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La sveglia del telefono suona puntualissima alle 7:30. Svogliatamente la spensi trascinando un dito sullo schermo e mi stropicciai gli occhi. Feci mente locale: ricordai la serata del giorno precedente con Austen e i messaggi scambiati con lui. Un sorriso spuntò agli angoli della mia bocca. Il cielo stellato, la cena insieme, e.. quel piccolo bacio delicato all'angolo della bocca. Arrossii. "Mi piaci". Poi però la memoria mi riportò alla mente i messaggi scambiati con mio padre. Che cosa era successo la scorsa sera per non farmi tornare a casa? E cosa sarebbe successo al ritorno dei miei? Rabbrividii e mi tirai su coi gomiti.

- Buongiorno - salutò Luna, dopo un lungo sbadiglio. Solitamente era molto energica la mattina e si svegliava ancora prima di questo orario, si vede che la giornata di ieri era stata estenuante per lei. 

- 'Giorno - ricambiai. La mia amica si mise seduta sul letto e si stropicciò gli occhi.

- Dormito bene? - chiese con sorriso. Annuii e le sorrisi di rimando.

- Ne sono contenta. Allora, oggi è sabato, e mamma prepara i pancakes, sono buonissimi - mi disse alzandosi dal suo letto per venire a sedersi sul mio. Sorrisi. Questa serenità familiare mancava nella mia famiglia, ma mi ero convinta che come vivessi io fosse la normalità. Dopo quello che mi aveva fatto mio padre, avevo perso il controllo di me stessa, mi ero annullata. Piano piano, però, stavo iniziando a capire che ci fossero altre realtà, realtà più serene, realtà più tranquille. Senza botte, senza tagli.. senza abusi.

- Dai, usa pure il mio bagno, io vado nell'altro - mi disse, risvegliandomi dai miei pensieri. 

- Ma.. - 

- No, niente "ma". Sei la mia migliore amica e sei mia ospite - mi disse facendomi l'occhiolino, prima di sparire tirandosi dietro la porta. Sospirai: era incorreggibile. Ma ero felice di averla incontrata.. mi voleva bene e io l'avevo sempre allontanata. Non ero pronta però a parlarle di cosa mi succedeva.. non ancora.

Presi il cambio di vestiti dal borsone e staccai il telefono dal caricatore. Accesi internet e mi ritrovai molte notifiche, tra le quali alcuni messaggi. Mi diressi nel bagno in camera di Luna e mi cambiai, per poi sciacquarmi il viso e applicare il solito trucco, che ormai aiutava poco. Successivamente, ricontrollai il cellulare e aprii i messaggi. Austen.

Ehi..

L'orario catturò la mia attenzione: le 5:45. 

Risposi.

Ciao.

Uscii dal bagno e poggiai il pigiama ben piegato sul letto. So che non mi avrebbero alzato le mani nel caso in cui non l'avessi ripiegato, ma avevo solo paura. Mia madre quando avevo dieci anni ritrovò il mio pigiama buttato sul letto, che avevo rifatto con cura. Si arrabbiò talmente tanto che quando tornai da scuola aveva deciso di riempirmi di pugni sul viso. Arrivai a scuola col viso gonfio e quasi blu, però riuscii a nascondere bene il tutto coi capelli e con alcuni trucchi che mi aveva dato mia madre. Rabbrividii. 

Uscii dalla camera di Luna e la ritrovai in fondo al corridoio che usciva dal bagno di servizio. Nell'aria aleggiava un profumo dolce, misto a quello del caffè. Probabilmente sua madre stava preparando i pancakes, come mi aveva detto la mia amica precedentemente. 

- Oh, sei pronta. Scendiamo? - chiese. Annuii e scendemmo le scale. Arrivate alla fine, svoltammo a sinistra e ci ritrovammo in cucina. Era così diversa rispetto alla mia: da me la luce non filtrava mai dalle finestre, c'era sempre odore di erba e fumo. Quella della famiglia di Luna era accogliente, ariosa, profumata e illuminata.. era bella. 

