𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 31

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"𝐄 𝐩𝐫𝐨𝐯𝐞𝐫ò 𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐟𝐚𝐫𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐬𝐚𝐫𝐞

𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐮𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐨 𝐝𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐝𝐞𝐫𝐭𝐢"

(𝐆𝐢𝐨 𝐄𝐯𝐚𝐧)

『♥』

Mentirei se dicessi di aver dormito bene, ma la verità era che, sì e no, dormii un paio di ore. I pensieri e la paura continuavano a tormentarmi la testa, tant'è che mi ritrovai a piangere alle 3 di notte immaginando tutti i scenari peggiori del momento, come quello di perdere definitivamente mia madre sentendo il bisogno impellente del conforto silenzioso di Joseph. Forse avrei dovuto raggiungere da subito papà a Firenze invece che fermarmi qui a Roma, avrei cenato con lui e ci saremmo dati il coraggio e la forza aggrappandoci alla speranza che sarebbe andato tutto bene. Invece no, arrabbiata con lui decisi di chiudermi nel mio appartamento, da sola, a piangere in silenzio nel cuore della notte. 

La mattina dell'operazione di mamma, non mi sentivo particolarmente stanca, sarà l'agitazione, ma mi lavai di fretta e uscii di casa lasciando le chiavi a Marta che, poverina, si era alzata presto solo per recuperare le mie chiavi per poi tornarsene ancora qualche ora a letto. Avrei fatto colazione in ospedale o in treno. Mi sistemai lo zainetto sulle spalle portandomi dietro cellulare, carica batterie, un libro, il tablet, gli auricolari e l'inalatore. Mi chiusi fin sopra il mento il giubbotto pesante e chiamai un taxi per portarmi in stazione Termini, arrivò subito e in neanche 20 minuti, mi trovai lì. Feci di fretta i biglietti e per un soffio riuscii a salire appena in tempo, mi sedetti sul primo posto libero che mi capitò sott'occhio e provai a recuperare almeno un'altra ora di sonno, nonostante non fossi molto stanca. 

Stavo per riuscire ad appisolarmi, quando il cellulare nella mia tasca iniziò a vibrare, quando lo tirai fuori lessi "Papà" e risposi subito.

«Dimmi»

«Scimmietta, sei già in treno?», annuii lasciandomi andare a un grosso sbadiglio, «scommetto che non hai chiuso occhio».

«No Pa', chi è che riesce a dormire in queste circostanze? Piuttosto, come mai sei già sveglio?», rivolsi lo sguardo fuori dal finestrino mentre il paesaggio sfrecciava velocemente davanti ai miei occhi.

«Non sono riuscito a dormire neanche io»

«Immaginavo. Non ho fatto neanche colazione, appena mamma entra in sala, credo che andò a prendermi qualcosa»

«Sarà una lunga giornata. Ci saranno anche Irene e tua madrina, lo sai» - mia madrina è la madre di mia cugina -.

«Davvero? Non mi dici niente»

«Io stavo cercando di dirtelo, ma mi hai chiuso il telefono in faccia», ah ecco perché il giorno prima stava continuando a parlare prima che interrompessi la chiamata.

«Scusa Pa'», mi sentii in colpa per non averlo lasciato parlare, «quindi sono tutte e due lì a Firenze, giusto?».

«Tua zia sì, Irene, invece, deve venire da Roma», alzai il capo ascoltando le parole di mio padre quando in lontananza, vagare per il corridoio del treno, non vidi un volto familiare, quasi identico al mio che cercava un posto vuoto, «credo di averla trovata, e senza neanche metterci d'accordo», alzai un braccio sventolando la mano nella sua direzione, i suoi occhi scuri puntarono verso i miei e le spuntò un largo sorriso sul volto. Si fece largo tra i posti occupati e si sedette accanto a me appoggiando a terra il mio zainetto, «ti saluto Pa', appena arriviamo in stazione ti avviso».

𝔇𝔞𝔪𝔪𝔦 𝔲𝔫𝔞 𝔰𝔢𝔠𝔬𝔫𝔡𝔞 𝔭𝔬𝔰𝔰𝔦𝔟𝔦𝔩𝔦𝔱à ♥ 𝓗𝓸𝓵𝓭𝓮𝓷Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora