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Il corridoio dell'ospedale era molto affollato.

Medici ed infermieri che correvano a destra e a sinistra, pazienti che su un lettino venivano trasportati in sala operatoria o venivano dimessi su una carrozzina, familiari che piangevano perchè i medici gli comunicavano della perdita di un loro caro. 

Ero seduta su una delle serie di sedie che si trovavano nel corridoio. Mi trovavo in ospedale da tre ore, e non avevo notizie di mio padre. Non sapevo se stesse bene, cosa fosse successo, se fosse ancora vivo. Nulla.

- Bevi, o ti disidraterai. - 

Austen mi porse un bicchiere dal quale usciva del vapore. Gli avevo telefonato mezz'ora dopo che eravamo arrivati all'ospedale. Mi vergognavo molto, perchè probabilmente lo avevo disturbato, ma avevo bisogno di lui. Avevo avvisato anche Luna ed Elton, e dato che si trovavano entrambi fuori Londra non sarebbero riusciti a raggiungermi, però mi avevano chiesto di dargli aggiornamenti ogni ora. 

Afferrai cautamente il bicchiere e controllai cosa ci fosse dentro. 

- Ti ho portato del tè verde, al bar dell'ospedale lo avevano - mi spiegò. 

Si sedette accanto a me e circondò le mie spalle con un braccio. Gli avevo spiegato cosa fosse successo, e capivo fosse preoccupato per me dopo che avevo visto così mio padre. 

- Tua madre verrà? - chiese.

- Non deve avvicinarsi a lui - dissi d'istinto. Lui mi guardò sorpreso, quasi.

Poi ricordai: lui non sapeva del rapporto coi miei genitori e non sapeva cosa faceva lei a entrambi.

- Non stiamo vivendo un bel periodo - mi affrettai a spiegare con una scusa.

- Oh, capito. - 

Cambiammo poi discorso, e per distrarmi lui iniziò a parlarmi di tutte le cose che avremmo fatto insieme se fossimo andati insieme a Dublino. Capii che lo stava facendo per farmi concentrare su altro e tranquillizzarmi, e lo apprezzai.

Trascorse un'altra ora, e di mio padre non sapevo ancora nulla. Stavo iniziando a spazientirmi, ed Austen lo aveva capito.

- Vuoi che chieda a un infermiere? - mi chiese. 

Non feci in tempo a rispondere, che una dottoressa si avvicinò a noi. Non doveva avere più di trentacinque anni, era molto giovane.

- Anna White? - mi chiese.

- Si, sono io - risposi alzandomi. Presentai Austen alla dottoressa spiegandole che stessimo insieme, e lei annuì rivolgendo a lui un sorriso gentile.

Mi fece segno di sedermi nuovamente, e io lo feci ma con una punta di paura. 

- Tuo padre è uscito dalla sala operatoria proprio ora. Ci sono state delle complicazioni durante l'operazione, ma è andato tutto bene. Solo che.. - 

Interruppe la frase e guardò in basso.

- "Solo" cosa? - chiesi preoccupata, con Austen che mi stringeva dolcemente la mano.

Lei posò lo sguardo prima su di lui, e poi su di me.

- Ha perso molto sangue dalla testa, e ha subito diversi traumi. Al momento è in stato di incoscienza. -

- Nel senso.. nel senso che è in coma? - chiesi.

- Per il momento sì, ma la possibilità che possa riprendere i sensi è presente. -

Tirai un lieve sospiro di sollievo.

- Dobbiamo chiamare anche tua madre? E' segnata sulla sua cartella come numero da chiamare nel caso di emergenza - mi chiese la dottoressa.

Ciò che gli occhi non vedonoWhere stories live. Discover now