5 - LA FORD TAUNUS (2)

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Una grossa macchina color argento stava venendo verso di loro. Era in fondo alla via, a circa ottocento metri, e procedeva non troppo velocemente. Appoggiò il telefono nell'erba e si alzò, stropicciandosi gli occhi per paura fosse un miraggio. Non c'era nessuno in giro. Nessuna voce si sentiva in lontananza; il grassone che avevano incontrato poco prima era stato l'unico essere umano, oltre loro, fuori da una di quelle bolle. Non volava nessun elicottero, nessun aereo; non era passato più nessun treno... da quanto? Aveva perso la nozione del tempo. Anche le sirene che si erano sentite subito dopo quei terribili boati, ora si erano zittite. Vedere un'auto, un'auto vera, che stava venendo verso di loro, le scaldò un pochino il cuore, tremendamente ferito per aver perso il suo papà.

Da dietro il municipio, improvvisamente, sbucò un uomo viola in volo. Lasciando la solita scia tracciò un arco, e rimpicciolendosi, man mano che si allontanava, si diresse verso Bologna, dove sparì. Veronica non disse niente; si rigirò verso la macchina che piano, piano si stava avvicinando. «È un miracolo!»

Dalila le lanciò uno sguardo silenzioso. «Vieni!» disse per l'ennesima volta e salì sull'asfalto, camminando verso la vettura che aveva raggiunto il piccolo incrocio. Si piazzò in mezzo alla strada obbligando l'autista a fermarsi. Era una grossa station wagon argentata, visibilmente vecchia. La carrozzeria era piena di piccole ammaccature e segnata in molti punti; davanti mancava la copertura di uno dei due fanali e non c'era la targa. Tutti e quattro i finestrini erano abbassati.

L'auto si fermò a mezzo metro da Dalila. L'autista aprì la portiera e scese, squadrandola dall'alto al basso. «Perché diamine sei a piedi nudi?» fu la prima cosa che disse, sorridendo.

Veronica aveva raggiunto la sua compagna e guardava l'uomo come se fosse un principe azzurro, arrivato a cavallo per salvarle dal drago. Anche se, in realtà, era ben lontano dall'aspetto di un principe. Dimostrava sicuramente più degli anni che aveva; Veronica, che era brava in quel giochino, battezzò fosse sulla sessantina. Aveva capelli bianchi, corti, abbastanza curati, sopra a un viso abbronzato, solcato da rughe profonde. Due occhietti neri e furbi erano in contrasto con un grosso naso rosso e bitorzoluto, tipico di chi ha confidenza con la bottiglia che infatti, teneva in una mano. Sorridendo a Dalila aveva messo in mostra una bocca con pochi denti. Indossava una maglietta attillata e un paio di pantaloni lunghi, scoloriti. Non era altissimo, ma era magro.

«Ci serve un passaggio.» disse Dalila, ignorando la domanda, come suo solito.

L'uomo diede una sorsata e sorrise di nuovo. «Per dove?»

«Botteghino di Zocca.»

L'uomo diede un'altra sorsata. Sorrise. «Salite!» e si risedette al posto di guida.

Veronica decise che quel tizio non le piaceva e afferrò il braccio di Dalila, guardandola senza dire nulla.

«Tranquilla.» Sembrava aver captato la sua preoccupazione, ma la prese per mano e l'accompagnò alla macchina. Salirono di dietro e chiusero lo sportello.

L'auto era veramente molto spaziosa. Veronica calcolò che sui sedili dove si erano sedute, ci si poteva stare comodamente in quattro. E altri quattro potevano stare, larghi, nel bagagliaio, direttamente dietro a loro.

L'uomo le fissava. Arricciò il naso per il puzzo che emanava Dalila, poi lo sguardo si posò su Veronica. «Mamma mia! Che bei capelli che hai! Allora, bimbe, che strada facciamo? Mi aspetto di incontrare qualcuno di quei simpatici esseri viola lungo il tragitto.» disse, mostrando il ghigno sdentato di cui disponeva e versandosi in gola un altro po' del liquido contenuto nella bottiglia.

«Dobbiamo evitare il più possibile strade che passano vicino a condomìni, palazzi, gruppi di case insomma, zone molto abitate.» rispose Veronica, che lo guardava con diffidenza.

VuEffe (parte 1) - Il sorrisoWhere stories live. Discover now