- Buongiorno ragazze - ci disse sua madre rivolgendoci un sorriso mentre si trovava ai fornelli. Un uomo che stava leggendo un giornale ci rivolse un'occhiata dolce e un sorriso: doveva essere il padre di Luna.

- Buongiorno - ci disse, per poi stampare un bacio sulla guancia di Luna. 

- Buongiorno papà, buongiorno mamma - salutò Luna. Ricambiai il saluto.

- Papà, lei è Anna, stanotte ha dormito qui - mi presentò lei.

- Oooh, capito. Luna mi ha parlato tanto di te, so che siete amiche dalle elementari. E' un piacere conoscerti, io sono Carl - mi sorrise suo padre tendendomi la mano. Ricambiai la stretta e sorrisi. Credo che Luna gli avesse spiegato che non fossi una ragazza di molte parole, infatti non mi sentii a disagio. Guardai la tavola: era tutta apparecchiata per la colazione, le tazze per il caffè, i piatti per i pancakes, sciroppo d'acero, miele, crema al cioccolato, burro d'arachidi. Vedere tutta quella roba mi paralizzò; non ero abituata a mangiare così tanto, anzi, non ero abituata proprio a mangiare. La mamma di Luna portò i pancakes in tavola e quando iniziò a servire il mio piatto mi disse: - So che mangi poco, quindi a te li ho fatti più piccoli -. Fece un leggero occhiolino e mi passò il piatto. Notai la sua somiglianza con Luna: erano due gocce d'acqua, i capelli biondo platino e mossi che scendevano morbidi sulle spalle, gli occhi grigi e la corporatura con le curve al posto giusto. Avevano anche lo stesso sorriso. Notai anche il legame che Luna avesse con suo padre, era davvero speciale. Sorrisi, un po' invidiosa perchè io praticamente i miei genitori non li conoscevo, e non assomigliavo a nessuno dei due. Sia mamma sia papà avevano i capelli corvini e gli occhi castani, io ero biondo cenere e i miei occhi erano verde smeraldo. Avevo anche molte lentiggini sul viso, cosa che anche loro non possedevano. Mi dissero che avevo preso dai nonni di mio padre, e gli avevo creduto. 

Consumammo la colazione e mentre ero tornata in bagno per lavarmi i denti, il suono di una notifica catturò la mia attenzione. Austen aveva risposto al mio messaggio.

Hai da fare oggi pomeriggio e stasera?

Voleva rivedermi?

Anna: Sono libera. Vuoi fare qualcosa?

Austen: Ti andrebbe di vederci? Potresti venire a casa mia e per cena potremmo ordinare da asporto e guardare un film. Ti riporterei a casa appena finito.

Anna: Uh, mi piace! Posso farmi portare dai genitori di Luna, non credo sia un problema.

Austen: Certo, va bene! Facciamo per le tre di pomeriggio?

Anna: Va bene, si può fare. A dopo, mandami pure l'indirizzo.

Arrossii e mi coprii il viso col cellulare. Era un altro appuntamento, questo. Voleva vedermi, vedermi per davvero, ancora. Ero felice come una bambina, il ragazzo che mi piaceva mi aveva chiesto di nuovo di vederci e la sera prima aveva ricambiato. Andai a chiedere al padre di Luna se potesse portarmi a casa di Austen nel pomeriggio e lui, calorosamente, acconsentì. Rimasi a casa della mia amica fino a pranzo e arrivò l'ora di andare.

- Poi raccontami, e fammi sapere se stai bene - mi aveva detto la mia amica come se fosse stata mia madre. La cosa mi divertì e le sorrisi. Dopo averla salutata e ringraziata, suo padre mi portò a casa di Austen e sentii il mio cuore battere più velocemente del solito.


Ciò che gli occhi non vedonoWhere stories live. Discover now