Fiducia

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Miriam cercò la chiave del cancello.
«Dov'è la chiave Nero?» gli chiedeva mentre cercava nei cassetti dei due tavoli
Lui sibilava e muoveva la testa a scatti.

Lei gli si mise davanti.
«Se non mi aiuti a trovare le chiavi dovrai sbranarmi da lì dentro» Nero allungò una mano fulminea e le graffiò il braccio creandole un solco profondo che ora sanguinava copiosamente.
Miriam lo guardò triste, si avvicinò e gli mise il braccio davanti ai denti, il rosso delle iridi non si smorzava. Lui mise i denti nel solco premendoli nel sangue, Miriam urlò ma non si mosse. Strinse i denti e girò il volto per non guardare.
«Ho visto tuo padre qualche giorno fa, »
Nero strinse di più i denti contro la carne viva.
«Quando gli ho detto che eri scomparso...» strinse i denti per non urlare di dolore
«Lui mi ha detto di cercarti qui... mi ha....aaaaah» si aggrappò alla sbarra con una mano e poggiò la fronte sul becco di lui che spingeva il braccio verso i denti. «mi ha detto come aprire la porta per...» le lacrime le bruciavano gli occhi «per liberarti...»

«Oddio! Fai in fretta ti prego» sussurrò Miriam, poi tentò di nuovo
«Dov'è la chiave Nero. Ti lascerò finire. Ma poi dovrai poter andare via. Devi scappare di qua, non ti lasceranno mai andar via. Vogliono solo sapere come sia stato possibile crearti. Scappa da qui. Dove è la chiave. La chiave Nero..»
I denti stavano arrivando a qualche nervo, il dolore era sempre più forte, Nero non lasciava la presa.
«Alex ti prego...»

A sentirle pronunciare il suo nome Nero parve impazzire, gridò si allontanò da lei, per ripiombargli vicino al di là delle sbarre
Mentre Miriam scivolava a terra tenendosi stretto il braccio.
Da terra lo guardò così vicino scheletrico, spaventoso. «ALEX LA CHIAVE...»
Nero non sopportava che lo chiamasse così.
«AAAAAHHHR NON CHIAMARMI ALEX, NON ESISTE PIÙ ALEX» Gli gridò addosso.
«Io sono il mostro, la bestia, io sono Nero, non c'è più Alex» ora piangevano entrambi della stessa disperazione.

Miriam si tirò su e cercò ancora la chiave della gabbia. Si teneva il braccio stretto al corpo, il sangue colava dalle dita sulle sue scarpe. Prese delle garze per tamponare la ferita, e della carta per pulire le gocce a terra.
Continuò a cercare per un po' poi si arrese e andò di nuovo verso la gabbia.
Faccia di corvo sporse le braccia fra le sbarre e la tirò contro le sbarre, il becco tremendamente vicino al suo viso, gli occhi ancora rossi non davano segno si fosse calmato. Miriam alzò la mano buona e tracciò il profilo del becco di Nero, che gridando la lanciò all'altro capo della stanza. «Perché Miriam, perchè mi hai lasciato fare questo»

«Cosaaa!!! Io? Io non sapevo dove tu fossi. Sono tornata durante la pausa pranzo e non ti ho trovato, credevo te ne fossi andato »
«TU VOLEVI FARE LA MIA AUTOPSIA !»
Miriam lo guardò ad occhi spalancati,
«Non posso credere che tu lo abbia creduto possibile!» le lacrime agli occhi Miriam lo guardava sorpresa e offesa.

Si alzò da dove era caduta e senza più avvicinarsi allargò le braccia.
«Guardami! Ho lasciato il mio braccio sotto i tuoi denti e mi sarei lasciata uccidere da te se avessi avuto la certezza che poi saresti stato libero. Non significa niente per te? Io ti ho dato la mia fiducia già tempo fa, le tua invece è così flebile che ti lasci convincere...da chi? Da quelli che ti torturano?»

Miriam spense la luce sulla gabbia, le faceva più male questo suo sguardo che la ferita al braccio. «Mi spiace! Volevo tirarti fuori di qui ma evidentemente la chiave se la portano dietro. Dovrò cercare un altro modo.
Ti tirerò fuori di qui, poi sarai libero di credere quello che vuoi. Ora me ne vado. Grazie di avermi ferita ancora! Più nell'anima che sulla pelle»

Miriam non poté vedere il sussulto che le sue parole ebbero su di lui, non guardava più neanche dalla sua parte. Gli volse le spalle e dopo una rapida controllata in giro ed essersi sincerata di non aver lasciato tracce del suo passaggio se ne andò senza proferire altre parole.

Nero aveva avuto un sussulto, le ossa sporgenti gli parvero cadere nel gelo, se Miriam avesse guardato ora i suoi occhi li avrebbe visti del colore del ghiaccio. Si lasciò cadere a terra con il becco sul pavimento e le dita ossute intorno alle inferriate a scuoterle rumorosamente. Gridò sperando tornasse indietro a poterne sentire l'odore ma non l'odore della delusione degli ultimi istanti. Di nuovo faccia di corvo si maledì ricordando il padre anche lui deluso da ciò che era diventato.

Continuò a scuotere le sbarre a lungo, poi si tirò in fondo contro al muro esausto e affamato con in bocca il sapore dolce e ferroso del sangue di lei. Si addormentò lì raggomitolato assaporando l'unica cosa che poteva avere di lei.

Miriam al piano di sopra medicò il suo braccio, dopo una anestesia locale e la detersione della ferita mise i punti a chiudere i lembi di pelle, coprì con garze medicate e fece una fasciatura stretta. Ora doveva recuperare l'auto, e tornarsene a casa. Oltre il braccio ogni centimetro di pelle le sembrava livido, il giorno dopo sarebbe davvero stata dura alzarsi.

Nero Where stories live. Discover now