Capitolo 9 - La Spada di Damocle

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Penelope non sapeva cosa la attendesse là fuori, ma attraversò con cautela le strade di Als, cercando di non dare nell'occhio.

Mancavano ancora un paio d'ore al sorgere del sole e il paese era avvolto dalle ombre.

Anche se l'atmosfera sembrava più calma, era chiaro che qualcosa di grosso fosse accaduto e a ogni angolo sembrava srotolarsi uno spesso gomitolo di tensione e paura; c'erano ancora parecchie persone per strada.

Il travestimento funzionò finché non le si ritorse contro.

Mentre attraversava un ponte, un manipolo di soldati di suo padre le sbarrò la strada. Perquisivano i passanti per controllare se avessero armi.

«Non potete mettermi le mani addosso!» protestò, ma le guardie la bloccarono contro il muro con le braccia dietro la schiena.

«Se opponete resistenza, ne risponderete a re Giacomo.»

«Sono la principessa Penelope!» disse allora. «Vi ordino di lasciarmi!»

Le guardie le strapparono il cappello, lasciando che i capelli arruffati le ricadessero sulle spalle.

Solo a quel punto la lasciarono andare e iniziarono a tempestarla di domande. A quanto pareva, suo padre aveva dato ordine di cercarla ovunque. Questo significava che presto o tardi avrebbero trovato lei e il Primo Cavaliere nascosti a casa di Elena.

«Portatemi dal re» ordinò, ignorando le loro domande.

Titubanti, le guardie la scortarono a palazzo.

Nessuno la sfiorò o le rivolse la parola, ma Penelope poteva percepirlo sulla pelle: quegli uomini e quelle donne, di cui le era stato insegnato a fidarsi per tutta la vita, in quel momento non avevano fiducia in lei. Non riuscivano a spiegarsi cosa ci facesse lì fuori, in mezzo alla rivolta con degli abiti da mercante.

Sperimentare quella sensazione per la prima volta la fece sentire terribilmente fuori posto.

Lungo il tragitto ebbe modo di guardarsi meglio intorno. La rivolta aveva lasciato i segni su una Als che adesso le appariva diversa: un po' più desolata, un po' più scolorita, con qualche crepa in più nel cuore. Si chiese se fosse finita lì, ma ne dubitava.

Ross aveva ragione, Penelope lo sapeva. Era l'inizio di una ribellione. La Guerra Dinastica aveva spaccato il suo popolo a metà, e con esso il cuore del suo regno.

Come era potuto accadere? Come porvi rimedio? Aveva la sensazione che non sarebbe più bastato mettere fine alle contese per il trono tra i membri della famiglia Della Rovere.

Penelope e i soldati giunsero a corte. Si concesse di rilasciare un sospiro quando riconobbe Jia, il capo delle guardie reali, avanzare nella sua direzione.

«Venite con me, principessa. Il re vi raggiungerà tra poco.»

Vedere un volto amico avrebbe dovuto farla sentire sollevata. Invece, Jia non la guardava nemmeno. 

Era consapevole di indossare gli abiti di Seth e che Jia l'avesse vista rientrare quasi ogni notte con indumenti simili, ma quella non era stata una delle bravate sue e di Leon.

Venne scortata in uno degli uffici del palazzo, una stanza non molto grande, contenente un tavolo rotondo di legno scuro e poche sedie. Sul tavolo erano abbandonate diverse scartoffie, penna e calamaio. Sulla parete destra capeggiava un arazzo che l'aveva sempre affascinata: era la raffigurazione di Damocle, seduto su un sontuoso trono, con una spada sospesa proprio sopra la testa.

Secondo il mito, Dionigi il Vecchio, tiranno della città, aveva collocato lì la spada per dimostrare all'invidioso Damocle quanto fosse difficile la vita di un uomo di potere, perennemente in dubbio sulle persone in cui riporre la propria fiducia, con il pericolo di una nuova minaccia sempre in agguato.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 15, 2023 ⏰

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