Capitolo 26 - Seb

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Mason sbuffò e alzò gli occhi al cielo. «Stavolta, ho imparato la lezione, Seb. Annie mi ha minacciato di affogarmi nel lago, Evan ha detto che avrebbe sotterrato il mio cadavere, Jamie non mi aveva mai tirato un pugno prima di oggi e tu stavi per strangolarmi. Anche Eva mi ha ringhiato, come se avesse capito il macello che avevo combinato.»

Seb sghignazzò. «Sai come si dice: uomo avvisato, mezzo salvato.»

Mason sbuffò nuovamente e Seb non poté evitare di pizzicargli una guancia, proprio come si faceva con un bambino disubbidiente. Avrebbe preferito pizzicargli i capezzoli, ma si trattenne.

Poi, improvvisamente, si udì un tonfo contro la porta. Seb sussultò per la sorpresa, Mason, invece, osservò la porta di camera sua come se sapesse già chi si trovasse dietro di essa.

«State scopando?» domandò Evan ad alta voce. Subito dopo aggiunse: «No, non sento gemiti e imprecazioni, quindi posso entrare», e spalancò la porta.

Evan guardò prima Seb poi Mason, sogghignò e disse: «Oh, ma sei in mutande.» Scosse una mano, come se fosse una cosa di poco conto e aggiunse: «Tanto è tutta mercanzia che ho già visto.» Riguardò Seb e gli fece un occhiolino.

Seb non fu geloso del commento di Evan, come magari avrebbe potuto esserlo all'inizio, quando lo aveva conosciuto ed era venuto a conoscenza del loro passato come coppia. Evan era un ragazzo d'oro, un amico indispensabile per Mason.

«Forza, piccioncini, Belinda ha preparato un brunch, visto che qualcuno stamattina ha fatto saltare colazione e lavoro a tutti.»

Mason si sollevò sulla schiena per osservare meglio Evan. «Stai cercando di farmi sentire in colpa?»

Evan incrociò le braccia al petto. «Certo, non penso di essere mai stata una persona sottile quindi la mia intenzione è stata abbastanza palese.»

Mason alzò gli occhi al soffitto e si ributtò con la schiena contro i cuscini. «Sto pagando le pene di tutti i miei fottuti sbagli.»

Seb vide Evan che si mosse per avvicinarsi al suo migliore amico; notò come i suoi occhi castani si abbassarono per un attimo, intristiti, sulla gamba di Mason e la percorsero velocemente per intero, poi, scosse il capo e ritornò a sorridere. Si avvicinò di più a Mason e iniziò a dargli dei colpetti contro una spalla. «Forza, ragazzone, lo so che avresti preferito fotterti un pene, però, ahimè, ti tocca raccogliere quello che hai seminato.»

Seb non riuscì a trattenersi e si mise a ridacchiare.

Mason guardò Evan e con voce piatta gli disse: «Lo hai detto sul serio?»

«Certo che l'ho detto sul serio. Non mi risulta che la bomba ti abbia danneggiato anche l'udito. Su su, tutti a mangiare.»

Così come era entrato, ovvero come una furia, Evan uscì dalla camera da letto, lasciandoli nuovamente da soli, ma rimanendo la porta spalancata.

Mason osservò quella porta, poi le labbra gli si inclinarono verso sinistra.

«Evan è una bella persona», parlò Seb, alzandosi dal letto.

Mason lo guardò e annuì, poi, aiutandosi con le mani, spostò molto lentamente la gamba per potersi alzare dal letto. Seb non lo aiutò, si limitò a spostargli la sedia a rotelle accanto al letto. Aveva capito che Mason aveva bisogno di compiere tutti quei movimenti da solo e lo avrebbe rispettato e aiutato solo quando glielo avrebbe chiesto.

Prima di spostarsi sulla sedia a rotelle, si infilò un paio di pantaloni e una felpa. I movimenti di Mason erano lenti, fluidi, erano movimenti calcolati che l'uomo doveva aver perfezionato nel tempo, da quando aveva capito che la sua gamba non sarebbe stata più la stessa. Era sempre affascinante guardarlo.

Come un fiore tra le mine (Red Moon Saga Vol. 5)Where stories live. Discover now