<<Rachel, sono tornato, va tutto bene?>> mi zittisco subito vedendo la sua sagoma dormire raggomotolata sul divano.
La copro con la coperta fino alle spalle e mi mangio gli avanzi della pizza sull'isola in cucina.

Cercando di fare piano la prendo in braccio e la porto in camera da letto.
Quando sono ad un solo passo dal letto lei si sveglia si soprassalto facendo sussultare anche me.

<<Sta tranquilla>> la appoggio sul materasso e lei scivola velocemente sotto le coperte.

<<Perché non mi hai semplicemente svegliata?>>

Sogghigno mette mi sfilo la maglietta <<Sei così carina quando dormi>>.

<<Okay, perdonato>> vedendomi andare verso un'altra porta mi chiede: <<Dove vai?>>

<<A fare la doccia>>

Lei annuisce e io mi fiondo sotto lo sciacquone.

Speravo di poter stare un po' con lei, di parlare o fare altro. Ma quando ritorno in camera la trovo con la bocca socchiusa mentre russa in modo tenerissimo, perciò rassegnato mi infilo anche io sotto le coperte.
Con il braccio le circondo la vita e me la porto più vicino, qualche minuto dopo mi addormento.

Delle urla disperate che provengono dal salotto si propagano in tutta la casa. Mi nascondo dietro la porta della cucina e osservo spaventato.

Eccola, lei e... lui.

Le sue treccine ramate si movevano e gli occhi color acqua marina si riempivano di lacrime mentre urlava e si dimenava per scappare dal uomo che l'ha creata.

Cerca di nascondersi sotto il tavolo ma lui la prende per il braccio e la trascina fuori per poi farla sedere sul divano.

<<Adesso stai ferma sennò ti faccio male!>> ordina mio padre con tono ruvido che fa sussultare la bambina e anche me.

Le prende una mano in modo rude e la gira con il palmo rivolto verso l'alto, poi si porta una sigaretta alle labbra e la accende. Passano alcuni minuti in cui i singhiozzi della bambina si fanno sempre di meno, sembra essersi tranquillizzata. Mio padre invece di usare il portacenere, decide di spegnere la sigaretta sul polso minuscolo della bambina facendola piangere di nuovo dal dolore. Lei cerca di divincolarsi dalla presa, ma lui le intima di stare ferma e zitta. Prima di staccare la sigaretta dalla sua pelle delicata, mio padre si assicura che sia almeno rimasto il segno.

Gli occhi mi si riempiono di lacrime quando incontrano quelli pieni di sofferenza di quella bambina dal viso fin troppo somigliare.

<<Tom?>> la voce di Rachel mi fa risvegliate.

Balzo su spavento mette lei sembra confusa e mi studia con attenzione.

Mi guardo intorno spaesato. <<Dove... sono?>>

Rachel aggrotta le sopracciglia, guardandomi ancora più confusa <<È casa tua, Tom, la casa nuova>>.

<<Oh...>>

<<Hai fatto un brutto sogno?>> mi chiede come se fossi un bambino, il ché mi fa un po' innervosire.
Lei non sembra accorgersi del mio turbamento e continua: <<Quando si cambia ambiente può succedere>>. Mi prende la mano destra, quella con il bracciale, e la massaggia cercando di tranquillizzarmi.

Il mio petto si muove ancora su e giù velocemente, un rivolo di sudore mi scende dalla fronte.

<<Vuoi parlarne?>>. Mi continua a guardare mettendomi un po' in soggezione.

<<No!>> sputo burbero.

La scanso malamente e mi alzo. Poi afferro la maniglia della porta.

<<Dove vai?>>

La sua vece è un esile sussurro, mentre la mia esce più rude e minacciosa del previsto, <<A fare un giro>>.

<<Con la moto? Adesso? Ma saranno la quattro del mattino!>>

<<Non me ne frega un cazzo>> le rivolgo un ultimo sguardo prima di chiudere la porta, ha lo sguardo turbato e la bocca semichiusa come se volesse dire qualcosa ma si trattiene.

'Cosa ho sognato?'

'Chi era quella bambina?'

'E perché era con mio... mio padre?'

La voce nella mia testa sembra non voler darmi tregua neppure quando prendo le chiavi e il casco della mia Ninja.
Mi sento turbato, troppo turbato, in fondo era solo un sogno, nulla di reale, eppure sembrava così vero, immagini fin troppo nitide. Come se avessi già vissuto tutto.

Monto in sella e mi sento di dover vomitare. Le urla della bambina riecheggiano nelle mie orecchie. I suoi occhi intrisi di dolore e paura sono impressi nella mia mente.

Avvio il motore e parto sperando che quando farò il mio rientro a casa avrò le idee più chiare.

Le strade sono semi vuote il che mi permette di accelerare molto. Spingo la moto al massimo, mentre gli alberi e i lampioni al lati della strada scorrono così velocemente che è difficile distinguere le loro sagome. Rallento di poco e poi la spingo di nuovo al massimo della potenza. Torno finalmente a respirare, come se fossi stato in apnea per tutto questo tempo, come se avessi un macigno sul petto che sono riuscito finalmente a togliere.
Poi, all'improvviso, un altro ricordo, sbiadito questa volta. Un immagine si forma nella mia testa: ci sono io che tengo la mano alla stessa bambina del sogno, mi guardo attorno, c'è odore di disinfettante, sembra essere la sala d'attesa di un ospedale. Abbasso lo sguardo sulla sua mano gracile, mi saltano subito all'occhio le cuticole mangiate, le unghie mal ridotte e delle cicatrici rotonde - che ricordando il sogno - sono sicuro essere state procurate da delle sigarette. Le sfioro una cicatrice con il pollice, lei si volta verso di me e mi guarda, io ricambio lo sguardo. Mi sorride, ma in quel sorriso non c'è traccia di felicità, solo tanta tristezza.

Il flashback si interrompe così, e rimango a mani vuote, con più domande che risposte, mentre una lacrima timida decide di rifarmi la guancia.

Accelero ancora di più, l'adrenalina sale alle stelle e appena inizia a scendere, quel forte fastidio al petto si fa sentire.

Odio mostrarmi vulnerabile. Odio essere vulnerabile. Odio così tanto questa sensazione che vorrei strapparmi il cuore dal petto ogni volta e trovare un cazzo di interruttore per far spegnere anche il cervello. Se sei vulnerabile sei anche debole, e io non voglio essere debole, io voglio essere forte, invincibile. Riuscire ad affrontare ogni situazione senza vacillare, riuscire a controllare i propri sentimenti, avere la forza di andare avanti sempre. E ci sto provando, sto provando a non essere debole, perché lo sono, e ogni volta che mi lascio sfuggire una lacrima, sento che sono a tanto così per tornare in quel loop, e io non ci voglio tornare in quel tunnel. Costi quel che costi, non posso permettermi questo; per me, per i miei amici, per mia mamma e soprattutto per Rachel. Devo proteggere le persone che amo. Mostrandomi debole rischierò solo di fare loro del male. E, cazzo, è l'ultima cosa che voglio.

L'espressione di Rachel quando l'ho lasciata a casa mi convince a ritornare. Non meritava di essere trattata così. Si era solo preoccupata, facendolo in modo un po' troppo infantile, com'è abituata a fare con i bambini.

Le racconterò dell'incubo e sono sicuro lei mi porterà aiutare.

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