Capitolo 3 - Fuoco fatuo

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Parò i colpi uno dopo l'altro, facendo appello a tutta la sua forza di volontà per cercare di snebbiarsi la mente. Era come se fosse avvolta dalle ragnatele.

Il coltellino dell'uomo calvo finì presto nel fiume, ma il licantropo le si lanciò addosso e caddero entrambi per terra.

Cominciarono ad azzuffarsi, rotolando di continuo uno sopra l'altro. Il licantropo le assestò un destro sullo zigomo. Mentre questo la teneva bloccata sotto la sua stazza, sentiva l'altro uomo frugarle nelle tasche alla ricerca di denaro.

Diede una testata al suo aggressore e riuscì a sgusciare via dalla sua presa, ma il terzo uomo le si stava già avventando contro.

Le pulsavano le tempie come se ci fosse passata sopra una mandria di centauri impazziti.

Non riuscì a bloccarlo e l'uomo la sbatté contro il muro, strozzandole il fiato. Sperò che non le avesse rotto qualcosa.

Il suo aggressore le teneva le mani strette intorno alla gola, i suoi compari alle spalle. Fu felice di constatare che il licantropo sanguinava ancora, doveva avergli rotto il naso.

«Brutto figlio di puttana, ora ti insegno io a stare al tuo posto.»

Se solo avesse saputo che stava dando della puttana alla regina Ginevra.

Penelope avrebbe potuto rivelare la propria identità, ma non disse nulla per una semplice ragione: se quegli uomini fossero stati sostenitori di lady Clorinda, avrebbero avuto una ragione in più per accanirsi contro di lei e magari consegnarla come prigioniera.

Le mancava il respiro e l'uomo stava premendo, oltre che sulla sua gola, sulla ferita di quella mattina, che faceva ancora un male cane.

Assestò una ginocchiata sui gioielli dell'uomo, che la lasciò andare ululando di dolore, e si preparò ad affrontare i suoi compari.

Ma li trovò già impegnati.

Un uomo con la spada sguainata aveva appena spinto l'uomo calvo nel fiume.

Il licantropo fece per attaccarlo, ma il cavaliere gli puntò lesto la lama alla gola.

«Io non te lo consiglio.»

Il licantropo gli ringhiò contro e lanciò un'occhiata al suo compare, ancora piegato in due dopo la ginocchiata di Penelope.

«E tu chi saresti?»

«Il Primo Cavaliere della regina Clorinda. Sparite, prima che vi faccia arrestare.»

Era di spalle, ma Penelope guardò per la prima volta i suoi capelli ricci e si sentì sul punto di vomitare. Non era proprio possibile, non due volte nel giro di ventiquattro ore.

Il licantropo sgranò gli occhi. «Perdonateci, signore. Ce ne andiamo subito.»

Fece un cenno al suo compare, che lo raggiunse quasi trascinandosi carponi e se la diedero a gambe insieme al terzo, che intanto era riuscito ad arrampicarsi fuori dal fiume.

Il Primo Cavaliere Ross li seguì con lo sguardo finché non furono spariti, poi si voltò verso Penelope.

«State bene?»

Penelope ringraziò le stelle per non aver perso la parrucca. Era ancora Seth.

Si spolverò i vestiti e sollevò il mento. «Potevo cavarmela da solo, ma vi ringrazio, cavaliere.»

Ross ridacchiò. «Ho visto.»

Raccolse il pugnale da terra e lo lanciò a Penelope, che lo prese al volo.

«Dove siete diretto, a quest'ora della notte?»

Quella conversazione era surreale. Forse era più ubriaca di quanto credesse e stava immaginando tutto.

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