1. Il quadrifarmaco

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"È solo una follia. Un salto nel vento."
~ Spazio tempo (Francesco Gabbani)

POV SIMONE

"O forse sono io che non sono capace ad amare" quanto mentivo a me stesso.

Ho sempre pensato che l'amore fosse un sentimento importante, da riservare alle persone speciali, ma prima di incontrarlo non avevo mai provato niente di simile.
Né con Laura, né con nessun'altra.

È stato un sentimento totalizzante, che mi ha fatto capire quanto l'interesse per Manuel non era solo scaturito dai suoi casini, ma era anche per la sua persona.

Mi sono innamorato del più bello, del più stronzo e del più etero di tutta la scuola, ma sotto quel cantiere, mentre siamo stati coinvolti in un momento di passione, mi sono iniziato a chiedere se allora ricambiasse i miei sentimenti.

E invece mi ha fatto capire che per lui non ero niente, che non gliene fregava un cazzo di me.
Così ho provato ad andare avanti, ho cercato di cancellare quei ricordi che mi annebbiavano la vista ogni qual volta Manuel mi guardasse, perché per lui ero e sono solo un amico.
Sono come un fratello per lui.

Però quella notte...

Poi ho incontrato Mimmo.

Era così bello e affascinante, e non riuscivo a non essere attratto dal suo aspetto.

Sono ricaduto nei miei stessi errori passati, quando l'ho aiutato, quando l'ho protetto da mio padre, dalla scuola e dalla possibilità che lui venisse scoperto prima per la sua aggressione a Ernesto, e poi per il caos che stava succedendo col suo compagno di cella.

Ho cominciato a pensare che innamorarmi di criminali fosse il mio vizio.

Ma più guardavo entrambi negli occhi, più mi rendevo conto che in realtà non erano criminali, erano solo ragazzi che dovevano essere aiutati.

Così ho raccontato a mio padre di Mimmo, e lui si è mosso subito per aiutarlo, più di quanto avessi potuto fare io.
E poi... È sparito.

Mimmo è sparito dalla mia vita così improvvisamente, che ho iniziato a temere che fosse morto.
E quando mio padre mi ha detto di andare in biblioteca, prima di raggiungere lui e la classe per la lezione, ho capito, che era arrivato il momento di rivederlo.
«Per tanti anni non vedrò più questa città. Né Napoli. Né te» mi disse con gli occhi gonfi e rossi.

Quando ho compreso così, che se ne sarebbe andato per sempre, e non l'avrei più rivisto non ce l'ho fatta a non abbracciarlo e baciarlo, mentre le nostre lacrime si mischiavano le une alle altre.

I suoi occhi esprimevano amore e gratitudine, io invece ero così incazzato e triste.

Arrabbiato perché sembrava che io fossi nato per rimanere da solo.

Mio fratello gemello, Jacopo, è morto.

Manuel mi ha spezzato il cuore, ed era sul punto di andarsene a Parigi con Nina.

Mimmo se n'è andato, chissà dove.
Mio padre stava rischiando di morire, per la sua patologia.

È come se tutti avessero deciso di abbandonarmi, e mi sentivo perso.

Mi sento ancora perso.

Per questo dopo un mese dall'addio con Mimmo, mentre Lombardi sta spiegando chissà cosa di latino, penso e ripenso a questi momenti, perché in qualche modo mi hanno segnato.

Che senso ha affezionarsi alla gente, se poi questa è destinata ad abbandonarmi? A questo punto è meglio stare da soli, per evitare di soffrire.
O di pensare al suicidio.

Ce sto io con teWhere stories live. Discover now