Nero

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Da quell'evento passò molto tempo. Faccia di corvo seguiva Miriam ogni notte senza che lei se ne accorgesse. La ragazza viveva in affitto al piano superiore di una casa un po' dismessa. Sotto di lei abitava l'anziana signora proprietaria della casa che vi aveva vissuto da quando si era sposata, rimasta vedova dieci anni prima e trovandosi troppo sola nella grande casa, dopo che l'unico figlio morì in seguito ad un tragico incidente, aveva deciso di separare i due piani e cercare un inquilino senza troppe pretese che occasionalmente avesse voglia di fare due chiacchiere e prendersi una tazza di tè.

La zona era piuttosto tranquilla, al di là della strada vi era un'altra casa piuttosto cupa in cui vivevano due fratelli agricoltori, sui quaranta anni, con la moglie di uno dei due e il figlio tredicenne della coppia. L'abitazione stretta ed alta si stagliava sulla strada e dava l'impressione di pendere in avanti. Due colonne ai lati ne acuivano l'aspetto gotico, ai lati degli alti pini ombreggiavano la casa durante il giorno, la notte invece ne accentuavano l'opprimente altezza. Quel tetto ben si confaceva a testa di corvo che si appollaiava vicino ad una delle due colonne, quella da cui meglio vedeva le finestre della casa di fronte.

Gli inquilini della lugubre casa lamentavano strani rumori durante la notte. Avevano ipotizzato ci fossero topi in soffitta, ma dopo trappole e veleni non ne trovarono traccia ne di vivi ne di morti. La donna che fino a pochi mesi prima lamentava la presenza massiccia di piccioni che imbrattavano grondaie e inferriate si trovò a raccoglierne piume e pezzi d'ali o le teste, domandandosi quale bestia girasse nei paraggi, e seppur schifata trovò fosse una soluzione, forse drastica ma efficace. Quando per due giorni vide uno stormo di corvi pensò potessero essere i volenterosi disinfestatori.

Oltre questo il cane della famiglia, un corso particolarmente massiccio, era diventato particolarmente fastidioso e continuava ad abbagliare e a ringhiare. A volte si affacciava uno dei due uomini gridando di star zitto, quella notte fu Miriam infastidita da ore insonni ad affacciarsi alla finestra e gridare.
«OOOH BASTA! STAI ZITTO!»
Vedeva bene il cane al di là del cancello, nel cortiletto illuminato dal faretto all'ingresso.
Arrabbiata restò a guardarlo, ora ringhiava e digrignava i denti guardando un punto in alto, Miriam cercò di capire cosa destasse quella reazione nel grosso cane e ne seguì lo sguardo, trasalì quando ritrovo il riflesso rossastro di due occhi contornati dal nero assoluto.

Era molto ben celato dall' oscurità ma oltre gli occhi vedeva tutto il profilo a sinistra: della gamba magra, del fianco, della ala e della spalla. Oltre agli occhi non scorgeva che un po' di mento, il resto era nell'oscuro più assoluto. Il cane continuò a ringhiare, finché anche faccia di corvo ringhiò a suo modo, stranito dall'essere stato sorpreso dalla ragazza.

Miriam stranamente non era spaventata,
pensava che se avesse voluto farle del male sarebbe accaduto e basta, nulla avrebbe potuto fare per fermarlo.
«So che sei lì» era solo un sussurro ma lui lo sentì. Allargò le ali e mentre lei ancora guardava di fronte lui era già entrato ed era alle sue spalle. Aveva solo sentito lo spostamento d'aria e il dolore della sferzata sul braccio al suo passaggio. Si guardò la spalla sorpresa e si girò. Ora si che aveva paura, ma ancora di più aveva necessità di capire cosa fosse.

Lui era accucciato a terra davanti al comodino e mostrava i denti. Lei non si spostò dalla finestra che valutò l'unica improbabile via di fuga. «Sei arrabbiato! Perché sei arrabbiato?»
Lentamente lo sguardo di faccia di corvo si tramutò e il rosso si incupì in un nero assoluto, quasi non ne vedeva le pupille più simili a pozzi bui. Ancora i denti aguzzi in vista con l'unico labbro abbassato a mostrarli. Un breve sprazzo di curiosità poi di nuovo rabbia e il rosso tornò a cerchiare lo sguardo.

