2 - L'EDICOLA NANI (1)

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Roberto Nani era un giornalaio.

Avere un'edicola era sempre stato il suo sogno fin da quando era bambino. Quando accompagnava la mamma a fare spese non vedeva l'ora di fermarsi dalla Katia, l'edicola più frequentata del paese. Rimaneva affascinato nel vedere tutti quei giornali ben allineati davanti a lui, ognuno al suo posto. Andava in estasi per il ventaglio che formavano le bustine di figurine, quando venivano prese per un'estremità e venivano contate. Per non parlare dell'odore di carta patinata! Adorava gli album, adorava i fumetti, adorava i libri e crescendo la passione era aumentata. Dopo il liceo si era iscritto a ingegneria, più per far contento suo padre che per propria voglia, ma dopo tre anni e pochi esami sostenuti, la Katia morì. I figli avevano preso strade diverse e decisero di vendere l'edicola. Era avventato, su questo non c'era dubbio. Nulla gli faceva paura, poteva affrontare qualsiasi cosa; si sentiva forte, sicuro, invincibile. In poche parole, era giovane. Decise di buttarsi a capofitto per cogliere al volo l'opportunità della sua vita. Ma aveva bisogno dell'appoggio, soprattutto finanziario, dei suoi genitori. Litigò con suo padre per tutta una sera, ma grazie all'appoggio di sua madre, riuscì a convincerlo: lasciò l'università e comprò l'edicola. Chiese un prestito alla banca e suo padre gli fece da garante: lo vide firmare le carte con le lacrime agli occhi.

Avevano sempre avuto un rapporto abbastanza conflittuale, alternando periodi di pace a periodi di lotta continua. L'acquisto dell'edicola e la rinuncia a diventare ingegnere furono l'inizio di una nuova fase: ignorarsi, soprattutto da parte del genitore. Roberto tentava di approcciare talvolta timide conversazioni, ma si sentiva rispondere perlopiù con dei monosillabi. Se tirava in ballo l'argomento "edicola", il genitore sbuffava e lo guardava accigliato. Vedeva sua madre soffrire questa situazione e cercare in tutti i modi di ricucire lo strappo, ma sbatteva sempre contro due muri. Il tempo venne in aiuto. Erano passati un paio d'anni dall'apertura del chiosco e una sera a cena, all'improvviso, suo padre, con lo sguardo fisso sulla tv, ma evidentemente la mente altrove, gli chiese: «Allora? Come va il lavoro?» Roberto e sua mamma si erano guardati sbalorditi. Nello strappo era stato infilato ago e filo e in poco tempo fu ricucito. Non aveva mai smesso di amare suo padre! Il suo papi che da piccolo gli faceva fare cavalluccio sulle gambe e lo portava al cinema nelle vigilie di Natale. Quanti presepi avevano costruito insieme! Quante partite di calcio avevano visto. Quella sera, prima di addormentarsi, pianse. Non aveva mai pianto durante il conflitto. Lo faceva adesso che stava finendo. Pensò che i sentimenti umani fossero incomprensibili.

Un giorno di primavera suo padre, guardandolo fisso negli occhi, ammise di essersi sbagliato. Quello fu il giorno in cui Roberto capì che, alla sua maniera, gli stava chiedendo scusa. E non lo rimproverava più di nulla. Quel giorno l'amore per suo padre era totale! Aveva ripulito il cuore di suo figlio dai sensi di colpa. Sei mesi dopo morì. Roberto aveva quasi trent'anni. La morte del padre segnò un profondo cambiamento in lui. La spavalderia che l'aveva sempre accompagnato si fece da parte; divenne più riflessivo e più prudente nel prendere decisioni.


A vent'uno anni, quindi, aveva realizzato il suo sogno. Era proprietario di un'edicola; la chiamò, non senza un pizzico di banalissima fantasia, "EDICOLA NANI". Capitò una volta che, entrando nel bar di fronte per fare colazione, un suo conoscente lo salutò dicendo: «Ehilà! Ciao Edicola!» Quel giorno divenne per tutti Edicola, e ancora oggi, a quarantasei anni, il nomignolo lo accompagnava.

Conobbe sua moglie Lina a venticinque anni e, dopo cinque, si sposarono: erano in attesa di Andrea. Era l'unico edicolante del paese, quindi conosceva tutti e tutti lo conoscevano. Soprattutto le donne: era alto, non magrissimo, ma neanche grasso. Quella via di mezzo per cui, dati anche i suoi centonovanta centimetri di statura, veniva considerato il classico "omone". Ed era bello: occhi verdi, capelli lunghi, brizzolati, a coprire leggermente il collo, barba incolta, ingrigita. Aveva sorpreso più volte delle clienti guardarlo con aria sognante, anche ragazze molto più giovani, e questo lo faceva sorridere. Lina lavorava con lui e sapeva di essere una donna invidiata. Ma non era mai stata gelosa: si fidava di lui, anzi, molte volte avevano scherzato sulla cosa. Anche perché pure lei aveva i suoi ammiratori: era molto più bassa di lui, ma era magra, coi capelli neri, neri, lunghi fino alla schiena e un seno molto prosperoso. Erano una bella coppia, divertenti, spiritosi, ci sapevano fare con le persone. Andare all'Edicola Nani di Ozzano dell'Emilia, era un momento per rilassarsi, farsi due risate, sentire qualche pettegolezzo nuovo, parlare di calcio. E per comprare il giornale, ovviamente!

VuEffe (parte 1) - Il sorrisoWhere stories live. Discover now