XXIV - Festa Della Brughiera

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Luce

La strada per l'Inferno me la immaginavo proprio così.

Piena di cappelli da cowboy, stivali in camoscio dal ginocchio che non andavano di moda dai film di Hanna Montana e la professoressa in calze azzurro ceruleo che avrebbero fatto inorridire Miranda Priestley.

Fissai il mio vestitino Dolce&Gabbana a metà ginocchio, un po' svasato, di un vistoso rosso borgogna e un adorabile fiocco che scendeva sul fondo della schiena. Era fine novembre, ormai, e il freddo era inoltrato e si infiltrava dentro alle ossa.

La Contea di Harris era costellata da foglie arancioni, alberi dalle folte chiome gialle che vibravano col vento, i piccoli laghetti dai quali gli animali pian piano scomparivano. Gli scoiattoli correvano veloci per preparare le provviste, mentre le rondini cominciavano a migrare. L'erba di un verde smagliante, si era seccata e aveva dato al Lone Star un colorito più grigio. Ma questo non fermò di certo la voglia degli studenti di prepararsi alla rinomata Festa Della Brughiera. Ne avevo sentito parlare almeno dieci volte al giorno, per tutti i giorni in cui avevo messo piede nel collegio.

Quella mattina, erano tutti in fibrillazione. Tutto il collegio era diretto verso il giardino botanico di San Antonio. Eravamo organizzati in grandi pullman gialli e neri, suddivisi per anni scolastici. Infatti, quella mattina, avevo intravisto i miei fratelli solo a mensa, per colazione. E avrei mentito se avessi detto che - pensando ai ragazzi dell'università - il mio pensiero non fosse inevitabilmente rivolto a lui.

Edoardo mi aveva riportato uno sprazzo di realtà. Non era tornato in Italia, aveva preso in affitto un piccolo loft a Dallas, che di piccolo aveva ben poco. Si era portato un maggiordomo, una cameriera, un giardiniere e un autista. Aveva fatto parte della mia vita da ancor prima di nascere e mi era stato presentato come il mio migliore amico. Un rapporto forzato da sempre, niente a cui abbia tenuto più di tanto, ma mi aveva ricordato da dove venivo e anche se provavo a scordarlo, anche se provavo a fingere di poter essere qualcuno di diverso da ciò per cui ero stata cresciuta, un giorno sarei dovuta salire su un aereo e tornare alla realtà.

E il Texas sarebbe stato un ricordo lontano.

E Adriel se ne sarebbe andato via con lui.

Non potevo di certo farmi condizionare così tanto da uno che era piombato nella mia vita senza preavviso, senza bussare, che mi trascinava a suo piacimento e per cui sentivo un'empatia smisurata.

Quando il pullman si fermò, dopo più di quattro ore di viaggio, erano ormai le undici passate del mattino. Diego russava sul sedile accanto al mio. Gli diedi uno strattone e lui si alzò di botto, urtando con la testa il finestrino del bus.

«Cazzo, Luce!»
«Buongiorno anche a te»

Accanto a noi, Piper e Dakota passarono a testa bassa e scesero le scalette del mezzo. Diego aveva distolto lo sguardo e a me ancora restava la bocca asciutta a pensare che la causa del loro allontanamento sia stata colpa nostra, ma... cosa potevamo farci? Miranda era in mille lacrime, nella sua camera del dormitorio universitario, non riusciva a parlare e stringeva tra le mani un test positivo di gravidanza. Se non era un'emergenza quella, quale sarebbe potuta essere? Dakota avrebbe dovuto capire. E si era pure messa il vestito che le avevo regalato!

Scesi dal bus e la struttura che mi trovai di fronte, era meravigliosa. Un complesso di strutture a labirinto, da cui si intravedevano zone picnic, serre, maestose distese di piante e fiori, monumentali sculture fatte di foglie e delle piramidi in ferro battuto che si intrecciavano dando l'idea di piccole cupole. Era mozzafiato.

Dall'altro lato della strada, intravidi il gruppo delle scuole elementari. Giulio mi scrutò e mi mandò un bacio volante. Io finsi di acchiapparlo con le mani e di portarmelo al cuore. Lui scoppiò a ridere e poi tornò a chiacchierare con i suoi amici.

CUPID IS A LIAR [paused]Where stories live. Discover now