Faccia di corvo balzò addosso alla ragazza che si sentì afferrata e avvolta in quelle ali di pece.
Miriam mantenne il controllo. Non gridò. Spinse con le mani per tentare di liberarsi, sentì i denti sulla guancia e ebbe la fugace orribile visione di un volto sfigurato. Cambiò tattica e smise di spingere sulle costole scarne e fece scivolare le mani dietro la schiena piumata di lui.
«Non farmi del male ti prego!» mentre un dente bucava la guancia e sentiva il becco schiacciarle poco sopra e sull'occhio.

Faccia di falco fu abbattuto e sconvolto dal tono di voce e dalle mani fra le piume della schiena, la rabbia fu soppiantata dallo sconcerto e da una profonda tristezza. Con uno scatto spostò la testa dal volto della giovane e la girò verso l'esterno. Respirava piano e restava attento ad ogni reazione della giovane che continuava ad abbracciarlo. Pensò si sarebbe lasciata divorare. Non lo aveva più fatto, da tanto. Un brivido percorse la schiena dell'essere ricordando l'unica volta che si era nutrito di carne umana. Fu scosso al pensiero dell'ira che lo aveva scatenato e del piacere nell'attuarlo. Piacere che si dissolse quando l'unica persona che lo avesse mai trattato umanamente lo aveva guardato in quel modo: con dolore, ludibrio e orrore.

Le iridi divennero verdi, di un verde scuro come non li aveva mai avuti, la stretta delle ali si fece più morbida e avvolgente. Miriam cercò di guardarlo in volto, l'odore acre delle piume le pungeva le narici.
Faccia di corvo si volse verso la donna e ne incontrò lo sguardo, ne sentì lo stupore più che vederlo. L'uomo uccello si innervosì e Miriam vide sparire quel verde cupo dai suoi occhi. In un secondo spalancò le ali e rimase immobile, se lei avesse voluto avrebbe potuto allontanarsi. Lui chinò la testa verso di lei e leccò la piccola goccia di sangue che si era formata dove il dente aguzzo era penetrato.

Miriam strizzò gli occhi più per paura che per disgusto. Per qualche secondo pensò che sarebbe tornato a morderla, le mani dietro la schiena si serrarono e l'uomo uccello fu turbato dalla sua stessa reazione. Stava per scattare di nuovo quando vide gli sgraffi sul braccio.
Miriam si accorse della direzione dello sguardo
«E si amico mio! Hai la tendenza a ferirmi.»
Faccia di corvo si chinò a leccare anche il braccio, emise un verso e balzò in avanti verso la finestra ma di nuovo qualcosa attrasse la sua attenzione. Qualcosa di scuro faceva bella mostra di se infilata fra specchio e legno del vecchio comò. Faccia di corvo la afferrò e balzò davanti a Miriam. Ora le stendeva la piuma e se ne strappò un altra e gliela teneva a fianco.
«NO! Non strapparle!» faccia di corvo gliela strinse in pugno. E Miriam le osservò poi guardò lui e disse:
«Nere! Queste piume sono nere come il tuo umore.»
«Nere!» ripeté lui guardando le piume nelle sue mani.

Miriam ebbe un sussulto, lui aveva parlato?
«Sì! È il tuo colore il nero»
«Nero!» gracchiò ancora lui
Miriam stese una mano a sfiorarlo
«Nero! Si tu sei Nero! Ti chiamerò così se sei d'accordo.»
Lui ripeté «Nero»
«Tu sei Nero...» e lo toccava indicandolo
«...e io sono Miriam» e indicò se stessa.
Lui toccò se stesso e di nuovo ripeté: «Nero...» e poi toccò lei «...Miriam..»
Le dita ossuta con le unghie uncinate toccarono ancora la ragazza sul petto. Ora il muso del corvo si era abbassato ad annusare dove aveva fermato le dita, colpito dalla morbidezza sottostante. Miriam si spostò indietro trovando un po' strano l'interesse dell'essere.

«Nero! Ora vai, io ho bisogno di dormire...
...siamo amici ora vero?»
«Nero Miriam Amici» ripeté lui e di nuovo apparve quel verde cupo, e Miriam capì che l'alternanza dei colori degli occhi ne rivelavano la pericolosità. «Ora va via.»

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