XII - Ammalare

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Luce

«Io non credo che sia una buona idea»

«Certo che lo è. Come vorresti imparare, altrimenti, a suonare il banjo?»

«Che ne so, magari suonando? Non di certo a pulire questo schifo»

Un conato di vomito mi salì alla gola. Quando mi sentii sfiorare la caviglia da un filo di paglia, tirai un urlo. Dakota scoppiò a ridere e si tenne la pancia.

«Non ci trovo niente di divertente» ringhiai, stringendo i denti. Tenevo tra le mani dei secchi vuoti, cercando di non sfiorarli con i vestiti. Fortunatamente era primo pomeriggio e c'era sole nella fattoria. Anche se tirava un leggero venticello, con dei pantaloncini si stava bene.

«Bene. Lì c'è la pompa dell'acqua. Riempi i secchi. In alto, invece, trovi le spazzole. Attenta alle mosche, si annidano negli angoli. Riempilo di antipulci, lo trovi nello scaffale»

Sbuffai, provando a fare ciò che mi chiedeva con una mano, mentre con l'altra tenevo chiuso il naso. Delle espressioni disgustate mi incresparono le labbra. Provavo a scacciare le mosche con una mano, ma così facendo, urtai una balla di fieno. Urlai e mi cadde addosso. Caddi con la balla di fieno. I miei jeans di Louis Vuitton si graffiarono.

Mi voltai verso Dakota. Rideva senza una fine.
Mi alzai, spolverandomi e sbuffando, mentre le andavo incontro e le lanciavo i secchi contro.

«Basta. Io finisco qui!» strillai, spolverandomi nervosamente, sentendomi ancora il fieno sulla pelle.

«Come? Non puoi!» strepitò la bionda, ondeggiando il caschetto. Mi rimise i secchi tra le mani.

«Deve ancora arrivare Petunia» sorrise.
In quel sorriso ci lèssi qualcosa di torvo.
Una paura mi attanagliò.

«Chi è Petunia?»

«Oh, be'...»

Un oink mi fece raggelare sul posto.

Dirizzai la schiena. Divenni paonazza. Un rivolo di sudore mi scese dalla fronte. Sgranai gli occhi e fissai Dakota

«No»

«Oh, sì»

«No, no, no. Te lo scordi, tu sei suonata»

«Si è fatto tardi. Ora torno in camera a studiare, fai un fischio quando hai finito!»

Dakota se la svignò, sventolando una mano e trattenendosi dalle risate. Uscì dal granaio, chiudendo i portoni di legno.
Ero rimasta a fissarli fin quando la luce non era sparita.

Poi sentii un altro oink, più vicino.

«Se non lo guardo, non mi vede. Se non lo guardo, non mi vede»

Qualcosa di umido mi bagnò la caviglia. Saltai sul posto, lanciando un urlo disumano, mentre cominciai a correre attorno al granaio. Poi me lo ritrovai di faccia.

Un maiale grande quanto due cani messi assieme. Sporco di fango dal muso al sedere, con la coda arricciata verso l'alto e due orecchie piene di formiche e mosche.

Pensai al volpino che mi avevano regalato da bambina e a quanto ne avevo paura, tanto da averlo fatto rimandare indietro.

Deglutii.

«Va bene, maialino... calmiamoci, okay?» risi nervosamente, mentre tendevo le mani in avanti per tenere a debita distanza quell'animale. Stavo sudando e tremando.

«Adesso io esco, ok? Tu resta qui. Qualcuno, prima o poi, verrà a lavarti. Fai il bravo maialino!» gli sorrisi in maniera tirata, mentre indietreggiavo sperando di toccare i portoni di legno.

CUPID IS A LIAR [paused]Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum