Capitolo 9

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Isabelle

Sospiro per l'ennesima volta da quando sono qui, adocchiando la porta chiusa dell'ufficio dell'Emiro, l'unica persona che ho tentato di evitare dal giorno in cui ho invaso i confini dei suoi appartamenti, chiedendomi perché diavolo mi sono lasciata convincere a venire.

- Non fare quella faccia cara, non è un reato di Stato chiedere di essere ricevuti -

Peccato che io non lo abbia chiesto l'appuntamento. Ero felice di starmene negli appartamenti a me riservati, intenta a godermi i giardini davanti alla mia camera quando dal nulla è apparsa l'Emira e da lì la mia giornata tranquilla si è trasformata in un incubo.

Mi volto verso questo bulldozer umano, che passa sopra a tutti e a tutto pur di ottenere ciò che vuole, senza distinzione di razza, sesso, religione o età scoprendo che mi sta sorridendo.

Sospiro.

Mi piacerebbe avere la metà della sua determinazione o fiducia se è per questo.

- Sei ancora molto giovane cara e ancora non hai trovato la tua strada nella vita. Io sono il frutto di due culture e a volte non sento di appartenere a nessuna delle due. Ma con il tempo e l'età, la saggezza arriva e con essa la capacità di prendere il meglio di ciò che la vita può darti. Ma alla tua età non è questo che devi fare. A diciannove, venti anni, devi mordere la vita, esigere ciò che ti spetta. Lottare per ciò che credi. E ciò che vedo in te, mia cara, non è altro che un bruco che un giorno diventerà una bellissima farfalla e che spiegherà le ali verso la vita, smettendola di nascondersi ad essa-

Sgrano gli occhi, incredula.

Sa forse leggere nel pensiero?

Il suo sorriso si allarga.

- Ho allevato abbastanza figli per sapere quando qualcuno sta nascondendo qualche cosa. Chiamalo istinto materno se vuoi. E tu cara, hai un segreto che ti porti dentro da tanto tempo e che ti impedisce di vivere la vita che ti meriti. Ma non preoccuparti, non intendo chiederti di rivelarmelo. Lo farai a tempo debito se lo vorrai e quando sarai pronta. Per ora concentriamoci su un passo alla volta ovvero, farti uscire da questo palazzo -

Sto per replicare, quando da dietro la porta dello studio si alzano voci concitate solo per essere messe a tacere da una voce più autorevole.

Kadir.

Aggrotto la fronte.

-Forse sarebbe meglio tornare un altro giorno – Mormoro mentre altre voci si uniscono alla prima.

-Sciocchezze. Le riunioni con i suoi ministri sono sempre così. Avresti dovuto assistere a quelle che teneva suo padre. Allora sì che ti saresti preoccupata. Una volta ha sparato ad uno dei suoi ministri perché non gli aveva dato una soluzione al problema-

Impallidisco.

Ridacchia.

- Non lo ha colpito, naturalmente. Era un esperto tiratore. Ma è bastato perché da quel giorno non arrivassero mai più senza una soluzione che avesse senso. Immagino che a volte si debba mostrare un po' di forza bruta per far capire chi è il capo branco-

Sbatto le palpebre.

Mi sta davvero dicendo che per far sì che un Ministro abbia una soluzione, l'unica alternativa è sparargli??

Un'irata voce maschile torna a risuonare dietro la porta chiusa, seguita da alcune più pacate, quasi supplici.

Sono sempre più convinta che sia meglio tornare un'altra volta.

Aggrotto la fronte, osservando la porta chiusa di legno massiccio riccamente intagliata e decorata con scritte in arabo.

- Kadir non è suo padre. Lui non ha bisogno di usare le armi. Basta un suo sguardo e tutti tremano. Ha imparato bene l'arte dell'intimidazione- Mormora fiera.

Cuori nel deserto (Serie Amore 3)Where stories live. Discover now