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Amir gli aveva detto che ci sarebbe stata anche Nora e si stava preparando mentalmente a rincontrarla da giorni ma nel momento in cui mise piede nel ristorante scelto dalla società per la cena, iniziò a sentirsi agitato. La cravatta gli stringeva la gola e non lo faceva respirare bene, le scarpe gli stringevano troppo i piedi, la cintura gli stava stritolando lo stomaco.
«Pasquale, buonasera!» il primo che incontrò fu il capitano che lo salutò calorosamente passando poi a Tonia.
«Dove hai lasciato Clarissa?» chiese la moglie al toscano.
«È in giro a salutare tutti gli invitati, ormai è una vera capitana. Mi sembra che fosse vicino al tavolo con la dottoressa Clemente e Amir...» si fermò e si girò indicando il tavolo. Tonia sbiancò e annuì.
«Va bene grazie, sicuramente ci incontreremo per salutarci.»
Si salutarono e andarono al loro posto.
«Tu lo sapevi?»
«Non iniziare» rispose passandosi un dito tra il collo della camicia e il pomo d'Adamo.
«Lo sapevi sì o no?» bisbigliò a bassa voce digrignando i denti.
«Me l'ha detto Amir l'altro ieri, sì, lo sapevo.»
«E perché non me l'hai detto?»
«E perché te lo dovevo dire?»
La donna sospirò rumorosamente e poi si alzò per salutare la moglie di Mario Rui.
«Vedi di non fare sciocchezze» disse a Pasquale dopo essersi riseduta accanto a lui.
«Cos'è? Una minaccia?»
«Tu non fare sciocchezze.»
«Tonia...» si prese una pausa di qualche secondo e poi continuò. «Tu senza di me non sei nessuno. Quindi fai la brava qua al tuo posto e non mi far innervosire pure stasera. Se avessi voluto tornare con lei lo avrei già fatto, non mi serve questa serata. E se non l'ho fatto ancora è solo per mia figlia, non per te» la guardò fisso negli occhi e poté vedere la rabbia accendersi nelle sue iridi scure. «M'è capito?»
«Sì.»
«Brava. Sorridi e mangia, stai serena» la rassicurò ma sapeva già di star mentendo. 
Aveva in mente di avvicinare Eleonora dal primo momento che l'aveva vista quella sera, quando era stato Giovanni ad indicarla.
Era bellissima avvolta nel suo vestito nero che le scopriva il decolleté e le spalle. Gli occhi erano marcati da una matita nera e da tanto mascara, così tanto da farle sembrare gli occhi più scuri del solito. Le labbra leggermente rosate e lucide gli fecero sobbalzare il cuore in petto e per qualche istante sentì l'irrefrenabile desiderio di andare lì e baciarla davanti a tutti, ma non lo fece. Non lo fece perché non voleva fare scandali, non era giusto per nessuna delle parti in causa. Così si mise in disparte, seduto al suo tavolo a guardarla da lontano che rideva e scherzava con delle sue colleghe, poi con alcune mogli dei suoi compagni di squadra e poi anche con Amir. Era geloso di lui ma non nel solito modo in cui si è gelosi di una donna che è stata con te, no. Pasquale era geloso del fatto che il kosovaro potesse ridere e scherzare con lei, che le potesse dire all'orecchio quelle sue stupide battutine dementi che la facevano sorridere con gli occhi, che le potesse offrire da bere, che la potesse sfiorare e sentire il suo profumo. 
Era geloso di tutto quello e di molto altro. E nelle sue vene il sangue era sempre più bollente, ribolliva dalla voglia di starle vicino e parlarle anche solo per un'ultima volta. Così quando, a metà serata circa, la vide alzarsi e andare fuori a rispondere al cellulare la seguì approfittando di un momento di distrazione di Tonia. 
Quando uscì fuori al terrazzo Eleonora stava tornando indietro dopo aver terminato la telefonata e se lo ritrovò di faccia.

«Pasquale...»
«Shhh» si appoggiò un dito sul naso e si slanciò verso di lei, abbracciandola. Lei non partecipò, anzi, era ogni secondo che passava più tesa e fredda.
«Pasquale, per favore...»
«Cosa? Per favore cosa Eleonò? Io sto perdenno 'a capa senza di te, lo capisci questo o no?»
«Tu non stai bene Pasquale, fammi andare a sedere.»
«Perché non sto bene? Sono sincero con te Nora, stasera sono sincero.»
«Quando mi hai lasciata mi hai detto le peggio cose dopo avermi promesso mari e monti. E io oggi dovrei credere a queste tue parole? Non sono così stupida da ricascarci.»

Ogni tanto il calciatore dimenticava quel particolare: l'aveva trattata malissimo e le aveva detto delle cose tremende, era ovvio che lei ora lo odiasse. Lo dimenticava perché erano cose che non aveva mai pensato e che non avrebbe mai voluto dire e quindi il suo cervello ogni tanto le cancellava. Come poteva spiegarle che quelle cose erano tutte menzogne e che non le pensava? Che era stato costretto a dirle? E soprattutto, poteva farlo? Cosa ne sarebbe stato poi del suo rapporto con sua figlia?

«Devo andare, fammi passare Pasquale.»

Lui si era posizionato davanti alla porta e non la lasciava passare, ma a quella sua richiesta, si spostò e la fece passare. O almeno così le diede a capire per poi sovrastarla e spingerla delicatamente con le spalle sulla porta azzerando la distanza tra i loro corpi.
Appoggiò la sua fronte a quella della ragazza e chiuse gli occhi. Lentamente le prese le mani e gliele strinse per poi portarsele alle labbra baciandogliele. Abbassò leggermente il viso e le sfiorò il naso col suo come facevano sempre quando stavano insieme, in ultimo fu la volta delle labbra. Si sfiorarono e un brivido lo percorse dalla punta dei piedi alla testa. 

«Te lo giuro, voglio solo a te.»

A quelle parole il cuore di Eleonora iniziò a battere troppo veloce e dovette trattenere le lacrime. Perché si stava comportando così con lei? Perché non la lasciava in pace?

«Mi fai stare male così, Pasquale. Lo capisci?» rispose con la voce spezzata e poi si staccò di qualche centimetro da lui.
«Eleonora, per favore...»
«Per favore cosa? Non puoi andare e tornare quando cazzo ti pare.»
«Io... ci sono delle cose che non sai e che ti voglio spiegare ma non ora.»
«Non lo so, non so se voglio ricominciare questa cosa Pasquale, veramente. Mi sto riprendendo ora e onestamente ricadere in questa cosa per me sarebbe solo un male. Lasciami tornare dentro.»
«Per piacere Nora, credimi, sono sincero con te e lo sono sempre stato...» appoggiò di nuovo la sua fronte a quella della dottoressa e le prese il viso tra le mani tremolanti.
«Sincero come quando mi hai detto che volevi una famiglia con me? Dei figli, una casa?»
«Ero sincero, sì, queste cose le voglio ancora e solo con te.»
«Sincero come quando mi hai detto che ero l'unica storia seria al di fuori del matrimonio che hai avuto e invece ho scoperto che anche questa è una bugia?»

Ma che stava dicendo? Pasquale si stranì e strinse gli occhi cercando di decifrare ciò che la ragazza gli stava dicendo.

«Certo che sei stata l'unica, è la verità.»
«A me tua moglie ha detto altro. E ora se vuoi scusarmi, devo rientrare e dovresti farlo anche tu.»
«Eleonora, no, per favore Eleonò...» non riuscì a fermarla e la ragazza gli sfuggì via.
La lasciò andare e tramite una porta secondaria che dava nei bagni se ne andò lì e dopo qualche minuto tornò a tavola.

Per tutto il resto della serata non fece che pensare a quell'ultima cosa che Eleonora gli aveva detto: sua moglie le aveva detto che aveva avuto altre amanti al di fuori di lei. Non era assolutamente vero e doveva parlarne con lei. Poteva accettare, prima o poi, che lei non lo volesse più ma non poteva accettare che pensasse quelle cose sbagliate su di lui. Così prese il cellulare e le scrisse un messaggio.

Voglio spiegarti tutto, una volta per tutte. Poi se non vorrai più parlarmi lo accetterò ma ti prego, piccerè, diamoci quest'ultima possibilità almeno di chiarire le cose.
Hotel Romeo, stanza 108, questo mercoledì sera ore 22.
Ti aspetto.

Inviò e attese una risposta per tutta la notte.

Malessere | Pasquale MazzocchiWhere stories live. Discover now