Capitolo 15 - Mason e un po' di Seb

780 72 59
                                    

«E quindi...», esordì Evan, in piedi al fianco di Mason. «Stiamo per farlo. Sei pronto?»

Entrambi stavano fissando la stessa porta, ma in modi diversi. Evan con tranquillità e anche con una buona dose di divertimento sadico, mentre Mason negli occhi doveva avere solo un'emozione: il terrore. Sì, nemmeno quando si era ritrovato su un tappeto di mine in Siria, un anno prima, era stato così terrorizzato.

«Ti giuro, Evan, che, se te ne esci con una delle tue battutine del cazzo con riferimenti al sesso, ti spingo a terra e ti passo sopra con la sedia a rotelle».

Evan, per nulla intimorito della sua ennesima minaccia, iniziò a sghignazzare. «Oh, Mason musone, sei davvero un brontolone esilarante».

Mason strinse le mani in due pugni sul suo grembo. «Non chiamarmi in quel modo», parlò a denti stretti.

L'unico che, a quanto sembrava e procurando un forte senso di irritazione nello stomaco di Mason, aveva acquisito il diritto di poterlo chiamare in quel modo si trovava dietro quella porta a fare chissà cosa con quell'uomo viscido che aveva visto nella foto che Jamie aveva inviato a suo fratello.

Mason non era uno stolto, sapeva che doveva esserci un motivo specifico se quella foto era stata inviata sul telefono di Evan. Doveva esserci stato un'artefice ed era abbastanza certo che non doveva essere stata un'idea di Jamie, era stato solo un tramite. Un mezzo diretto per giungere a Mason e stuzzicare il suo precario sistema nervoso. Era bastata una foto e Mason era stato spinto ad uscire dalla sua palude, stile Shrek, seguito da un fastidioso Ciuchino, ovvero Evan.

Evan gli diede un paio di pacche contro la spalla rigida. Mason aveva ogni singolo muscolo del suo corpo in completa tensione. Anche la gamba monca sembrava essere diventata una lastra di granito.

«Posso dirti una cosa senza che tu mi minacci nuovamente di trasformarmi in una pista per sedie a rotelle?»

«Non ti assicuro nulla».

«Correrò il rischio, allora», dichiarò Evan. Il suo tono di voce aveva sempre quel velo tipico di ilarità, ma era sospettosamente serio.

Mason strinse maggiormente le mani in due pugni, conficcandosi le unghie nella carne dei palmi. Manteneva gli occhi fissi su quella porta anti-panico che tanti anni prima un Jamie quindicenne aveva varcato di nascosto, insieme a sua cugina Rachael, per controllare cosa stesse facendo Michael. Alla fine, quella sera anche Mason aveva messo piede per la prima volta al Red Moon proprio perché era geloso di quell'idiota che poi era diventato il suo migliore amico.

Gesù Cristo, tutto questo è successo una vita fa. Eravamo dei ragazzini.

«Dietro quella porta ci sono due pezzi della tua vecchia vita, della nostra vecchia vita, che attendono solamente che tu permetta finalmente loro di riprendere il loro posto che tu hai deciso di sottrargli per fin troppo tempo, Mason. E poi c'è un altro pezzo, un pezzettino, che invece aspetta che tu gli conceda un posto e non vede l'ora, cazzo. Proviamo a mettere a posto questo casino, proviamo a renderlo un casino ordinato. Lo sai che io ci sono sempre stato e continuerò ad esserci. Anche io ho perso Timmy, Mason. Jamie ha perso un fratello che ha accettato da subito e io ho perso un fratello che ho accettato con i miei tempi perché lo sai, sono un po' un idiota. Non sono così perfetto come sembro».

Le labbra di Mason si alzarono leggermente anche se un'umidità sospetta aveva iniziato a fargli pizzicare gli occhi perché quell'idiota era riuscito a toccare con forza tutti i punti dolenti. E facevano un fottuto male, quei punti. Facevano male da anni.

Si riempì il petto d'aria, allargò e rilassò le dita delle mani, fece uscire fuori tutta l'aria e si passò entrambe le mani tra i capelli corti.

«Sei uno stronzo, Evan. Ma purtroppo ti voglio bene. Ora, chiama Michael e digli di uscire dalla sua bat-caverna prima che cambia idea e me ne ritorni di corsa a casa».

Come un fiore tra le mine (Red Moon Saga Vol. 5)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora