Capitolo III | Scontro di Ego

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Il mattino successivo, con il sole che faceva capolino appena oltre l'orizzonte e il campus che pian piano si risvegliava, mi ritrovai a scrutare il cortile dell'università dalla finestra della mia stanza.

Ancora intontito dalla notte insonne, i miei occhi si scontrarono con la figura slanciata di Barclay che, con passo deciso, si dirigeva verso la mensa.

Quando poi lo vidi intrattenersi con Isaac, proprio prima di vederli scomparire dalla mia vista, sentii un inspiegabile sensazione farsi strada dentro di me. Era come trovarmi in una scena di un film, una realtà che sembrava quasi irrealistica. In fondo, quante probabilità c'erano che mi sarei ritrovato una delle mie scopate proprio a Saint Andrews?

Per quanto ne sapevo, quel tizio era un turista, non parlava inglese e non riuscivo a capire perché si trovasse nella mia città, nella mia università e perché adesso si aggirasse in compagnia del mio compagno di stanza.

La situazione stava iniziando a darmi su i nervi.

Mi precipitai frettolosamente al bagno. Se c'era un confronto in vista con Isaac, avevo intenzione di far sì che rimanesse incantato dal mio sguardo.

Avevo già pensato a come giocare le mie carte: un sorriso che trasmettesse sicurezza, uno sguardo profondo che catturasse la sua attenzione. Volevo far sì che ogni mio gesto comunicasse un'aura di fascino, come se avessi studiato a fondo ogni singola espressione. Dopotutto, in quel faccia a faccia, volevo essere il protagonista indiscusso della scena, e se c'era qualcosa che sapevo fare bene, era essere affascinante. Era il mio modo di far capire ad Isaac che poteva anche ignorarmi, ma non avrebbe mai potuto resistere al mio magnetismo.

Così, prima di una doccia rigenerante, decisi di fare la barba, seguendo ogni contorno del viso con precisione. Il profumo di colonia alla lavanda riempì l'aria mentre mi dedicavo alla rasatura.

Mi vestii con cura, indossando una camicia bianca impeccabile che accentuava il contrasto con il pantalone scuro.

Le bretelle erano annodate con precisione, e la giacca con lo stemma ricamato sul petto della Saint Andrews, che raffigurava un leone rampante su uno sfondo di onde, mi scivolava perfettamente sulle spalle.

Quando varcai la soglia della mensa, il profumo avvolgente del porridge appena preparato danzava nell'aria, mescolandosi all'aroma robusto del bacon croccante e al dolce profumo del pane appena sfornato. L'atmosfera era impregnata di un misto irresistibile di caffè appena fatto e la leggera nota fruttata di marmellate casalinghe.

Immediatamente, scorsi Barclay seduto a un tavolo, e acconto a lui c'era Isaac.

Sentii un leggero formicolio nell'aria.

Barclay mi notò per primo e sollevò lo sguardo. I suoi occhi si posarono sui miei e un sorriso complice si dipinse sul suo volto. Ma quando il mio sguardo incontrò quello di Isaac, tutto sembrò rallentare.

Non c'era alcuna espressione di sorpresa sul suo volto, solo una calma apparente. I suoi occhi mi scrutavano, e quell'attimo di silenzio pesò come un macigno.

Proseguii il mio cammino, tentando di riprendere la mia solita disinvoltura, ma un nodo si era formato nel mio stomaco, un misto di incertezza e desiderio di impressionare.

«Barclay!» Posai una mano sulla sua spalla, fingendo noncuranza. Poi, dirigendo lo sguardo verso il forestiero, pronunciai con chiarezza: «Pia-cere di co-no-sce-rti.» Gli tesi la mano, scandendo ogni parola nella speranza di farmi capire.

Le sue labbra si piegarono dolcemente da un lato, creando una piccola fossetta sulla guancia.

Diamine, era così attraente da farmi venire il voltastomaco.

La Costellazione di OrioneWhere stories live. Discover now