Capitolo II | Sotto il segno di Isaac

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Isaac, seduto di fronte a Phil, aveva i gomiti poggiati sul tavolo, e le mani intrecciate quasi come a formare un riparo per la bocca.

I suoi occhi, profondi e attenti, si concentravano sulla scacchiera, mentre la luce evidenziava il colore dei suoi capelli, un castano profondo come la terra bagnata dopo la pioggia.

Le labbra che si aprirono in un leggero sorriso conferivano al suo volto un'aura enigmatica e affascinante, richiamando istantaneamente i ricordi della nostra breve, ma intensa, notte insieme.

Mentre i due si concentravano sulla scacchiera, dentro di me sentivo crescere una strana tensione, un mix di eccitazione e ansia. Quando Phil avanzava una mossa dopo l'altra, Isaac manteneva una calma sorprendente.

Il ciuffo dei suoi capelli, mossi come onde del mare, gli scendeva pesante appena sopra gli occhi color ambra. La carnagione bruna, quasi dorata, la pelle del viso liscia, gli zigomi alti. Le labbra morbide formavano un curva scarlatta, il naso una linea dritta, come una lama affilata con cura.

Non avevo notato niente di tutto questo, in quello squallido bagno. Se lo avessi fatto, con molta probabilità gli avrei rivelato anche il mio nome.

La sua lingua era adagiata sul carnoso labbro inferiore, il pollice e l'indice mossi con precisione a far roteare la pedina prima di ponderare la sua prossima mossa. Poi uno scatto repentino, e la sua lingua si ritrasse lasciando spazio ad un sorriso che svelava denti bianchissimi.

Il Re nero avanzò su una casella bianca, scatenando esultanze generali. Un tripudio di gioia investì la stanza, Phil incluso, malgrado Isaac gli avesse appena strappato il suo trono scacchistico. Rimasi immobile, impotente nel mezzo della folla eccitata che celebrava l'ape regina trionfante, trasportata da due energumeni fino al cortile, seguita dall'entusiasmo contagioso degli altri studenti. Isaac aveva offerto una performance straordinaria, e il pubblico ne era rapito.

Mentre veniva sollevato sulle spalle, il suo sguardo si imbatté sul mio. Un momento quasi impercettibile, brevissimo. Sul suo viso non una nota di stupore, nessuna sorpresa. In quel rapido istante ebbi la stupida idea di fare un cenno col capo, sibilando un imbarazzante "Ciao" che si distese in un sorriso ebete.

Lui mi ignorò con tutta la sufficienza possibile.

Infuriato e umiliato, girai i tacchi e mi nascosi tra la folla, dirigendomi al piano superiore. Poco dopo, Barclay fece ritorno in camera. Nel frattempo, io mi ero già concesso una doccia ristoratrice e mi ero disteso sul letto a fissare un punto qualsiasi del soffitto; ancora non riuscivo a credere a quello che i miei occhi avevano appena visto.

L'odore penetrante di whisky e di fumo impregnavano l'aria intorno a Barclay. Era talmente ubriaco che non riusciva nemmeno a biascicare una parola. Con un lamento, si sprofondò sul letto, ancora indossando le scarpe, e in pochi istanti cominciò a russare.

Quella notte il sonno mi sfuggì come sabbia tra le dita. La rabbia pulsante contro mio padre e l'essermi ritrovato Isaac piombato dal nulla a Saint Andrews causarono una lunga e tormentata veglia.

Fu un'imprevista ondata di sensazioni, oscillante tra la contrarietà e l'intrigante; ero indeciso se accoglierla come un peso indesiderato o come un'opportunità travestita.

L'orologio sul comodino scandiva il tempo con una monotonia irritante e ogni riflessione si trasformava in un vortice senza fine.

La Costellazione di OrioneWhere stories live. Discover now