Tradimento

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Appena sentì l'auto lontana Miriam costeggiò il cortile, facendo mente locale della traiettoria delle telecamere, con un po' di fortuna sarebbe riuscita ad arrivare alla porta senza essere ripresa. I fari come sperava non erano stati aggiustati e Miriam sperò di esserne avvantaggiata.

Entrò e si diresse verso le scale senza accendere la luce. Scese la rampa e aprì piano la porta. Era andata lì sotto una volta sola quattro anni prima, e aveva decretato che se non fosse stata obbligata non lo avrebbe più fatto. Dei neon mandavano una tenue luce tremolante lungo il muro grigiastro, tubi correvano in alto per tutto il corridoio e oltre, un odore acre alzava lo stomaco di Miriam che procedeva con cautela. In fondo vi era una porta massiccia simile a quelle delle cassaforti, con strane maniglie.

Miriam ricordò la leva menzionata dal dottor Gard, vicino al tubo aveva detto?  Quale tubo?
Ce ne erano una decina nel muro alla sua destra. Miriam cercò la leva ma non ne vedeva traccia.  Dovette inserire la mano nello spazio fra muro e tubi, e cercare a tastoni. Immaginava ragni e piccoli insetti corrergli fra le dita, sentiva le ragnatele appiccicarsi alla mano, rabbrividiva e tremava. Finalmente sentì qualcosa di metallico che usciva fuori dal muro, la afferrò e tirò verso il basso. Sentì un forte rumore e la porta scattò in avanti, la spinse ed entrò.

Davanti a lei era buio, una luce debole di sicurezza era alla sua destra vicino a due tavoli di acciaio. Una sedia da ufficio era al lato di uno dei tavoli. Alla sinistra si stagliavano una serie di schedari  e quattro armadietti di medicinali. Di fronte a lei vi era un tavolo operatorio con i fari sopra e dei carrelli con una serie di strumenti.
Miriam vide le cinghie di cuoio ai lati del lettino.
Più in là, oltre il tavolo operatorio Miriam vide il riflesso della luce sulle sbarre di quello che sembrava un cancello.

Sentì un sibilo provenire oltre le sbarre. Fece qualche passo e il sibilo divenne un ringhio.
«Nero?» perché le ringhiava?
Vide la schiuma bianca fra i denti nell'oscurità.
«Nero...»

Faccia di corvo giaceva a terra prima di sentire di nuovo la porta aprirsi. Le mille volte che aveva atteso il padre varcare quella soglia, a venire a difenderlo dall' insensibilità di Liam e di Wilson, quando ancora bambino veniva chiamato da loro mostriciattolo gli tornarono vivide nella mente.
Sentì l'odore prima di vederla, se non fosse per le sbarre ora sarebbe già morta e lui avrebbe infierito sulle sue carni e se ne sarebbe cibato.

Gli aveva chiesto fiducia e lui si era fidato, come uno stupido cucciolo in cerca di carezze, che alla prima coccola mugolava di piacere. Che stupido era stato a non sbranarla la prima sera. Lo aveva venduto, era stata tutta una falsa.

Gli bruciavano le ossa, lo sedavano e ogni volta si svegliava legato a quel tavolo. Liam, come faceva Wilson anni addietro, lo pungolava con le parole e con il bisturi, lasciava nascoste dalle piume minuscoli tagli ad appiccicarle di sangue.
«Brutto corvo! Cosa credevi? Di aver trovato la fidanzata?» e rideva Liam godendo per ogni dolore e ferita inferta. «La tua bella vuole sapere come sei fatto, quando tirerai le cuoia sarà lei a farti l'autopsia.» si avvicinava al suo becco e aggiungeva «non vede l'ora»
Tirando indietro la testa quando faccia di corvo sfoderava i denti bavosi tentando di strappare la cinghia che teneva il collo fermò sul duro lettino d'acciaio.

Wilson! Quanto aveva odiato Wilson quando gli disse che era una fortuna che la madre non fosse più viva e non potesse vedere che mostro fosse diventato. Il padre non capiva perché si fosse così incattivito, credeva che i geni del corvo avessero stravolto anche la sua indole, e che ne avesse fatto un essere senza anima.

Quando lo uccise lui bimbo di appena 10 anni il padre ne rimase sconvolto. Jeff Gard era entrato in silenzio mentre Wilson lo torturava con il bisturi chiamandolo obbrobrio e mostro. Aveva guardato con rabbia Wilson e aveva cominciato a liberare il piccolo Alex, «come hai potuto? Cosa sei tu? Più bestia di questa creatura innocente!» gridava Papà Jeff verso Wilson dopo averlo tirato via da vicino al figlio scaraventandolo a terra.

Alex appena fu libero smentì il padre. Volle mostrare a Wilson tutta la sua bestiale rabbia, un solo colpo di becco all'ugola ne aveva reciso l'aorta e non contento lo aveva morso in più punti senza badare dove. Lo sentiva gridare e piangere come un vigliacco, ne gioì per tutte le volte che lo aveva picchiato perché piangeva. Quando si era girato verso il padre aveva visto lo sguardo sconvolto di lui, il riflesso di quello che vide di se nei suoi occhi non gli piacque. Si sentì solo, disprezzato e abbandonato anche dal padre, che gli aprì la porta e gli indicò il bosco dicendogli di andare via.

Non aveva più ucciso nessuno, ma ora Liam e Miriam dovevano pagare per la cattiveria uno e per l'inganno l'altra.
Sibilò testa di corvo, ringhiò quando Miriam fece dei passi verso di lui, e scoprì i denti quando lo chiamò con il nome che lei stessa gli aveva dato. "Avvicinati" pensò, "se solo riesco ad afferrarti.."

Miriam si avvicinò, ora vedeva il rosso fiammeggiante degli occhi del corvo, il resto era nascosto dall'oscurità. Miriam cercò qualcosa che somigliasse ad un interruttore, ne trovò una serie e andò per tentativi. La cella si illuminò e lei lo vide. Fu sconvolta dalle costole che sporgevano dal piumaggio ingrigito.
Le striature sulle gambe sembravano cordoli su rami secchi! Le dita delle mani avevano un sottile strato di pelle incartapecorita gli artigli sulle secche dita sanguinavano per il continuo raschiare tutto ciò che lo circondava.

Si avvicinò e lui cominciò a fiondarsi contro le inferriate, si tirava indietro fino al muro dietro e si ributtava verso di lei quasi a volerle sfondare. Miriam non capiva l'atteggiamento dell'uomo uccello, di nuovo parve dover ricominciare tutto da capo e riconquistare la sua fiducia.
«Nero Fermati! Così ti fai male..»
Nero emise una specie di risata gracchiante, le piume di testa e collo ritte di nuovo si tirò indietro e di nuovo si lanciò verso le sbarre facendole suonare in un rumore assordante.

«Nero! Non mi riconosci? Sono io Miriam! Voglio portarti via di qui, ma se fai così... posso fidarmi di te? Posso aprire questo cancello?»
Nero non si fidava. Voleva ingannarlo ancora, per fare cosa? Non lo avrebbe forse sedato come gli altri se fosse per l'ennesimo esperimento?
Un rivolo di sangue scorreva da sopra il sopracciglio e colava sul becco.

Miriam se ne accorse.
«Ti sei ferito!» si avvicinò di nuovo con cautela, gli occhi di Nero sempre più infiammati. «Vuoi ferire me? Vuoi farmi del male?» «Lo sai che te lo lascerei fare»
Il rosso pulsò. «Se fossi certa che non te ne pentiresti te lo lascerei fare»
Faccia di corvo mise le mani sulle sbarre ai lati della sua testa e sporgendosi ringhiò con voce bassa e gutturale «Lasciamelo fare! »
«È quello che vuoi?»
«Ssi!»
Miriam si avvicinò ancora, e lo guardò triste, stavolta non sarebbe riuscita. Nessuno spiraglio di luce nei suoi occhi, ma se lei non poteva fidarsi di lui, gli avrebbe dimostrato che poteva fidarsi di lei.

Nero continuava a mostrarle i denti sibilando soffiandoci l'aria, rivoli di bava colavano e si muovevano al respiro forzato dall'uomo uccello.

Pubblico anche questo, sperando non ci siano troppi errori. Come vi sembra? Troppo scontato?

Nero Where stories live. Discover now