mi ha anche umiliata la mattina dopo. Ci siamo avvicinati soltanto in seguito, quando lui si è mostrato diverso... Ma non ha fatto altro che ingannarmi per tutto questo tempo.» Cat provò a reprimere la sua rabbia, voleva rinnegare con tutta se stessa ciò che lei e Adriano avevano condiviso. Voleva impedire a Leo di pensare di essere stato rifiutato da ubriaco a causa di un sentimento per il biondo che nemmeno esisteva.

Quando sentì il rumore dello sciacquone e poi quello dell'acqua del rubinetto decise di voltarsi.

Leonardo si stava lavando le mani nervosamente. «Che vuoi dire?» chiese, guardandola attraverso lo specchio con uno sguardo penetrante.

«Mi ha detto tutto della vostra conversazione. Compresa la parte in cui lo hai beccato a provarci con un'altra e quella in cui mi ha ceduta a te come se fossi una concubina del suo harem» scandì lei, saggiando sulla lingua l'acido di cui era imbevuta ogni parola.

La sua stessa saliva sembrava aver preso il sapore del veleno.

Leo assunse un'espressione concentrata e misteriosa al medesimo tempo, per diversi secondi le sembrò risucchiato nel vortice dei suoi pensieri; poi la vide rischiararsi, come se avesse finalmente individuato un errore di calcolo in un'equazione.

Ira. La Sindrome di Didone (Vol.3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora