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Lo studio di Milligan non era grandissimo ma era arredato bene. Vi erano due librerie con manuali e saggi di filosofia e anche alcuni libri diversi, come libri di Oscar Wilde, Jane Austen e anche qualche libro della saga di "Harry Potter". Notai che vi erano anche dei libri per bambini. Alle pareti vi erano appesi attestati di partecipazione a seminari, le sue due lauree in filosofia delle quali una conseguita in Italia (entrambe con il massimo dei voti) e molti piccoli premi per dei saggi che aveva scritto erano poggiati sopra a delle mensole. Vi erano anche alcuni trofei sportivi di scherma e scacchi.
La scrivania era bellissima: vidi un calamaio in buone condizioni e una piccola pila di fogli bianchi.
C'erano anche due fotografie: una con lui e Ariel che dovevano essersi appena sposati, dati gli abiti che indossavano, ed erano davvero giovanissimi e anche molto belli; nell'altra Ariel e Thomas sembravano felicissimi e lui aveva una mano poggiata sulla pancia di lei. Probabilmente aspettavano un bambino. Eppure oltre a loro e a Whiskey in casa non c'era nessuno..
- È un po' buio qui - disse Austen aprendo le tende che c'erano davanti alla finestra.
- Già.. - confermai. Mi sedetti su una delle due sedie davanti alla scrivania. Austen mi raggiunse e si sedette vicino a me.
Ero un po' nervosa; il professore aveva alte aspettative su di me e avevo paura di non soddisfarle.
- Ehi, andrà tutto bene - mi disse lui prendendomi la mano delicatamente.
Arrossimmo entrambi. Di istinto intrecciammo le nostre dita, sempre con delicatezza. Mi sentivo sicura con lui..
Rimanemmo così fino a quando Milligan entrò nello studio.
Sorrise.
- Spero di non aver interrotto niente - ci disse ammiccando. Credo che saremmo diventati due peperoni e accennammo un piccolo sorriso.
Thomas si sedette e iniziò ad illustrarmi il quesito del concorso.

*

Il concorso consisteva nello scrivere un saggio breve sul Positivismo. Questo saggio avrebbe dovuto contenere diversi paragrafi, tra cui:

- introduzione;
- cenni al contesto storico e sociale;
- la sua diffusione;
- i suoi vari aspetti;
- le differenze tra il Positivismo e l'Illuminismo;
- note conclusive e ringraziamenti.

- Professore, ma noi non lo abbiamo ancora affrontato questo argomento in classe.. - iniziai a dire, ma il professore mi bloccò.
- Ne avrei iniziato a parlare la prossima settimana. Ma non ti basterà solo il materiale che ti darò a lezione, quindi avevo intenzione di chiederti questo: per due volte a settimana dopo la scuola ti andrebbe di trovarci qui per aiutarti a scrivere il saggio e anche a studiare? Come se fosse una lezione di potenziamento - propose. Ero indecisa: i miei genitori cosa avrebbero pensato?
Cosa mi avrebbero fatto..?
Vedendomi titubante aggiunse: - Naturalmente avviserei i tuoi genitori, si tratterebbe solo di un paio di mesi. Bisogna consegnare online il saggio entro il 10 aprile, adesso siamo a febbraio quindi vedendoci per due volte alla settimana per qualche ora riusciremmo sicuramente a terminare anche prima della scadenza - .
- Dovresti accettare secondo me - mi sussurrò Austen. Effettivamente non sarebbe stato male: con questa scusa sarei stata più tempo fuori casa e sarei riuscita a studiare una delle materie che più amavo a scuola.
- Va bene, accetto - dissi infine. Milligan sorrise.
- Ottimo, ne sono davvero felice - disse.
- Austen, se vuoi puoi unirti anche tu a questi incontri. Credo che qualche lezione extra di filosofia potrebbe farti appassionare un po' di più oltre a farti comprendere dei concetti che mi hai detto non essere stati trattati nella tua vecchia scuola - gli propose.
- Ne sarei felice, professore - rispose subito Austen. Mi aveva confessato che effettivamente voleva scoprire quale fascino si celasse dietro la filosofia, quindi secondo me aveva fatto bene ad accettare. Sul Positivismo avevano molto di cui parlare con Milligan, quindi sarebbe venuto fuori un saggio sostanzioso secondo me.
E poi potevamo trascorrere più tempo insieme, io e Austen.
Rimanemmo ancora per il tè, che venne servito in salotto; quella di Milligan aveva la testiera più bassa. Ci sedemmo su delle poltrone e Ariel arrivò dalla cucina con il servizio da tè. Ci dissero che facevano questo abitualmente come se fosse una tradizione, anche se si fossero trovati in giro. Erano abbastanza giovani ed era carino sapere che certe tradizioni venissero ancora conservate anche da uomini e donne che non avevano ancora quarant'anni. Sulle pareti vi erano foto di loro due in quasi ogni Stato europeo, con la famiglia o con Whisky. Vi era anche un caminetto.
Nella stanza c'era un pianoforte a muro.
Notando che lo stessi guardando, il professore disse: - È mio da quando andavo alle elementari. Mia madre voleva che imparassi a suonare uno strumento, e non avrei mai detto che sarebbe stata una cosa che mi avrebbe appassionato così tanto -.
- Lei suona, professore? - chiese Austen sorpreso. Lui annuì.
- Ho dovuto fare degli interventi alle mani da giovane da quanto suonavo. Purtroppo posso suonare molto poco ormai - confessò. Ariel gli strinse delicatamente una mano e il professore baciò la sua. Vedere queste tenere dimostrazioni d'amore mi faceva scaldare il cuore.
- È almeno la seconda volta che faccio una brutta figura, professore.. - disse Austen mortificato guardando in basso. Gli poggio delicatamente una mano sulla spalla e lui, accorgendosene, me la stringe.
- Tranquillo ragazzo, non lo fai apposta, lo so - lo tranquillizzò prontamente Milligan con un piccolo sorriso. Austen gli sorrise di rimando. Era abbastanza mortificato.
Finito il tè, ci lasciarono un momento da soli.
- Sono un disastro - iniziò a dire Austen.
- Non è vero.. non potevi sapere le risposte ai quesiti che hai posto, non lo hai fatto con cattiveria - lo rimbeccai teneramente. Abbozzò un piccolo sorriso.
- Spero solo che ciò non si ripercuota sui miei voti - disse titubante.
- Non preoccuparti, è un professore molto corretto. Non fa queste cose - gli risposi tranquilla.
- Speriamo.. almeno avere anche te qui rende il tutto meno imbarazzante - dice sorridendomi. Arrossisco lievemente.
Whisky arriva in salotto e in bocca porta una piccola pallina verde. La poggia davanti a me e si mette seduto.
Vuole che gliela lanci io?
- Vuole giocare con te a quanto pare - disse Austen.
- Vado a chiedere al professore se posso giocare al "riporta la palla" - dissi.
- "Riporta la palla"? - ripeté divertito.
- Io lo chiamo così.. è sbagliato..? - chiesi titubante.
Non voglio passare per strana o per quella che si inventa termini assurdi.
- Oh, no no, è solo che.. è carino - mi disse semplicemente. Sollevata annuii e mi diressi cautamente in cucina. Vidi da dietro la porta che Milligan stava abbracciando sua moglie e che le accarezzava i capelli.
- Va tutto bene.. va tutto bene.. - le disse dolcemente. Lei aveva il volto nell'incavo del suo collo e sembrava.. sembrava che stesse piangendo.
Non è carino origliare, Anna. Bussa, se no ti faranno la stessa cosa che ti hanno fatto loro.
Bussai ma non entrai nella stanza.
Si staccarono piano dall'abbraccio e notai che lei si fosse girata verso il lavello per non farsi vedere in viso.
- Anna, sei tu? - chiese Milligan.
- Posso? - chiesi titubante a mia volta. Acconsentii ed entrai.
- Hai bisogno di qualcosa? -
- Whisky ha portato in casa questa pallina e l'ha appoggiata vicino ai miei piedi. Vuol dire che vuole giocare con me..? - chiesi.
- Oh.. non lo fa mai con chi non ha mai visto - riflette. Dopo pochi secondi, mi disse: - Ma si, vai pure in giardino. Lanciagliela qualche volta, tanto si stanca presto. Vorrei farti vedere quei quadri di cui ti ho parlato prima di riportarvi a casa - mi disse con la voce leggermente tremante ma abbozzando un sorriso. Annuii e tornai in salotto.
Austen stava coccolando il cane che era visibilmente contento di ricevere tutte quelle attenzioni in una sola volta.
- Allora? - mi chiese.
- Andiamo in giardino - risposi.
Uscimmo e rimanemmo a giocare con Whisky. Nonostante il gioco con lui mi stesse giovando, non riuscii a smettere di pensare ad Ariel che piangeva e al volto di Milligan che cercava di trattenersi dal farlo a sua volta. Sperai che non fosse nulla di grave e continuai a lanciare quella pallina a Whiskey, che evidentemente voleva che quel momento di gioco non avesse mai fine.

Ciò che gli occhi non vedonoWhere stories live. Discover now