66. Nightmare pt II

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Era iniziato tutto con quella chiamata a cui aveva risposto nel cuore della notte:
"Lando?"
Dall'altra parte sentiva poco più che affanni e parole mormorate in un lamento, ma che messe insieme potevano suonare come "can you come over?"
A cui Elsa aveva risposto "arrivo, ci metto meno di un minuto ok? Resta al telefono con me e vieni ad aprirmi la porta della tua stanza".

L'aveva trovato in piena crisi di panico, ed Elsa ormai aveva perso il conto di quante volte aveva aiutato persone in quella situazione, anche se effettivamente la psicologia sarebbe una delle poche branche della medicina in cui non è specializzata. Era entrata nella camera, aveva chiuso la porta dietro di lei e l'aveva preso per un braccio per aiutarlo a sedersi.

"Hey, sono qui. Va tutto bene. Siediti qui sul letto... guarda me... cosa ti senti?"

"I just... I just have ...panic attack all the time and ...I don't know why" risponde Lando tra un respiro e l'altro.

Elsa sorrideva pensando che, tra tutte le persone che le è capitato di vedere in quella situazione, lui era forse il primo e l'unico a riuscire a farsi la diagnosi da solo e ad essere in grado di chiedere aiuto.

"Ok, va tutto bene. Ti ricordi cosa avevamo detto di fare quando ti succede?" Lui continuava a guardarla negli occhi combattendo contro i suoi polmoni mentre andava in iperventilazione.

"Tre cose che vedo... tre cose che sento... tre cose che posso toccare"
Era una tecnica che gli aveva insegnato lei: concentrarsi sulle cose che ti stanno attorno, sui cinque sensi, aiuta il cervello a riprendere contatto con la realtà, e può funzionare per far passare un attacco di panico.

"Bravo, allora comincia dalle cose che puoi vedere"

"Tu... il letto... il quadro sulla parete"

"Bene... respira più piano... adesso le cose che puoi sentire" Elsa gli teneva una mano sul fianco, per trasmettergli sicurezza e per fargli sentire che era lì con lui.

"La tua voce... la mia voce... non sento nient'altro"

"È perché siamo in piena notte e in albergo c'è silenzio... ma lo senti il rumore delle lenzuola quando le tocchiamo con le dita?"

Lando aveva necessariamente dovuto respirare più piano per fare più silenzio e riuscire a sentire quel rumore, mentre Elsa continuava a lisciare le lenzuola con le dita, e poi aveva annuito.

"Ok, allora dimmi le cose che puoi toccare"

"La tua mano, le coperte, il comodino"

Elsa annuiva e vedeva che più parlava e più si calmava. Dopo pochi minuti stava già molto meglio, ma appena passata la crisi Lando era scoppiato a piangere. Elsa lo abbracciava forte, sfogarsi gli avrebbe fatto bene. Dopo un po' Elsa gli aveva dato un fazzoletto, e aveva aspettato che lui si asciugasse le lacrime.

"Va meglio?"

"Si... ma... non so perché mi succede tutte le volte, sono uno stupido"

Lando è sempre troppo duro con sé stesso, sia quando sbaglia, sia quando fa bene. Probabilmente avere Carlos come compagno di squadra l'ha aiutato molto i primi anni in Formula Uno, e forse senza di lui non sarebbe mai arrivato dov'è ora. Elsa si ricorda quando Lando davanti alle telecamere diceva di aver fatto schifo e di essere lento e Carlos, davanti alle stesse telecamere e davanti a lui, gli rispondeva che aveva fatto un buon lavoro e che era il compagno di squadra migliore che potesse avere.

Ma l'autostima, per lui, rimane sempre un problema. Ma Elsa lo capisce, infondo tutti avremmo bisogno di qualcuno che ci stia accanto a dirci quando sbagliamo, ma anche a sostenerci quando ne abbiamo bisogno, a dirci che stiamo andando bene, che meritiamo di essere dove siamo e che andrà tutto bene.

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